HORNA, Hengen Tulet
Dopo Feeding The Crawling Shadows dei Sargeist, pubblicato l’anno scorso, e prima del probabile album dei Behexen, tocca agli Horna, principale progetto true black metal del chitarrista Shatraug (il solo fondatore rimasto), tornare finalmente sulle scene con Hengen Tulet. In verità il gruppo finlandese non ha cessato di essere produttivo dopo Askel Lähempänä Saatanaa (2013), dato che ha fatto uscire tre split, l’ultimo dei quali, Atavistic Resurgence, coi greci Acherontas. Le novità sono poche, ma sostanziali: se gli Horna mantengono infatti inalterata la loro identità, marcata e pressoché stabile disco dopo disco, a variare in modo spesso sensibile sono invece il suono generale e il dettato ritmico delle canzoni. La conseguenza è che detrattori e critici parleranno di cliché, mentre i fan accaniti gioiranno delle piccole ma importanti variazioni apportate dal gruppo al suo black metal, che rimane comunque molto estremo.
La proposta degli Horna si è fatta col passare del tempo più immediata, contraddistinta da suoni corposi e da riff orecchiabili, idonea a essere riproposta con successo dal vivo. Dunque si può parlare di parziale abbandono della componente musicale ipnotica che aveva caratterizzato album come Envaatnags Eflos Solf Esgantaavne (2005) e Ääniä Yössä (2006), con Corvus dietro il microfono. Colpisce al primo ascolto la voce meno incisiva di Spellgoth, probabilmente a causa di un leggero sotto-missaggio, con un cantato che rispetto a quello del suo predecessore appare forse più violento, diretto e in taluni frangenti persino convincente, ma che in generale si direbbe meno profondo ed efficace. Tutti i brani si susseguono in modo veloce e fluido (il black‘n’roll di “Sodan Roihu” ne è esempio lampante), eccezion fatta per il mid tempo di “Tämä Maailma Odottaa”, la drammatica “Hurmos” e la funebre introduzione organistica della lunga “Pudhas”. Se i Watain fanno capolino in “Amadriada”, è invece con la devastante “Ikuisuuden Kynnyksellä” che gli Horna esprimono appieno tutti i loro sentimenti di rabbia e di dolore, amplificati da un’ atmosfera deprimente.
A parte qualche perplessità dal punto di vista della resa vocale, Hengen Tulet si presenta come il miglior album della formazione finlandese dell’era Spellgoth e ci restituisce un gruppo integro e sempre ancorato a un black metal autentico e sulfureo.