Heilung + Eivør + Lili Refrain, 18/11/2022
Parigi, Olympia. Foto di Elise Diederich, che ringraziamo.
L’occasione è di quelle speciali: Lili Refrain, che seguo dai suoi primissimi live (parliamo del 2007), tanto da aver collezionato qualcosa come una dozzina di suoi concerti da spettatore, suona con Eivør e gli Heilung al mitico Olympia di Parigi nel corso di un tour europeo che è solo la ciliegina sulla torta di un’annata a dir poco ricca di soddisfazioni per l’autrice di Mana. Del resto si dice che siano stati proprio gli Heilung a volerla al loro fianco nel tour, prendendola sotto la loro ala protettrice dopo averla vista in azione all’Hellfest. Per nulla intimorita da una sala sold out già da diversi giorni, concentra nel poco tempo che le è concesso tutto l’armamentario a sua disposizione con l’impostazione coraggiosa del nuovo lavoro e una posizione meno predominante della chitarra, che comunque dal vivo torna a ricoprire un proprio ruolo di tutto rispetto. Questa volta, in ogni caso, l’inseparabile sei corde e la fida loop station non sono sole e devono dividere la scena con le percussioni e i synth in quello che è un vero crescendo di intensità e pathos, con in più un’acustica del posto che rende piena giustizia alla scrittura ricca di sfumature. Il pubblico parigino è conquistato e ad un certo punto esplode in un boato con applausi e cori come di rado ho visto concedere a un opening act, soprattutto in situazioni simili dove a chiudere la serata c’è un nome amplificato dall’hype come gli Heilung. Ma questo non mi stupisce troppo, perché so bene di cosa è capace Lili Refrain, anche se, ammetto, qualche brivido me lo fa provare, perlomeno nel ricordare quelle prime date al circoletto di Jesi o al Mattatoio di Perugia… roba da pochi intimi in confronto al teatro pieno di oggi. Non sono, del resto, il solo a comprendere l’importanza di quest’occasione, visto l’entusiasmo contagioso e la carica di energia profusa sul palco e la capacità di condensare in così poco tempo un intero set. Prova superata in scioltezza, verrebbe da dire.
Eivør viene dalle isole Fær Øer ed è una vera celebrità in patria sin da quando a tredici anni ha iniziato con un’esibizione alla televisione locale cui è seguito l’anno successivo il primo di una serie infinita di premi e riconoscimenti, oltre che l’ingresso nell’orchestra sinfonica faroese e la pubblicazione di una lunga lista di album acclamati dalla critica. Il suo è un universo sonoro composto da un mix tra tradizione e influenze differenti dal jazz al pop, con una voce capace di toccare toni differenti e donare colore ai brani. Non è difficile intuire come dietro alla sua performance ci siano molto studio e preparazione, così come appare evidente che si tratti di una musicista versatile e con uno stile ben oliato nel corso di una carriera costellata di successi. Il tutto suona molto curato e rifinito, forse persino troppo visto il contesto odierno, ma il pubblico dell’Olympia non sembra farsi problemi e applaude calorosamente l’esibizione, dimostrando tra l’altro di conoscere bene il repertorio proposto. Lei ricambia e si ferma per introdurre i brani e le storie da cui hanno preso vita, spesso legate alla natura delle Fær Øer e alle tradizioni delle isole. Non ne esco pienamente convinto ma a giudicare dall’entusiasmo dei presenti probabilmente è più una questione di gusti personali che di effettivo valore della proposta.
Dal canto loro gli Heilung hanno saputo catturare la mia attenzione con un nuovo disco che ne amplia ulteriormente la palette, a ricordarci come la loro ricerca storica non prescinda dai molti contatti tra i navigatori nordici e le genti del mediterraneo, un aspetto che si riversa sia nella musica che nel mood della formazione (dal vivo un vero collettivo). Ecco, quindi, che il loro live parte proprio da quel sottolineare come alla fine tutti gli esseri umani siano più connessi e vicini di quanto molti vogliano farci credere. Il che dà anche il metro dell’ampio spettro sonoro portato sul palco da loro, con il contributo dei molti attori di questa rappresentazione interdisciplinare a cavallo tra musica, teatro, danza e anche scultura, questo a causa delle particolari scenografie. Non ero preparato né alla presenza di cosplayer nel pubblico, né a come i fan hanno accolto i vari brani (si possono definire così?), con tanto di interazioni e risposte alle sollecitazioni degli Heilung per quello che è uno dei live più particolari cui mi sia capitato di assistere: a un certo punto il battere ritmico dei piedi sul pavimento del teatro ha fatto sì che anche chi stava fermo fosse costretto a muoversi per seguirne il sussultare. Il tutto si apre con il fumo di erbe bruciate in un rituale che coinvolge tutti i presenti e prosegue con un continuo alternarsi di umori ed emozioni grazie alla potenza delle percussioni, alle molte e differenti voci che si danno il cambio, all’impatto visivo portato dai vari musicisti e dai guerrieri che aiutano a narrare le storie care agli Heilung. Alla fine si esce esausti e provati dalle moltissime sollecitazioni cui si è stati esposti, ma anche soddisfatti dello spettacolo messo in piedi da questi truci vichinghi in fondo in fondo anche un po’ fricchettoni, come la parte finale dall’effetto catartico tra percussioni imbizzarrite e urla liberatorie ci porta a pensare. Siamo probabilmente ad un soffio dal “troppo”, ma anche di fronte ad una invidiabile capacità di gestire la cosa senza passare mai del tutto il confine e con una disciplina che lascia a dir poco stupefatti per come tutto proceda senza sbavature. L’impressione è che ancora non abbiamo visto tutto ciò che è lecito aspettarsi da loro e che il successo ottenuto sia davvero meritato, attendiamo sviluppi tornando a casa con la sensazione di aver partecipato ad una serata di cui ci ricorderemo a lungo.
Per finire vale la pena sottolineare come una musicista italiana, anno dopo anno e senza mai lasciare quel profondo legame con le sue origini legate alla scena diy e senza alcuna scorciatoia, sia riuscita a raggiungere i maggiori festival e ad andare in tour con i grossi nomi senza alcun timore reverenziale, soprattutto raccogliendo finalmente i frutti di una passione contagiosa come ben sa chiunque l’abbia vista in azione su un palco. Sono cose che dovrebbero fare riflettere chi ancora soffre di esterofilia qui da noi: a volte non serve andare lontano e vale sempre la pena guardarsi intorno per scoprire nuova musica da cui lasciarsi conquistare.