THE HAUNTING GREEN
Cristiano e Chantal, già insieme negli A Cold Dead Body, tornano oggi in duo, prendendo le mosse dalle atmosfere care al doom per lasciar filtrare al suo interno differenti linguaggi e input, così da creare un amalgama personale e di forte impatto. Il risultato finale ci ha colpito e incuriosito a tal punto da farci scommettere su di loro: impossibile, a questo punto, non approfondire la conoscenza per farci rivelare qualche dettaglio in più.
Partiamo dal presentare The Haunting Green, chi ne fa parte e come è nata l’idea?
Cris: Io e Chantal abbiamo iniziato a comporre i brani che sono finiti in questo primo ep circa due anni fa. Suonavamo già entrambi negli A Cold Dead Body, per cui è stato abbastanza naturale continuare insieme. Avevo già da parte alcune idee che andavano nella direzione di un sound più oscuro, rude e vicino a sonorità doom che ho sempre amato, e da queste siamo partiti.
Il vostro linguaggio è frutto di diverse componenti, che si sovrappongono e contribuiscono a formare un sound particolare, denso di oscurità ma dalle molteplici sfumature. Che valore date al concetto di contaminazione e come scegliete quali tipi di suoni inserire nella vostra musica?
Cris: Sono sempre stato un ascoltatore molto curioso e alla continua ricerca di sonorità nuove, per cui credo che nel momento in cui mi approccio alla scrittura di un brano la contaminazione sia naturale, una sorta di riflesso involontario formato dagli ascolti di una vita intera in cui, ti assicuro, ho apprezzato generi anche molto diversi tra loro. Ovviamente gli ascolti più recenti hanno sempre un peso specifico importante, ma credo che il minimo comune denominatore delle mie influenze sia sempre da ricercare in sonorità ispirate a sensazioni in qualche modo buie. Ecco, la musica allegra e solare proprio non riesco a farmela piacere, indipendentemente dalla forma in cui mi si presenta.
Cha: A me piace ogni genere purché riesca a trasmettermi emozioni intense. Gli Haunting Green toccano corde non sempre facili da affrontare, con sonorità molto cupe ma mai scontate, e ha rappresentato una bella sfida restituirle con la giusta intensità. Se ci siamo riusciti, sarete voi a dirlo!
In particolare, mi ha colpito l’interazione tra pesantezza e melodie di forte impatto, in un continuo alternarsi di sensazioni. Vi va di parlarci del vostro debutto anche da un punto di vista lirico e concettuale? Che tipo di sensazioni volevate condividere con l’ascoltatore?
Cris: Prima di questo progetto non avevo mai scritto un verso in vita mia, ma l’impossibilità di trovare in zona un cantante con l’attitudine che cercavo e adatto alle sonorità che avevo in mente mi ha obbligato a cimentarmi oltre che con la voce, anche con la scrittura. La maniera più naturale che ho trovato è stata attraverso l’uso di metafore che mi permettessero di mettere su carta visioni, dubbi e insicurezze che ho da sempre e che in qualche modo hanno pesantemente influenzato il mio modo di approcciarmi alla vita. Sono sempre stato attratto dall’invisibile. Da ciò che non possiamo comprendere e da ciò che, pur nella consapevolezza, non riusciamo ad affrontare. A volte mi sembra quasi di interfacciarmi di più con questa realtà intangibile piuttosto che con la vita reale. Alcune cose fanno parte di ciò che crediamo soprannaturale, altre fanno invece parte della nostra più subdola e insondabile natura. I testi parlano di questo, ma non sono mai stato tipo da esternare in maniera palese il mio modo di vivere le cose. Per cui preferisco fornire spunti e chiavi di lettura.
Anche da un punto di vista grafico e nel packaging si nota una grande attenzione ai particolari, chi se ne è occupato e come sono nate le immagini dell’artwork, c’è un concept o un nesso con i testi?
Cris: Me ne sono occupato io. La copertina rappresenta una figura femminile che sta per affondare ed essere inghiottita dalle acque, mentre nell’artwork del libretto interno la si vede poi riaffiorare. In questa visione sta il senso stesso del nome The Haunting Green. È la natura che torna ad impossessarsi di noi! Nonostante la crescente civilizzazione, permane in noi l’impossibilità di separarci completamente dalla nostra essenza ancestrale. Prima o poi essa in qualche modo torna a perseguitarci, e a volte, che sia nei i sogni o nei nostri istinti più profondi, anche solo per un istante, ci inghiotte, ci ricorda da dove veniamo, per poi riconsegnarci alla nostra solita vita.
Cha: La musica è un mezzo potentissimo per riappropriarsi della propria essenza e celebrarla. Sono affascinata dalla possibilità di entrare in contatto intimo con il proprio sé, abbandonando i condizionamenti ai quali la “civiltà” e le mode ci sottopongono quotidianamente. Bisogna riconoscerli, ma anche imparare a liberarsene, trovando il coraggio di essere sinceri con se stessi e lasciarsi essere. Chi non riconosce e rispetta la propria natura, di solito ha ben poco (di interessante) da dire.
All’interno della confezione riportate una frase di Poe, vi va di parlarcene e di raccontarci i motivi della scelta?
Cris: La scelta di questa frase è da attribuirsi al legame con gli argomenti trattati nei testi. Come già detto, si parla degli aspetti insondabili della nostra natura, dei nostri sogni, delle nostre domande su ciò che i nostri occhi non sono in grado di vedere. La frase di Poe è tratta da “Il pozzo e il pendolo” e continua così : “Nel ritorno alla vita da uno svenimento, bisogna distinguere due fasi: la prima è quella che ci dà il senso dell’esistenza mentale o spirituale, la seconda è quella in cui acquistiamo coscienza dell’esistenza fisica. È da credere che, una volta raggiunta la seconda fase, se potessimo ricordare le impressioni della prima, troveremmo, in queste impressioni, preziose rivelazioni sull’abisso dell’aldilà”. Ho letto praticamente tutto di Poe. I suoi racconti sono stati tra le mie prime letture d’infanzia. Mi ricordavo quella frase e il nesso con i testi dell’ep mi è parso subito evidente, di conseguenza ho pensato fosse interessante fornire all’ascoltatore un collegamento, una chiave di lettura in più.
Possiamo citare la letteratura come fonte di ispirazione per la vostra musica e, se sì, cosa in particolare? Che rapporto avete con le altre forme di espressione oltre la musica?
Cris: Nel momento in cui si ha la sensibilità e la capacità di comprenderla, qualsiasi forma d’arte è in grado di donarci un punto di vista nuovo attraverso il quale osservare la realtà. Per questo motivo amo l’arte praticamente in tutte le sue forme, e ancor di più ne sono attratto quando non mi sento in grado di comprenderla appieno. Tuttavia non me la sento di considerarla come fonte d’ispirazione diretta della nostra musica. Anche in virtù del fatto che non credo di avere ancora le capacità per “tradurre” consapevolmente in musica gli input che possono arrivarmi da altre forme d’arte. Ma, tanto per fare un esempio, posso dirti che da un po’ di tempo a questa parte sono rimasto letteralmente stregato dai film di Bela Tarr. Mi sono visto di fila “Werkmeister Harmoniak”, “Il Cavallo di Torino” e “L’uomo di Londra”. Immagini e suoni carichi di una malinconia e disperazione sconvolgenti. La sua è un’arte che sembra provenire da un altro mondo!
L’aver scelto una formazione a due è nata da una volontà ben precisa o è frutto di una naturale sintonia che non sentite il bisogno di allargare ad altri? Quali credete siano i vantaggi e i limiti di questo assetto?
Cris: Inizialmente l’ idea era di formare un trio, ma la ricerca di un bassista si è rivelata presto più difficoltosa del previsto. Per cui alla fine abbiamo dovuto fare di necessità virtù e riarrangiare i brani in modo da cercare di avere un impatto credibile con i soli strumenti che avevamo. Personalmente, se all’inizio tutto ciò mi ha indubbiamente messo in difficoltà, al contempo mi ha obbligato ad assumere un approccio alla composizione e al suono del mio strumento completamente diverso da come ero abituato. È stata quindi una sfida, tutt’ora in corso, che ha però portato nuovi stimoli e mi ha costretto a ricercare nuove idee e soluzioni. Il vantaggio più evidente almeno per noi che ne siamo direttamente coinvolti è stato quindi una crescita dal punto di vista della consapevolezza musicale. Fino ad oggi sono sempre stato abituato a pensare i brani per due chitarre, per cui tutt’ora mi capita spesso di pensare a parti che da solo non potrei eseguire. Questo e gli arrangiamenti per forza scarni sono il nostro limite più evidente, ma al contempo ci obbligano a cercare un suono personale e soluzioni compositive non convenzionali, il che è molto stimolante. Ti dirò, ora come ora non sento la minima necessità di ampliare la formazione.
Cha: La verità è che nessuno ci sopporta! Scherzi a parte, gli eventi ci hanno portati alla conclusione che in due riusciamo a lavorare molto meglio. Ciò che ci accomuna è la sintonia, e tanta voglia di sperimentare. Non a caso, l’unico special guest nell’ep è la mia adorata Rottweiler Black Mamba, che compare nella penultima traccia. Suonando una piccola armonica a bocca per gioco, abbiamo scoperto che lei risponde ululando in una maniera tale che a noi suona malinconica. Ho proposto di registrarla perché credo che l’interazione tra musica e il modo di esprimersi degli esseri viventi offra ispirazioni interessanti.
Avete già presentato The Haunting Green dal vivo? Come vi muoverete per riprodurre sul palco il mondo di The Haunting Green?
Cris: Abbiamo fatto un paio di concerti ma al momento non ci stiamo particolarmente adoperando per cercare date live, in quanto siamo totalmente assorbiti dalla composizione di un nuovo pezzo per uno split con Claudio Rocchetti che uscirà per la Final Muzik agli inizi di Maggio. Dal vivo comunque non ci sarà nulla di più né di meno di ciò che si può sentire nel disco, dato che durante le registrazioni non è stata fata alcuna sovraincisione.
C’è qualche nome cui vi sentite particolarmente legati o altri musicisti che sentite affini, come mentalità o approccio? Con chi vi piacerebbe condividere il palco?
Cris: Adoro lo spirito D.I.Y., e a livello di mentalità o approccio rispetto e stimo qualsiasi band abbia il coraggio di suonare veramente ciò che vuole, fregandosene di piacere per forza a tutti, compiacere le etichette o cercare l’appartenenza a certe tendenze. Certo ricevere consensi fa sempre un enorme piacere, non lo nego, ma credo che per chi suona con onestà il bisogno primario sia innanzitutto quello di esprimersi liberamente senza doversi per forza arruffianarsi qualcuno. Ecco, al di là dei vari nomi che potrei fare, questo è il tipo di persone con cui mi piace condividere i live. Da loro c’è sempre qualcosa da imparare.
Grazie mille per il vostro tempo, lascio a voi la conclusione di questa chiacchierata. Vi va di lasciare ai nostri lettori i contatti per scoprire di più sul vostro progetto e per ascoltare/ordinare il cd?
Cris: Beh, innanzitutto voglio ringraziare te Michele per lo spazio concessoci. Spero che le mie risposte offrano ai lettori qualche spunto di riflessione in più sui temi che abbiamo toccato. Comunque sia invito chi non l’ha ancora fatto a scaricare il nostro ep. È gratis, e se vi piace sentitevi liberi, anzi in dovere, di diffonderlo! Proprio in questi giorni stiamo comunque provvedendo a confezionare anche le copie fisiche del disco. Ne stamperemo solo 200, in cd-digifile, serigrafate e numerate a mano in diversi colori. Le troverete presto sullo store di Bandcamp ma se volete ordinarle potete anche contattarci qui:
thehauntinggreen@gmail.com
facebook.com/thehauntingreen
soundcloud.com/the-haunting-green