Hexis, randagi
Come con Jucifer, Implore e OvO, è più facile incontrare gli Hexis per strada che altrove. Dalla mia lista dei live da vedere ho depennato due volte Jucifer, ai quali il film-capolavoro “The Sound Of Metal” era inizialmente ispirato, questo perché il Dio dei randagi aveva deciso fosse finalmente ora di farli passare alla storia. Ho smarcato anche gli Implore di Gabriel Dubko, coi quali gli Hexis condividono la formazione instabilissima. Non so quante volte ho avuto a che fare con gli OvO, mentre ancora mi manca la band fondata dal danese Filip Andersen nel 2010: compirò la missione a fine settembre di quest’anno a Postumia, che non è la patria di chi sta in perenne hangover, ma una città molto famosa per le sue incredibili grotte. Gli Hexis ci arriveranno dopo qualcosa come 800 show in carriera, e in giro per tutti i continenti.
In mezzo a mille uscite minori, fino a quest’anno i full length veri e propri per gli Hexis erano stati due (Tando Ashanti del 2017 e Abalam del 2014). Con Aeternum si fa ancora più sul serio: Debemur Morti alle spalle, Studio Fredman dove registrare, una fase creativa per la prima volta a tre con cui dare più sfaccettature al sound. Sì, perché a questo punto è semplice scrivere che a oggi i dischi erano scuse per andare in tour, ma non è mai così semplice. È forse più giusto dire che i dischi erano molto diretti, perché questa è una band che si immagina sul balco e che salta subito alla gola, suonando un genere “frontale” che è andato fortissimo (rompendoci a un certo punto i coglioni) durante tutti gli anni Dieci: blackened core. Vista retrospettivamente, sono stati tra i primi a suonarlo e sono tra quelli che stanno durando di più, perché – opinione mia – se vai in giro e ti spacchi il culo, allora rimani, anche se Metalitalia scrive che assomigli troppo ai Celeste e anche se sai che un po’ è vero.
Aeternum restituisce gli Hexis al meglio dei loro pregi: rabbiosi, taglienti, spietati. Dopo tre secondi di “Letum” si capisce subito l’aria che tira. La componente black metal porta quella negatività che il genere non dovrebbe mai perdere, quella hardcore mantiene tutto sempre scattante, asciutto, reattivo. Basterebbe questo, se usato bene, per fare un concertone. Esistono anche i dischi, però, e un sound ormai codificato, per cui se non c’è cambiamento, qualche deviazione dalla norma almeno è necessaria: ecco il passo lento di “Exhaurire”, ecco la title-track, molto cinematografica e in potenza un grandissimo momento di tensione prima del rilascio del classico pezzo abrasivo à la Hexis. Di nuovo, anche qui, tocca sperimentare dal vivo. Ho fatto qualche domanda a Filip e a Luca, che col tempo è diventato l’altro punto fisso della formazione.
Siete una “touring band”. Preferisco le touring band come Jucifer o Implore, non quelle da studio. Voi siete stati in Canada e sfortunatamente la compagnia aerea ha perso il vostro equipaggiamento. Anzitutto diteci come possiamo aiutarvi. Poi per favore date qualche consiglio sull’andare in tour alle band più nuove: cosa fare, cosa no.
Luca Mele (basso): Sì, è uno dei rischi: shit happens, di continuo. La compagnia aerea ha perso i nostri strumenti nel passaggio da Canada a Europa. Forse si trovano nell’aeroporto in cui siamo atterrati, ma non ne siamo certi. Siamo sempre in contatto con la compagnia, ma non hanno ancora idea di dove sia la roba e hanno detto che serviranno mesi per capirlo.
Perciò, dato che avevamo poco tempo prima del release party e del tour europeo per presentare il nostro nuovo disco, abbiamo deciso di mettere in piedi un crowdfunding che ci aiutasse a comprare di nuovo il necessario per suonare. Qui il link. Un’altra possibilità, per chi vuole aiutare, è comprare il nostro merch.
Insomma, se dobbiamo parlare di consigli alle band più giovani, come ti dicevo la merda arriva sempre in tour: può essere qualcosa come ciò che ci è capitato, uno show annullato, covid, un furgone rotto… In queste situazioni non perdete il controllo: respirate e cercate di trovare una soluzione per proseguire e arrivare salvi alla fine del tour. Penso anche che avere basse aspettative (per gli show e per le situazioni) aiuti ad affrontare le difficoltà. Sei davvero più preparato quando accadono e se invece le cose vanno bene sarai ancora più contento.
Questo è il rovescio dell’altra domanda. In Italia abbiamo buoni studi di registrazione, ma possiamo fare ancora meglio in questo senso (nessuno viene in Italia a registrare il suo album metal). Questa volta avete lavorato con lo Studio Fredman, uno dei nomi più importanti nel metal, oggi e ieri. Che ci potete raccontare di quest’esperienza?
Luca: Un’esperienza fantastica. Con questo disco volevamo salire di un gradino in tutto, produzione inclusa. Così abbiamo scelto Fredman perché i nostri amici nello Psyke Projekt avevano registrato un album lì, erano stati bene e il disco suona che è una meraviglia. Poi Fredman ha nei fatti prodotto tonnellate di band metal di qualunque sottogenere, da At The Gates a Bring Me The Horizon, quindi abbiamo pensato fosse una scelta intelligente. E lo è stata. Federick è un vero maestro e anche se non conosceva bene il nostro sound e il genere, siamo riusciti a creare il nostro miglior disco. Poi è un uomo supersimpatico ed è stato molto semplice e tranquillo lavorare con lui.
Con Debemur Morti? Quest’etichetta sta crescendo con gli anni. Come siete entrati in contatto?
Filip Andersen (voce): Avevamo una lista di etichette con cui desideravamo collaborare e sul serio Debemur Morti era quella a cui eravamo più interessati. Ho spedito un’email con tracce demo e sono piaciute, e questo è davvero tutto.
Su Aeternum: croce e serpente hanno una lunga storia insieme. Tanti significati, tanti usi nel corso dei secoli. Perché avete utilizzato quel simbolismo per la vostra copertina?
Questi simboli non si trovano solo sulla copertina ma anche nel video di “Divinitas”, che è plasmato su alcuni testi del disco. Non è un concept vero e proprio, ma un tema ricorrente che dà un’impostazione all’album.
Gli Hexis hanno raccontato spesso storie di demoni nei loro pezzi. Questa volta i testi sono più personali, ma abbiamo deciso di utilizzare quei simboli come metafore che potessero trovare eco in chi avrebbe ascoltato.
Sempre su Aeternum: la musica è stata scritta da Dalle Oldman, Filip Andersen e Luca Mele, chitarra, voce e basso. Troveremo questa stessa line-up per strada?
Luca: Sì, noi tre abbiamo scritto Aeternum. Abbiamo suonato il 26 agosto al release party di Copenaghen con Felix, il batterista che ha registrato con noi, e un altro chitarrista live, Sebastian. Non è però la formazione con cui andremo in tour. Da anni gli unici fissi siamo io e Filip, poi vari musicisti si avvicendano durante il tour. A volte cambiamo lungo la strada se il tour è troppo lungo…
Questo succede perché facciamo un quantitativo non salutare di concerti ogni anno e penso che la maggior parte delle persone abbia delle vite che impediscono tour così lunghi.
Direi che così è dura e che vorrei avere una formazione stabile in futuro, ma è bello circondarsi con altre personalità a ogni giro. E poi, se ci vedi dal vivo più volte, noterai di sicuro dettagli differenti per via del modo diverso in cui la gente suona i pezzi.
Vi siete divertiti a comporre la title-track o una come “Exhaurire”? Apprezzate quei momenti di quiete prima della tempesta nella musica estrema? Quelli in cui chi ascolta ha il tempo per respirare profondamente?
Luca: Personalmente mi piacciono molto le canzoni lente nel contesto di un album “veloce”. Creano varietà e, come hai detto, mi piace quando cambia il mood per un momento prima che ripartano i colpi. Gli Hexis hanno sempre avuto pezzi lenti in passato, ma forse erano più brutali e sludge. Questa volta volevamo qualcosa di diverso e ispirarci ad altra roba. “Exhaurire”, ad esempio, che è lenta ma anche molto melodice ed epica, o “Aeternum”, che è quasi ambient e influenzata da compositori di colonne sonore per il cinema come Hildur Guðnadóttir, sono due cose che non abbiamo mai fatto in precedenza. Mi sono divertito a scriverle perché si affogava nel suono, esperienza davvero immersiva. Penso anche però che a volte sia più difficile scrivere un pezzo veloce.
Ancora una su Aeternum: direi che è un album “all killer – no filler”. I vostri pezzi mi danno molta energia e voglia di lottare, ma i testi non sono un urlo di guerra: sembrano di più un urlo in cerca di aiuto. È una contraddizione?
Filip: I testi sono costruiti intorno a una specie di mondo da incubo, ma non tutto è inventato, ci ho messo molti dei miei sentimenti personali, quelli di un periodo molto buio della mia vita. Sarebbe stato impossibile per me scrivere certi testi in altre fasi della mia vita, quando stavo bene.
Negli ultimi 15 anni le band hardcore-punk hanno scoperto il black metal e hanno provato a suonare riff scuri in tremolo. Ad esempio, io sono concittadino dei The Secret (che sono stati su Southern Lord), che considero tra i pionieri della fusione hardcore e black metal. Voi vi ritenete una di queste band? Se no, che cosa vi ha influenzato agli inizi?
Filip: Sì, penso che noi siamo una di quelle band, ovviamente non i primi, ma ricordo quando ho iniziato 12 anni fa: all’epoca un sacco di gente pensava fosse molto bizzarro mescolare quei generi. Ti dico che a influenzarci all’epoca furono Celeste, Shora (che band!, ndr), Altar Of Plagues e i Thou. Ascoltavo molto i The Secret in quel periodo e ricordo di essermi ispirato a loro per uno dei nostri primi pezzi. Però loro non facevano proprio quello che volevamo noi. Sai, sono più crust e con un sacco di d-beat e roba simile. Cose che non mi interessavano per il mio sound. Tutto ciò che avevano messo in piedi i Celeste, invece, le parti caotiche e quelle groovy più l’aggiunta di quelle sludgy, ecco: questo era ciò che all’inizio cercavamo di più.