HIBAGON, Hibagon And The Quest For The Creature Previously Known As Moughra The Guardian
Gli Hibagon sono in due, rispettivamente alle prese con chitarra/loop e batteria/didgeridoo, una formula che di recente sta prendendo sempre più piede e non certo per replicare i percorsi lo-fi che un tempo nell’immaginario pubblico si legavano a quest’assetto. Piuttosto sembra che oggi sia chiaro come si possano costruire autentici muri del suono e creare partiture complesse, pur usufruendo della comodità di viaggiare leggeri e del dover fare i conti con una sola controparte anziché con un’intera formazione. Ecco, quindi, che anche gli Hibagon riescono a creare un lavoro in cui a farla da padrone è l’affiatamento e l’amalgama tra i due musicisti, pilastro su cui poggiano cinque tracce di metal mutante, spesso sghembo e a tratti spaziale, in continuo attrito con il rumore e persino progressivo nella sua instabilità di fondo. Il tutto assume il sapore di un viaggio tra le galassie, con un sottile retrogusto di futurismo retrò, quasi ci si ispirasse a qualche vecchia, pionieristica serie fantascientifica e si rifuggissero gli attuali eccessi della computer grafica e del 3D. Come dicevamo prima però, qui non c’è gusto lo-fi o voglia di giocare al risparmio, perché i due Hibagon – quando serve – riescono a costruire un vero e proprio carro armato, un cingolato che avanza senza farsi intimorire dall’inferiorità numerica. In breve, se amate la musica coraggiosa e ricca di riferimenti, ma di difficile catalogazione, dall’indiscutibile piglio metal, ma totalmente avulsa da qualsiasi approccio conservatore o reazionario, questo è un assaggio di cui non dovreste davvero privarvi.