HAAR, The Wayward Ceremony
Gli Haar da Edimburgo ci fanno subito sapere che a loro piace vestirsi a modo: logo realizzato dall’italiano View From The Coffin col suo riconoscibile stile “speculare”, copertina quasi baconiana firmata dall’attuale numero uno dei grafici metal, il rumeno Costin Chioreanu.
Per fortuna non badano solo alla superficie, dato che The Wayward Ceremony è un album black metal inscalfibile, bruciante e denso. La band è capace di creare atmosfere morbose come di aggredire (pur non andando velocissima), con una voce sempre abrasiva e mai ridicola. Gli Haar, nelle interviste, non nascondono le famose “influenze”: le trame più complesse rispetto al classico disco black lo-fi sembrano proprio – come dicono – l’eredità di ascolti come Ved Buens Ende e Deathspell Omega. Soprattutto i secondi sono quelli che percepisco, specie nei momenti più quieti e tristi, ma anche in quelli più ostili, perché le dissonanze chitarristiche sono molto vicine a quelle di Aspa e dei suoi. Come sempre, in questi casi, vince chi non si guarda troppo allo specchio perché sa suonare, e gli Haar sembrano esserne coscienti, perché anche in pezzi di dieci minuti non perdono mai la presa sull’ascoltatore, proponendo sì cambi di tempo e passaggi meno immediati, ma senza permettergli di distrarsi.
Il passo successivo per gli Haar potrebbe essere quello della definitiva interiorizzazione del sound dei gruppi che li hanno ispirati, così da riproporlo nel modo più personale possibile. Già così siamo bene, ma a questo punto è lecito aspettarsi ancora di più.