HELLBASTARD, Feral
Gli Hellbastard non sono certo un nome nuovo, padrini del crust (termine coniato, almeno secondo una delle varianti della storia, per descrivere il suono gracchiante del distorsore con le batterie scariche usato dalla band in sala prove) e rappresentanti massimi di quel mix tra metal e crust definito stench-core, gli inglesi hanno vissuto nei decenni innumerevoli incarnazioni e cambi di line-up, stop più o meno forzati e ritorni sulle scene. Da un po’, ormai, la creatura è affidata al solo membro fondatore “Scruff” Lewty, il quale – accompagnato oggi da nuovi sodali – le ha donato una seconda giovinezza con tour e uscite discografiche, fino a confrontarsi con la sua prova più ambiziosa e complessa, tanto da chiamare come guest due ex Amebix (Rob “The Baron” Miller e A. Droid) e lo stesso Andy Sneap (Hell/Sabbat, nonché rinomato produttore).
Il frutto degli sforzi di Lewty è un album in cui finiscono tutti gli ingredienti che hanno segnato la storia della formazione, come se si fosse voluto riproporre tutto ciò che gli Hellbastard hanno incamerato lungo il loro tragitto, infatti la prima sensazione è quella di stare ascoltando proprio un disco in cui confluiscono emozioni, storie, ricordi e tutti gli elementi riconducibili al logo che campeggia protagonista assoluto in copertina, a tratti quasi in maniera convulsa e ferina (feral, appunto), tanta è la carne al fuoco. Il songwriting segue l’andatura dettata dal riffing thrash del chitarrista e non si discosta dal classico trademark che ha reso celebre la band nel suo periodo Earache (Natural Order, 1990), anche se appare evidente una costante ricerca del groove e abbondano gli stacchi più cadenzati. Ciò che segna però maggiormente Feral e lo caratterizza è un effetto dolce-amaro, ottenuto accostando linee melodiche (a tratti epiche) col mood oscuro e rabbioso che permea i brani, quasi si trattasse di spurgarsi dal veleno e lasciare fluire il proprio senso di fastidio per l’attuale situazione del nostro pianeta. Del resto, le tematiche ecologiste e una marcata insofferenza verso la società moderna e il suo progressivo distacco dalla natura sono sempre state alla base della proposta degli Hellbastard: non potrebbe essere altrimenti, visto il forte legame che hanno da sempre dimostrato con la scena anarco-punk inglese e con le sue istanze socio-politiche. Feral non è semplice e paga scotto in qualche modo alla voglia di affrontare troppi discorsi in una sola volta, nonché a una certa impulsività che si percepisce nella scrittura, ma riesce comunque a mandare a segno più di un colpo e porta avanti – senza tradirla – l’eredità di una band che ha saputo influenzare un’intera scena, il che non è certo un risultato di poco conto a quasi trent’anni dalla pubblicazione del debutto Ripper Crust. Sarà interessante vedere cosa accadrà in futuro.
Tracklist
01. In Praise Of Bast – Feral (featuring Andy “A. Droid” Wiggins)
02. Outsider Of The Year
03. We Are Coven
A. … For All Crippled Woods
B. … I Spit You Poison
C. … Let Them Blast Their Brains
04. Shame On Us
05. And The Point Of Your Being Is…? (featuring Andy Sneap)
06. Wychcraft (featuring Rob “The Barron” Miller)
07. Social Hand Grenade
08. 4-Paws
09. Engineering Human Consciousness… II
10. All Our Sorrows