Hall Of Mirrors, riflessi d’inquietudine
Le premesse…
Con l’approdo all’americana Malignant Records e l’uscita di un doppio album maiuscolo, Hall Of Mirrors diventa uno dei progetti più importanti di tutto il giro dark-ambient, industrial-ambient e sperimentale italiano.
Hall Of Mirrors vuol dire Andrea Marutti e Giuseppe Verticchio, anzitutto. Andrea, al di là dei suoi progetti personali, è l’uomo che ha creato Afe Records, tuttora un riferimento per una serie di sound artists, i quali poi negli anni sono finiti su altre etichette, ne hanno fondate di loro oppure hanno instaurato tutta una serie di collaborazioni, incrociando più volte le loro strade. Giuseppe, attività solista parte, negli anni ha curato il mastering di vari dischi provenienti da questa galassia italica, senza dimenticare la webzine Oltre Il Suono, dove passa al setaccio la sua scena d’appartenenza.
Prendersi le misure
L’inizio è con Sator (2007), disco collaborativo uscito per Eibon Records, nel quale i due amici mantengono i vecchi nomi di battaglia: Amon (da scoprire il suo dark ambient, magari con Foundation, sempre su Eibon) e Nimh (un ponte tra suggestioni etniche e post-industrial). L’album si muove su coordinate ambient/noise e si fa ricordare perché sembra il respiro di qualche essere soprannaturale.
Dalle sessioni di registrazione di Sator nasce l’esordio di Hall Of Mirrors, Reflections On Black (2007), che esce per la Silentes di Stefano Gentile, casa di Nimh. L’assetto è a “formazione aperta”, perché probabilmente senza collezionare suoni diversi e idee esterne sarebbe difficile rivitalizzare un genere esplorato in lungo e in largo, tra l’altro con l’intenzione di non giocarsi la carta “gothic”: qui contribuiscono Giulio Biaggi/Nefelheim e Daniela Gherardi. Si vede subito la fame di tempo di Hall Of Mirrors, già palese in Sator e probabile eredità genetica di Amon: ogni traccia deve espandersi e dipanarsi sulla lunghissima distanza. Per quanto riguarda il disco nello specifico, invece, tutto è davvero nerissimo e opprimente, tanto che il finale malinconico di chitarra di Giuseppe – come suggeriscono anche i field recordings – è come l’uscita da un inferno spento, ma sempre terribile.
Ampio orizzonte
Forgotten Realm (2009) vede ospiti Andrea Freschi (Subinterior, batterista dei Canaan) e Andrea Ferraris (Ur, Airchamber 3, Luminance Ratio…), che forniscono una serie di field recordings e suoni. Andrea e Giuseppe li utilizzeranno nel corso dei loro incontri per assemblare il disco, rimanendo i “registi” del progetto, artwork compreso. Salta fuori un nuovo elemento, quello etnico di “matrice Nimh”, che nasce dai viaggi di Giuseppe nel Sud-Est asiatico, dove scopre nuovi strumenti. Già la coda di Reflections On Black faceva pensare che Verticchio volesse sfruttare maggiormente le sue capacità tecniche (Amon, al contrario, è un non-musicista), tanto che anche qui non mancano parti di chitarra, a metà strada tra esigenze ambient e frangenti più “musicali”. In Forgotten Realm, dunque, sulla base drone enorme ma essenziale di Andrea si appoggiano nuove soluzioni, tanto che il cambio di atmosfere è palese e tutto si fa di nuovo più aperto. Diversamente da Sator, però, più ampio anche come spettro. Il suono continuo del flauto khlui in “Gates Of Namathur” si fonde alla perfezione col resto, al quale dona un carattere magico ed ancestrale (altro aggettivo valido per i lavori di entrambi gli artisti). Sembra anche che i due calchino di più la mano quando si spostano sul versante noise, caratteristica che occorrerà tenere a mente per il futuro.
Nel corso di questi tre anni, come s’accennava, Andrea e Giuseppe sono passati a Malignant, ormai storica etichetta del dopo-industrial, e hanno trovato nuovi partner. Ad Altered Nights, di cui parleremo meglio in sede di recensione, partecipano Vestigial e New Risen Throne (due giovani italiani passati per Cold Meat Industry), ancora Freschi e Ferraris, più Pietro Riparbelli (K11), nome nuovo che – con diverse premesse – è finito su questi territori, ma ricevendo molta attenzione dai media “alternativi”.
Sarà difficile non utilizzare Hall Of Mirrors come pietra di paragone per quanto esce in Italia (e non solo) nel genere, merito della capacità di Giuseppe e Andrea di riunire in quella sala il meglio del proprio milieu artistico e di fagocitarne gli impulsi artistici.