HOLY GROVE, S/t
Se c’è una cosa (tra le tante) che va riconosciuta alla Heavy Psych Sounds è la sua non comune capacità di scouting. Come le grandi squadre di calcio europee sguinzagliano i loro osservatori per tutto il Sudamerica alla ricerca di nuovi fenomeni, così anche l’etichetta romana batte continuamente i più reconditi angoli del globo per trovare sempre nuove band da produrre.
Questa volta tocca agli Holy Grove, da Portland (Oregon), e se non è come vincere alla lotteria, poco ci manca. I quattro debuttano dopo anni di gavetta (prima di oggi avevano solo pubblicato un demo nel 2012) e il loro è un album col botto. A mio avviso, uno dei problemi delle miriadi di dischi di area stoner che oggi escono di continuo è la loro tenuta nel tempo, la capacità di rimanere e farsi riascoltare volentieri anche dopo anni. Ebbene, questo Holy Grove sembra avere tutte le carte in regola per essere considerato un piccolo classico nel suo genere. Siamo dalle parti di uno stoner molto influenzato dall’hard degli anni Settanta, con forti tinte psych e un sapore vagamente doom, che ha i suoi punti di forza nella voce femminile di Andrea Vidal e in un songwriting solido come pochi. Il timbro della Vidal la pone come uno strano ibrido tra Grace Slick e John Garcia, a suo agio tanto nelle cavalcate desertiche come l’iniziale “Death Of Magic”, quanto nell’affontare le fosche atmosfere sabbathiane di “Hanged Man”, ma – oltre al fatto che “Caravan” è forse il miglior apocrifo dei Kyuss da molto tempo a questa parte – il vero punto di forza della band è soprattutto il modo in cui riesce a dare una sua personale interpretazione del blues, potentissima e sofferta, in tracce come “Holy Grove” e “Safe Return”.
In definitiva un ottimo lavoro, che riesce a risultare “classico” mantenendosi però ben distante dalla mera riproposizione di stilemi passati.
Tracklist
01. Death of Magic
02. Nix
03. Holy Grove
04. Huntress
05. Caravan
06. Hanged Man
07. Safe Return