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HEKLA, Turnar

Hekla Magnúsdóttir, da Reykjavik, è una specialista dello strumento, e questo strumento è il theremin. Turnar è il suo terzo album per Phantom Limb, a oggi il più ambizioso e calibrato, e deve titolo alla torre di un castello medievale nella Francia rurale, dov’è stato in parte registrato. Partendo da background classico e spinta all’avanguardia, le sue creazioni saltano il fosso tra soundscape e composizione, arricchita con sporadici vocalizzi eterei (“Var”, nel complesso però minacciosa), violoncello (“Ólga”) e l’organo da chiesa suonato dal connazionale Kristján Hrannar (“Kyrrð”). A fare da cornice, atmosfere ovviamente gotiche eppure aliene. Lei stessa, inserita nel 2020 in una delle playlist curate da PJ Harvey, afferma che il suono del theremin apre un portale in un nuovo regno che guarda sia a un oscuro mondo antico sia al futuro.

A ben guardare, in copertina c’è qualcosa di vivo, forse un cuore xenomorfo, che anziché battere ci spia.  Che si tenti di mettere a fuoco la direzione in cui procedono le singole onde elettroniche, ipnotizzanti, oppure si apprezzi il disegno d’ascolto nella sua interezza, è proprio questa oscillazione tra ritualità esoterica e senso del mistero da X-Files a incrementare il fascino di brani divenuti imponenti nel loro procedere al rallentatore, modellati da un dark slime di ghiaccio ambient, con feedback crepitanti di drone (“Gráminn”), con le antenne pronte a captare lampi di energia e mareggiate di armonie (“Ókyrrð”). Hekla tira fuori magia da ciò che di fatto non tocca, ma qui è tutta una questione di contatto, decisamente sovrannaturale.