I dischi di Flamingo: sicuramente articolo dell’anno
C’è una strana ansia da prestazione che colpisce gli ascoltatori di musica negli ultimi tempi ed è quella di decretare a tutti i costi il disco dell’anno appena si ascolta qualcosa che si pensa possa piacere anche ad altri. Capita a tutti di farsi prendere dall’entusiasmo per aver scoperto musica eccellente – a me succede più o meno tre volte al giorno – e quando mi viene da gridare “raga fermi tutti questo è il disco dell’anno!!!” mi vedo circondato da tre daini, due volpi, quattro piccioni che si voltano verso di me per un momento e poi riprendono a fare quello che stavano facendo. Nel 2024 ho contato un po’ di personali dischi dell’anno. Fatemi cercare la lista perchè sono talmente rincoglionito che non li ricordo. Allora, ecco qua: The Healer dei Sumac, Impossible Light di Uboa, Cutting The Throat Of God degli Ulcerate, You Could Do It Tonight dei Couch Slut, Orchards Of A Futile Heaven dei The Body con Dis Fig, Umbilical dei Thou, New Heaven degli Inter Arma, A Chaos Of Flowers dei Big|Brave. Quelli metal valgono meno? Ok, ok. Riprovo. Sentir Que No Sabes di Mabe Fratti, Night Reign di Arooj Aftab, This Could Be Texas degli English Teacher. Troppo snob? Brat di Charli XCX e Radical Optimism di Dua Lipa. Troppo Vasco Viviani? Uff. In realtà fino alla fine dell’anno non ho idea di quale sarà il disco dell’anno e, sinceramente, ci penserò a dicembre, quando sarà il gioco collettivo della mia bolla. Eppure sono circondato da persone che hanno già le idee chiarissime. E il podio se lo giocano tre dischi: Lives Outgrown di Beth Gibbons, No Name di Jack White e Romance dei Fontaines D.C. Non ci sono cazzi, quelli sono sicuramente i dischi dell’anno, non si discute.
Cosa c’è che non va? Onestamente niente: ognuno è libero di esprimersi come vuole, anche dicendo cavolate. Quello che mi incasina il cervello è che mediamente chi è così sicuro ha ascoltato tre dischi da quando è iniziato l’anno. Quali? Lives Outgrown di Beth Gibbons, No Name di Jack White e Romance dei Fontaines D.C. Difficilmente uno di questi dirà “ah però al secondo posto ci piazzo Confrere dei Poison Ruin”… o Vida Blue dei Mamaleek.
Tutto questo pippone nonsense per spiegare il senso del titolo “Sicuramente Disco Dell’Anno” che ho dato al mio libro, uscito qualche settimana fa per Up Edizioni (e che, se lo chiedete, dovrebbe essere ordinabile più o meno in ogni luogo che ha dei libri ma dato che siamo tutti comodosi, eccovi il link per comprarlo su Amazon). Che è palesemente ironico ma molti mi stanno dicendo “vediamo un po’ quale è per lui il disco dell’anno tsè tsè tsè”. No, non c’è. Però sono recensiti una vagonata di dischi belli usciti nel 2023 (la speranza è di farne un’edizione all’anno) e ne sono citati una vagonata di altri. Insomma, è esattamente l’opposto di quello che prometto. All’interno spero che non troviate i vostri dischi preferiti, perché vorrà dire che non avrete pagato per leggere qualcosa che già sapevate (in quanto genovese mi faccio anche questi conti), però alla faccia della Più alta incarnazione dell’amore cameratesco della rivoluzione (aka il Supremo Leader di The New Noise) ho inserito anche un paio di articoli che ho scritto qui dentro. Perché l’ho fatto? Credevo che voi foste felici e invece no. Alla fine mi piace la carta: sono un vecchio che adora buttare giù gli alberi come il sindaco di Genova. E poi, parliamoci chiaro: è bello il web ma non ci vivrei. Almeno nella vita reale nessuno ti dice quale è il suo disco dell’anno. Solitamente preferisco buttarti addosso i loro problemi.
Ah non ho parlato di dischi usciti ma ho solo usato brutalmente il mio spazio per farmi autopromozione. Il nuovo Scarcity è una bomba ma lo hanno già recensito, allora aggiungo Songs Of Blood And Mire degli Spectral Wound, American Standard degli Uniform e l’omonimo dei Wormwitch! Sicuramente tra i dischi dell’anno!!!