Hellnation: nel nostro giro sei quello che fai
Roberto (Hellnation)
1991 o giù di lì. Gli anni Ottanta e con loro la mia adolescenza metallara erano ormai chiusi in valigia, parte del bagaglio che da Roma mi ero portato dietro ad Ancona, di loro restava l’amore per la distorsione e l’estremismo sonoro, ma l’immaginario fatto di guerrieri e scontri epici era stato inesorabilmente soppiantato dalla voglia di testi in cui rispecchiarsi e maggiore concretezza, quella che già nell’ultima metà del decennio precedente aveva assunto sempre più le forme della contaminazione con l’hardcore, dei concerti nei centri sociali, del rapporto stretto con l’universo delle ‘zine e del diy. Da Ancona tornavo spesso a Roma, per incontrare i miei fratelli e gli amici, per vedermi qualche bel concerto e comprare dischi che difficilmente avrei trovato nella mia nuova città (salve le trasferte lungo la direttrice Adriatica). Proprio durante uno di questi ritorni a casa, ho conosciuto la Bande A Bonnot (o Banda Bonnot) un negozio di dischi/label stipato di punk e hardcore, diventato appunto luogo di incontro fisso e seconda casa di molti miei amici di sempre. Le cose potrebbero essere andate un po’ diversamente, dato che la memoria ormai comincia a fare qualche scherzetto, ma credo sia stato quello il giorno in cui ho conosciuto Robertò, cioè colui che da allora per me riassume il concetto stesso di Roma Hardcore, senza nulla togliere ai suoi compagni d’avventura, a chi prima di lui mi ha fatto scoprire quella meravigliosa degenerazione del punk e a chi ancora si sbatte per tenerne vivo lo spirito. Non per cattiveria o altro, quanto perché da quel giorno ogni mio passaggio per Roma ha previsto inevitabilmente una tappa da lui per ascoltare musica, comprare dischi o ‘zine, ma soprattutto farsi quattro chiacchiere e un caffè come fosse un rito sacro: si radunava chi era passato per salutare, si chiudeva il negozio per dieci minuti e via al bar. Nel ‘97 la Banda è diventata Hellnation e da quel giorno è stata sempre nello stesso posto, poco prima di Porta Pia, con Robertò rimasto negli anni solo al timone, incurante di tutto e sempre con lo spirito di chi afferma: fare un lavoro che ti piace equivale a mezzo stipendio.
Prima di lasciare la parola al diretto interessato, passiamo in rassegna alcune delle uscite più recenti dell’etichetta.
AFFLUENTE, Il Sogno Della Merce
(Anfibio Records, Hellnation, Rebound Action)
Nome storico della scena hardcore italiana e per gran parte della sua storia legato alla presenza del carismatico cantante Carlo Cannella (già attivo negli Stige e nei Dictatrista, nonché motore della scena hc marchigiana), dopo Libera Fame (S.O.A. Records, 2006) gli Affluente hanno dovuto affrontare la sua uscita di scena e la conseguente responsabilità di portare avanti la formazione senza uno dei suoi marchi di fabbrica. Il Sogno Della Merce non mostra però alcuna frattura con quanto costruito prima e celebra il ventennale degli Affluente con un doppio cd in cui trovano posto il nuovo album – con Piero e Juri a spartirsi il microfono – e ben trentaquattro brani presi dall’intera produzione in vinile della band, rimasterizzati per l’occasione. Un modo originale e intelligente per segnare un momento con una sua importanza e per sancire la continuità tra vecchia e nuova line up. Del resto, pur nelle differenze inevitabili con il passato, i nuovi pezzi non fanno altro che proseguire un cammino che da sempre vede il suo fulcro centrale nell’hardcore punk o – per dirla con le loro stesse parole – nel fondamentalismo hardcore. Per questo, Il Sogno Della Merce offre all’ascoltatore ciò che si aspetta e reclama: proiettili di pura energia basati su ritmi serrati e stacchi da manuale, emozioni condivise e adrenalina che scorre a fiumi, senza omettere gli immancabili testi in italiano che alternano la critica politica al sottolineare la necessità dei rapporti umani in antitesi alla spersonalizzazione della società attuale, come nell’anthem “Nella Stanza”. Se la paura era quella di un cambio di rotta o di una flessione nella voglia di gridare degli Affluente, il pericolo non può che dirsi scampato.
FUN / GOZZILLA & LE TRE BAMBINE COI BAFFI, Chi Non Muore Si Rivede…
(Hellnation)
A rappresentare le uscite in 7”, formato da sempre privilegiato in seno alla scena punk e hardcore, troviamo lo split tra i romani Fun, gruppo oi! capitolino attivo dagli ottanta, e i Gozzilla & Le Tre Bambine Coi baffi, da Aprilia. Introdotto da un artwork dissacrante e in linea con il titolo, il vinile si apre con i Fun che presentano due anthem a sancire il loro ritorno sulle scene dopo una lunga pausa. Nati in seno ai “100celle City Rockers”, gruppo che riuniva punk e skin capitolini nei primissimi anni Ottanta, i Fun continuano a macinare note con lo stesso spirito e non si lasciano intimorire dagli anni passati: due brani senza fronzoli e con testi in italiano che toccano temi come l’anti-militarismo e la politica repressiva di Israele nei confronti del popolo palestinese. Nei Gozzilla militano degli ex Monkeys Factory, band attiva negli anni Novanta e autrice tra l’altro di uno split con gli Affluente, quindi neanche in questo caso si parla di novellini, ma di gente che ha già dei peccati da scontare. Per non lasciare adito a dubbi, partono con una dichiarazione di intenti a caratteri cubitali, “Oi! Gozzilla! La Birra Sia Con Noi”, cui segue l’anthem di strada “Vivi In Una Fogna”. Il tutto brucia in una manciata di minuti e non lascia tempo per prendere fiato. Pur nelle evidenti differenze di scrittura, le due band si dividono equamente i meriti e portano a casa una situazione di quasi perfetta parità, per un match che non inventa chissà quale nuova ricetta, ma non deluderà di certo gli appassionati.
GHETTO 84, … A Denti Stretti
(Hellnation)
Tra le uscite curate dalla Hellnation non poteva mancare la ristampa su vinile per l’album originariamente uscito nel ’95 su Gridalo Forte Records, un po’ perché la formazione bolognese attiva tra il 1984 e il 1997 riassume alla perfezione l’attitudine street cara alla label romana, ma anche per il legame che la stessa ha sempre avuto con l’universo calcistico (nel suo pubblico di riferimento, oltre a punk e skin, non sono mai mancati rappresentanti della curva e ultras). I loro sono anthem da cantare sotto il palco, con testi in italiano che raccontano storie di quotidiana ribellione e vita ai margini, figlie perfette di un modo di affrontare la vita a pugni e senza mai tirarsi indietro. Ottimo spaccato e fotografia di un’interpretazione del punk inglese con la tipica attitudine politicizzata e il forte legame con il circuito dei centri sociali proprio della scena italiana, A Denti Stretti resta un punto di riferimento per chi si muove lungo determinate coordinate: non si vergogna della sua natura di disco di genere, con tanto di deviazione nei ritmi in levare (“Papetee Mon Amour”), anzi, a dirla proprio tutta, è costruito proprio attorno all’orgoglio delle sue radici, per non parlare del legame quasi familiare che si instaura tra chi suona e chi ascolta.
IL MURO DEL CANTO, L’Ammazzasette + Vivere Alla Grande / Le Mantellate
(Hellnation)
Doppia uscita – il vinile dell’album L’Amazzasette e il 7” Vivere Alla Grande / Le Mantellate – per Il Muro Del Canto, una formazione atipica in mezzo al punk e all’hardcore finora trattati, perché completamente immersa in quella che è la tradizione romana, da cui prende le mosse per comporre brani folk venati di rock. Quello che ne risulta è una proposta poco scanzonata e distante dal classico coro da osteria, perché malinconica, ricca di ombre e con un occhio innamorato per la Roma vista dal basso, a tratti rissosa, a tratti disperata. Tra amori tormentati e bassifondi, Il Muro Del Canto non si fa scrupoli nell’attingere a piene mani dai temi cari alla canzone popolare della città eterna e per questo rischia di oltrepassare le righe, ma riesce quasi sempre a scantonare e evitare di diventare caricatura di se stesso. Per assurdo, anzi, è proprio quando la mano si fa più pesante che nascono affondi come “Serpe In Seno”, tanto carica di pathos da diventare quasi gigiona nel suo cantare l’amore tradito. Insomma, piaccia o meno, questo progetto ha saputo costruire una propria strada peculiare che riannoda le fila con quanto iniziato dagli Ardecore e ne porta alle estreme conseguenze il legame con la romanità. Ormai “esplosi” e seguiti anche da media che solitamente ignorano l’esistenza stessa delle uscite Hellnation, fa piacere ritrovarli su quest’etichetta anche nel 2014 con un 7” che alterna un brano su testo di Alessandro Pieravanti e il classico “Le Mantellate” portato al successo da Gabriella Ferri.
KLAXON / GLI ULTIMI, Anime Corsare
(Hellnation)
Se del piccolo caso Storie Da Un Posto Qualunque ci siamo occupati in maniera estesa al momento della sua uscita, non possiamo evitare di soffermarci qui sullo split-album che li vede confrontarsi con gli storici Klaxon, il cui ep di debutto risale addirittura al 1984. La cosa che impressiona è come le due formazioni, separate dagli anni (Gli Ultimi si sono formati nel 2008), si amalgamino e lavorino con assoluta naturalezza su questo disco a quattro mani, un lavoro che fluisce senza soluzione di continuità nonostante le band si alternino lungo tutta la tracklist. Ciò che accomuna i due gruppi uniti nello sforzo comune, nato da una chiacchierata durante un’edizione del festival “Questa È Roma Mica…”, è l’attitudine di strada e un’idea pressoché identica del punk-rock come musica che unisce musicisti e pubblico. Proprio la semplicità apparente dei brani, le linee melodiche e i cori che si imprimono subito in mente, fanno di questo Anime Corsare un album a fuoco e in grado di conquistare chiunque si cibi di simili sonorità, lontano da pretenziosità e finzioni e dedicato a chi combatte senza arrendersi una guerra fatta di piccole battaglie, molte sconfitte e poche ma significative vittorie da condividere con gli amici. Impossibile dire chi ha fatto meglio o citare qualcosa in particolare, visti i molti centri e la sensazione di crescendo che porta a lasciarsi catturare sempre più col passare dei minuti e il susseguirsi dei pezzi.
AA.VV., Costruito Nella Tuscia
(Tuscia Clan, R.A. records, Hellnation)
Per chiudere questa breve rassegna andiamo a parlare di una compilation che riprende le fila di quanto iniziato nel duemila con la raccolta su 7” “Viterbo HC”, una prima fotografia della scena viterbese con sei band presenti. Nel nuovo capitolo le band sono diventate nove e cambiate nella quasi totalità, unici superstiti gli ormai storici Razzapparte. A non cambiare, invece, è lo spirito di una provincia che continua a sgomitare per conquistare il suo posto sulla mappa della scena italiana. Tra hardcore, oi! e persino ritmi in levare, Costruito Nella Tuscia offre un ottimo esempio del raggio d’azione di Hellnation e, soprattutto, del tipo di attitudine che da sempre sostiene, con al centro di tutto i rapporti tra soggetti non grossi che si sostengono per superare i propri limiti unendo le forze. Del resto, lo stesso Roberto non fa mistero della sua predilezione per realtà di provincia in possesso di quella voglia di farsi sentire propria della prima scena hardcore. Un solido biglietto da visita per le band coinvolte, oltre che la testimonianza di come il concetto di “scena locale” abbia ancora un senso nell’epoca di internet e della globalizzazione. Menzione anche per la copertina a tema che riprende l’arte etrusca.
Intervista
Ciao, cominciamo con un bel tuffo nel passato: ricordi quando hai deciso che la musica sarebbe diventata qualcosa in più di un semplice hobby e quali sono stati i tuoi primi passi nel mondo della discografia?
Roberto: Ciao Michele, diciamo periodo ‘91-‘92 con la nascita della Banda Bonnot. Prima di ciò ero un mero fanzinaro, organizzavo concerti e curavo una piccola distribuzione a Pescara dove vivevo e lavoravo come barman-gelataro. L’incontro coi futuri “mentors” della Banda Bonnot avvenne all’Esperimento Club di via Rasella mentre portavo in tour i Thompson Rollets, una band super tra Hüsker Dü e Moving Target, proveniente da Perigueux. Emilio Banda Bonnot chiuse quella data e mi accennò al fatto di volere aprire un negozio di dischi indipendenti, una label e di voler organizzare tour con un occhio a tutto ciò che succedeva in Francia. Da lì il nome Bande A Bonnot, che tra l’altro sono originari di un paese distante dieci km dal mio luogo di nascita in Francia.
Prima di Hellnation esisteva la Banda Bonnot, quando è nata di preciso Hellnation e che ricordo hai di quei primi tempi?
Hellnation scaturì dopo la fine di Bande A Bonnot (estate ’97). Mi recai di nuovo a lavorare a Pescara al Bar per cinque-sei mesi e tornai a Roma a Novembre. Per fortuna riuscii a riprendere lo stesso locale dove Banda Bonnot alloggiò per tre anni. Il locale rimase sfitto da luglio a novembre e fui il primo a fare una proposta d’affitto. Parliamo di novembre ’97 e sono passati più di diciott’anni.
Ormai rappresenti da parecchio un punto di riferimento per la scena hardcore (non solo) romana, tra negozio, label, concerti. Cosa è cambiato negli anni e cosa ti manca, se c’è, di più dei vecchi tempi?
Molte cose sono cambiate Michele, ma non sono un nostalgico-passatista vecchio combattente e non mi manca nulla. Ho sempre cercato di stare al passo anche con le nuove tecnologie di diffusione (ahimè per voi e meno male per me non ho ancora un cellulare…). Il pubblico supporter esiste ancora e mi fa molto piacere vedere nuove – rare, purtroppo – leve in giro. Ora è più facile suonare – questo sì – e la qualità sotto il profilo organizzazione di concerti, tour e anche gruppi che suonano è assai alta. E non sono neanche un esterofilo che va a dire in giro che è meglio altrove. Ti garantisco che Roma non ha nulla da invidiare a Berlino, Parigi o al Belgio. Neanche nell’organizzare le cose: mancano un po’ di soldi, questo sì, ma ricordati che certe città continuano a beneficiare di sovvenzioni… che io non ho mai percepito. Ma meglio così. Il negozio – anche se certe volte tendo a bestemmià – mi fa ancora divertire assai. E ricordati che fare un lavoro che ti piace equivale a mezzo stipendio!
Di sicuro è cambiato il rapporto delle nuove generazioni con la musica in formato fisico e con i dischi. Dal punto di vista di un interno, è stato davvero così devastante l’avvento di internet per etichette e negozi specializzati?
Certo che è stato devastante. Ma la gente ne è consapevole e continua a sostenermi e ringrazio tutti coloro che fanno degli sforzi per comprarsi un disco o un libro. Non posso biasimarli se scaricano: i soldi so’ quelli che sono e la sete di birra ha preso il sopravvento sulla sete di sapere e la curiosità. Passerà…
Molti dicono che è in corso una rinascita del vinile e che gli mp3 stanno perdendo terreno. Credi sia vero e, se sì, che sia una moda passeggera o una vera inversione di marcia?
Guarda, ‘sta rinascita del vinile è una gran cazzata, poiché qui da me e da altri negozi specializzati di Roma (Radiation, Hocus Pocus, Soul Food) il vinile non è mai sparito. ‘Sta rinascita del vinile avrà fatto comodo alle varie major che non sapevano più che pesci prendere per sbarcare il lunario, a certi artisti di grosso calibro e a certe catene de negozi che non voglio neanche nominare qui, Amazon incluso. Non ti preoccupà che quando il latte sarà esaurito, smetteranno di mungere.
Tu hai comunque continuato a produrre dischi e a supportare i gruppi in cui credevi. Come scegli chi produrre e quanto conta l’aspetto umano nella scelta?
Io stampo e pubblico soltanto gruppi in cui credo… diciamo più umanamente che tecnicamente. Se fosse per i miei gusti musicali certi gruppi non li avrei mai scelti. Ma prevale il lato umano. Detto questo, Colonna Infame, Il Muro Del Canto, Gli Ultimi, Nabat, Flies e Pat Atho rimangono i miei preferiti. E occhio al debutto dei Dalton e al prossimo Plakkaggio. La scelta si basa su: uno, il rapporto umano (puoi essere meglio dei Nirvana ma se sei stronzo puoi rimanere a casa); due, la dedizione del gruppo, la capacità di fare un minimo di sacrifici; tre, la qualità della band, i testi, un certo gusto grafico.
Sei sempre stato legato alla scena hardcore e al giro oi!, diciamo che rappresenti da sempre l’anima working class della scena hc. Credi i tuoi gusti siano in qualche modo cambiati nel corso degli anni e cosa ti spinge verso queste scene/attitudini?
No, no i gusti sono sempre quelli: sono sempre legato alla scena hardcore ma ricordati che non ho un solo disco hc nella mia personale discografia. Mi piace però vedere come possa funzionare quella scena e l’idea di ricambio che è in atto mi sembra una gran cosa. Diciamo che la scena hc romana ha degni rappresentanti in Rotten Inc. (ex SFL, il Marinaio, Teskio e Ludovico) e nel Blasi degli Strength Approach. Un bravo al giro del Veneto hc, ai marchigiani e alla cricca di Vetralla, gente dalla quale abbiamo solo da imparare in quanto ad entusiasmo, competenza e ospitalità. Noi romani dobbiamo tenere conto di queste realtà e continuare a crescere specchiandoci in loro.
A questo punto parliamo un po’ delle tue ultime produzioni. Ti va di introdurci alle tue uscite più recenti? Cosa bolle in pentola per il futuro?
Sono usciti quest’anno Colonna / Nabat Split 7″ (tre stampe), Gli Ultimi/Klaxon lp (+ free cd) , Pat Atho lp + free cd , Ghetto 84 lp e Fun/Gozzilla Split 7″. Sono usciti il giorno del festival “Restiamo uniti divisi mai”. Ritengo siano le cose migliori che abbia fatto assieme al Muro Del Canto, Gozzilla. Ma rimango felice di avere fatto i Payback, Taxi, 4 Sin, Banda Bassotti lp e 7″, Erode lp, le compilation Quelli Che Urlano Ancora… A novembre usciranno i nuovi album dei Plakkaggio e dei Dalton sempre lp col cd free (ormai è una formula rodata), la ristampa degli Stab e uno split tra Pat Atho /Filippo Andreani con un progetto di Zerocalcare. E molte altre cose a venire. Sogno un grande album degli Ultimi e dei Dead End Streets.
Credi ci sia un filo che unisce le tue scelte o comunque una caratteristica che lega in qualche modo queste ultime produzioni e che potremmo definire la firma Hellnation in questo periodo?
Certo, la firma Hellnation è una bella stretta di mano una volta raggiunti gli accordi. E poi cura della grafica, il fatto che il gruppo abbia l’ultima parola su tutto. E un minimo di compenso in copie per fare contenti tutti. Uscire da una pubblicazione/produzione e vedere un gruppo scontento è per me sinonimo di un fallimento e di qualcosa che non è andato per il verso giusto.
C’è invece qualcosa che proprio non sopporti e che ti porta a non produrre un gruppo anche se musicalmente ti attira?
Oltre alle posizioni politiche del gruppo che fanno sì che non mi metto ad aiutare band di un certo giro con idee meschine, il fatto di beccare qualcuno che possa pensare di svoltare (tra virgolette), il mettere il lato pecunia davanti a qualsiasi altro elemento che fa sì che un progetto possa decollare, mi dà fastidio. Soldi in questo giro non ci sono, per lo meno non per tutti. Faccio fatica a campare io stesso che ne ho fatto un mestiere. Poi sono contento e felice se sia l’etichetta che la band riescono a recuperare le proprie biglie.
Guardando a tutte le uscite che hai prodotto e ai gruppi che hai realizzato, ce n’è qualcuna cui ti senti più legato e per cui provi un affetto particolare? Magari perché rappresenta un momento importante o significativo?
Tear Me Down (prima produzione), Colonna Infame tutto, Payback per l’energia, Gli Ultimi (fratelli), Rebelde, Muro Del Canto, Erode, la Banda Bassotti. Sono gruppi ai quali sono legato sotto tutti i punti di vista. Tenete d’occhio Dirty Jobs , No Prove per l’hc e Dalton!
Ti va di dare un consiglio a chi ha l’insana idea di aprire una label o un negozio di dischi oggi? Intendo, a parte di rivolgersi ad altre attività più remunerative…
Ha! Perseverare tanto, amare ciò che fai! Lo so, è un luogo comune visto e rivisto, trito e ritrito, ma ce sta gente che non dà senso alle cose che fa: quando fa concerti, festival, produce dischi, libri. Nel mondo “nutrizionista” uno dice “sei quello che mangi”, io te rispondo che nel giro nostro “sei quello che fai”.
Parliamo un attimo di concerti. Come vedi oggi la situazione dei live in Italia? Domanda provocatoria: quanto conta ancora la differenza tra club, circoli e squat oggi nel garantire un certo tipo di attitudine e approccio?
Ci sta gente valida e gente de merda dappertutto. Certo non mi metterò a parlare male dei compagni e dei centri sociali. Io ho delle affinità con certi bar/club tipo 360 perché il titolare è uno a posto ed è molto più compagno de Bertinotti e Landini messi assieme (ce vuole poco!), il Circolo Dal Verme fa una programmazione fantastica, ma mi sento legato alla Strada come centro Sociale, e al Contubernium anche se non faccio più parte di quel collettivo. Ma la situazione che mi intriga di più rimane la realtà della Cantina del Gojo a Vetralla (rip). Sono validi e rinascerà. Poi – questione club – non mi sembra che Roma abbia di che lagnarsi. I club esistono, hanno anche capienza, qualità di suono (vedi Traffic , Init) e competenza. Ripeto: all’estero stanno meglio perché molti posti vedono arrivare fondi a pioggia, sovvenzioni…
Oltre alla musica, un’altra tua grande passione è il calcio, cui si affianca e con cui interagisce quella per i libri sul tema. Ti va di parlarci un po’ di questo aspetto e del tuo modo di intenderlo, visto che mi sembra sia molto distante dal mondo patinato che passa sui media…
Oltre vent’anni dedicati al Castel Di Sangro fanno si che il mio “no al calcio moderno” non sia una passione modaiola. Continuo a seguire – anche se da lontano – la squadra che mi ha dato tanto a livello umano ed emotivo e a dare un mio contributo: sono quasi quattro anni che abbiamo fondato una formula vicina all’azionariato popolare e noi ultras siamo diventati soci-dirigenti-accompagnatori… È un’esperienza strepitosa che ci ha fatto stare gomito a gomito con l’Ardita, grande realtà locale. L’idea è di mettere su un grande torneo di calcio popolare – perché il calcio dal basso è l’unico calcio con certi contenuti – con tutte le realtà italiane dedicato e intitolato al grande Valerio Marchi, uno che ha macinato le sottoculture giovanili, uno che ha avuto un percorso intellettuale molto simile a Pasolini a livello di intuizione di ‘sto grande disastro che sta accadendo.
Grazie mille per il tuo tempo, a te le conclusioni. Cosa non ti è mai stato chiesto e avresti sempre voluto dire?
Grazie a te per le domande puntigliose. Diciamo che da un po’ di anni ho trovato molti stimoli nel pubblicare libri assieme alla Red Star Press – casa editrice sorella di grande spessore – e vorrei concludere che Hellnation senza l’aiuto e il supporto della mia consorte-compagna Alessia non sarebbe nulla. Così come devo tanto a tanta gente, realtà che continuano a supportarmi. In questi ultimi tempi – duri – ho apprezzato molto la loro presenza e il fatto di aver potuto contare su di loro. Sanno tutti chi sono e li ringrazio commosso.