HOLIDAY INN + BLAK SAAGAN + THE JUNKOLOGIST, 10/9/2021

The Junkologist

Udine,  Parco Sant’Osvaldo.

L’appuntamento con la rassegna di musiche ed arti elettroniche, nelle loro più varie accezioni, ritorna e taglia il dodicesimo traguardo. Ormai un appuntamento fisso e gradito, promosso dall’associazione tarcentina Hybrida, da sempre punto di riferimento per gli ascolti e visioni non convenzionali in Friuli Venezia Giulia. Per la seconda volta la suggestiva cornice del Parco Sant’Osvaldo, a Udine, ospita la serata, esattamente come avvenuto durante gran parte dell’estate per gli incontri, più jazz-e-folk-oriented, della rassegna Bistroquet, sempre curati dagli “Hybridi”, e culminati, anche senza un’esplicita continuità formale, con il festival “JazzMateç” di fine Agosto.

Per FORMA – Free music Impulse, si alternano sul palco i Junkologist, con base a Udine, Blak Saagan, reduce dalla pubblicazione del suo ultimo full length Se Ci Fosse La Luce Sarebbe Bellissimo, su Maple Death, e gli ormai scafati Holiday Inn, che escono, fra l’altro, per la stessa etichetta.

Il duo locale, formato da Steve Nardini (voce ed elettronica) e Lorenzo Mania (elettronica), ha il compito di aprire le danze: entrambi i componenti vantano una militanza di lunga data in formazioni noise-rock e post-punk (i Jitterbugs di Nardini, per esempio) e in progetti elettronici solisti (Linguaggio Macchina di Mania). L’incontro/scontro fra i due ha provocato, in una manciata di anni, numerose occasioni live oltre a due ep, Jnk Is Nxt To Come, del 2019, e il più recente NOW. La performance che presentano a FORMA segue un po’ l’evoluzione stilistica degli ultimi tempi, abbracciando uno spirito meno rigido e “industriale”, e favorendo l’improvvisazione e la scoperta. Il risultato è una mezzora abbondante di chiaroscuri, loop ipnotici e voci spettrali. Un live che segna una parziale svolta rispetto al passato senza risultare per questo meno affascinante, anzi, lascia la chiara volontà di seguire da vicino la loro evoluzione artistica.

Blak Saagan offre al pubblico della rassegna un lungo live meditativo: organo in primo piano, una scarna drum machine e ondate di riverbero. Le variazioni melodiche minimali si incastrano l’una nell’altra lasciando l’ascoltatore in un piacevole stato di disorientamento spazio/tempo. Sarà durato un’ora o un anno? A increspare l’apparente immobilità, accenni di motorik cosmico cesellano una performance solida, degno biglietto da visita per l’ultimo lavoro in studio, già citato in precedenza, che affonda le radici concettuali negli oscuri anni di piombo e, in particolare, nella vicenda Moro.

A chiudere il trittico ci pensano gli Holiday Inn: conosciuti proto-punks elettronici della più rumorosa Roma Est, confezionano una performance tanto minimale quanto densa e poderosa. Sul “palco” (ma in realtà non c’è nessuna vera separazione fra artisti e pubblico) Bob Junior (Emanuele Bonetti) manovra synth, una drum machine ossuta e qualche effetto, impassibile con la sua sigaretta sempre accesa. Accanto, la voce di Gabor (Gabriele Lepera) è l’essenza del synth-punk sporco e atonale, reiterato, ipnotico. I due impattano con violenza sul pubblico, generando una frenesia e un movimento veramente balsamici in questi tempi che, per la musica dal vivo, definire bui è un eufemismo. Una vera macchina da guerra, senza mai sacrificare la qualità tecnica e di scrittura dei brani, marci e orecchiabili in una giusta proporzione. L’apparizione di Blak Saagan sul palco, che accompagna il duo nel brano forse più lungo e onirico del set, è la ciliegina sulla torta.

FORMA, come ben sanno i frequentatori abituali delle proposte “Hybride”, non è solo un tris di concerti. Le proiezioni pervasive di immagini e geometrie su ogni superficie libera, grazie a un arsenale di proiettori e diapositive, magnificano l’esperienza di ascolto ma anche la stessa fruizione dello spazio e della festa. Quest’anno, in particolare, ad integrarsi perfettamente con il collettivo nelle esplorazioni “visual” troviamo il progetto Black Sea, di Andrea Hideo Zorat e Fabio Arnosti: grazie alla tecnica del video feedback riescono, per tutta la durata delle performance, ad aumentare esponenzialmente le potenzialità delle immagini, fondendo musicisti, geometrie e pubblico in un unico, vertiginoso caleidoscopio.

Anche quest’anno un’edizione a fuoco, con una scelta musicale decisamente riuscita. Ma oltre al piacere dell’ascolto c’è, forse anche più intenso, quello della condivisione di un momento collettivo, di un rituale elettronico che speriamo Hybrida possa continuare ad officiare per molto, molto tempo ancora.