HYPNOSIA, Horror Infernal

Horror Infernal

Bella l’iniziativa dell’eclettica label svedese I Hate Records di recuperare gli Hypnosia! Gli svedesi Hypnosia sono una di quelle band metallare di autentica, “trve”, vecchia scuola anni Novanta, con radici aggrappate con fermezza agli anni Ottanta. Meriterebbero di tornare a suonare al posto di certe band che hanno sì fatto la storia della musica pesante, ma che sembrano essersi riunite solo per fini puramente commerciali. Certo, un come back dell’originaria formazione degli Hypnosia non sarebbe possibile, a causa della prematura morte, nel 2004, del batterista Michael Sjöstrand. Il valore di questa band, però, è innegabile.

Ho scoperto gli Hypnosia tardi, quando s’erano già sciolti, dopo l’uscita del potentissimo Extreme Hatred, loro primo e unico album del 2000 (che orgogliosamente posseggo). Extreme Hatred, il manifesto del thrash sporco e cattivo degli Hypnosia, è arrivato dopo una serie di produzioni minori negli anni Novanta. Il quartettofaceva questo adrenalinico thrash metal e lo alimentava con raffiche di riff da paura, rendendolo grezzo e senza compromessi, e con un fondo di spietatezza ed oscurità di derivazione death e black metal. Veniva quindi istintivo cogliere band come Kreator, Sadus, Destruction, Possessed, primi Sodom e simili come fonti d’ispirazione. L’ombra oscura della contaminazione black/death era merito anche della voce rantolante, spietata e un po’ demoniaca del frontman Mikael Castervall, detto Cab. Non stupiva dunque che chi suonava negli Hypnosia fosse collegato ad altre eccellenti band del panorama svedese: Nominon, Church Bizarre, Paganizer e perfino – per i collaboratori nelle sessioni live – Entombed. Insomma, un tipo di metal veloce sì, ma soprattutto possente e cattivo, quanto mai attuale se vogliono dire qualcosa le proposte di molti festival a cavallo dell’Oceano Atlantico.

La I Hate, dunque, ha fatto un bel lavoro con la compilation Horror Infernal, uscita a fine aprile 2012. È infatti stata condotta una rimasterizzazione di tutto il materiale pre-debutto degli Hypnosia, pubblicato assieme a un corposo libretto contenente vecchie foto, flyers e la biografia della band, scritta in collaborazione con il frontman Cab, voce e anche chitarra. La raccolta, in cd, comprende i demo Crushed Existence (1996) e The Storms (1997), l’ep Violent Intensity (1999), più due cover (dei Sodom e dei Possessed) e una traccia live in chiusura. In tutto 16 tracce per oltre 50 minuti di roba da far venir mal di collo a forza di sbatterlo. È vero quello che sostiene l’etichetta, ossia che il lavoro di restauro non ha ripulito troppo i suoni e non ha privato i brani della loro aggressività ruggente. L’operazione, invece, ha senz’altro conferito pienezza e una sonorità quasi tridimensionale sia alle chitarre sia alle percussioni e ha reso forse ancor più maligno il canto ruvido di Cab.

Le quattro tracce del primo demo Crushing Existence sono affascinanti. In esse forse si sente un po’ l’influenza del death metal, anche per l’adozione di ritmi relativamente più rallentati, nonostante i frequenti cambi di tempo. Le scariche di riff, sia quelli portanti sia negli assoli, suonano quasi pastose come lava nelle loro sequenze frenetiche. La non ancora piena padronanza della velocità, se di quello si trattava, ha comunque dato vita a brani di gran metallo.

Esecuzioni con tipici riff da “rasoiata” e batteria senza respiro sono invece l’arma contundente e gelida delle tre tracce del successivo demo The Storms, con cui la band sviluppa l’altro aspetto della suo essere brutale, quello della velocità funambolica.

Le tracce dal successivo ep Violent Intensity sono la classica “mazzata” e presentano lo stile ormai maturo della band, ibrido impazzito della pesantezza iniziale e delle sfuriate del secondo demo. Siamo dunque di fronte a continui cambi di tempo e riff cupi che si rincorrono all’impazzata, sostenuti da una batteria instancabile e da un modo di cantare più abrasivo della distorsione delle chitarre! I brani degli Hypnosia sono anche impregnati di groove, non certo per la presenza “umana” del canto (che rasenta il black metal), ma per la carica malignamente melodica di molti riff. Ciò vuol dire che questi pezzi si distinguono l’uno dall’altro, “prendono alla grande” e, riascoltando il disco, li si riconosce. Mica male…

È vero che ci sono molte ottime band attuali che suonano un blackened thrash metal vecchia scuola e danno grande soddisfazione. Ma è peccato mortale lasciar perdere le gemme oscure del passato, specie se dissotterrate dalle volonterose etichette underground e riportate al loro fulgore primitivo.

Tracklist

01. Crushed Existence
02. Threshold of Decay
03. Undead
04. Paralyzed by Persecution
05. The Last Remains
06. Operation Clean Sweep
07. The Storms of Dead Worlds
08. Funeral Cross
09. Haunting Death
10. Undead
11. Perpetual Dormancy
12. Mental Terror
13. The Storms
14. Outbreak of Evil (Sodom cover)
15. My Belief  (Possessed cover)
16. Haunting Death (Live)