HAXEL GARBINI, Uri
Questo musicista di origini liguri ha suonato sin dagli inizi degli anni Novanta in vari e piccoli gruppi, tutti di estrazione più o meno rock, e ora riesce a pubblicare il suo primo lavoro in solitaria. Uri è un album piuttosto impenetrabile, basta fare attenzione alla brumosa copertina, e la Snowdonia (Maisie, Andrea Tich, Luigi Porto, Deadburger) ne cura l’edizione in vinile. Resta, dicevo, complicato decifrare i singoli brani, vi basti solo sapere che in “Morto In Un Fienile” sembra di ascoltare/vedere la scena evocata dal titolo accompagnata da una sorta di scampanellio sordo che stordisce e allo stesso tempo affascina. La vera particolarità del disco è il fatto che i singoli strumenti (fisarmonica, violino, anche elementi naturali come tronchi d’albero e l’acqua) vengono in parte amplificati grazie a uno stetoscopio, quindi non il classico microfono, ma un attrezzo che canalizza il suono e chiaramente mette un filtro piuttosto importante all’insieme. Poco male, anche per questo sono gradevoli all’ascolto, anzi, probabilmente acquistano un maggiore fascino, ma il dato resta relativamente interessante. Posso poi aggiungere che ci si trova davanti a composizioni che sanno di “antico” (la malinconica “Estate 1984”) o che ricordano atmosfere palustri (“Inundata”), o sembrano addirittura simili ad ipotetiche soundtrack aliene, come in “Dobbiamo Scappare” e “Saponificazione”, mentre “Il Film Sulla Psicocinesi” assomiglia a un robusto esercizio free-form sulla chitarra elettrica. Se ancora non s’era capito, confermo senza ulteriori giri di parole che si tratta di una piccola perla che dovete scoprire anche voi.