Mats Gustafsson: fuoco cammina con me
foto di Žiga Koritnik
La Fire! Orchestra presenterà in prima mondiale a Padova e Forlì il nuovo progetto Community Based Activity. In queste occasioni diventerà un concept che prenderà vita e forma nel territorio, attraverso l’interazione con i musicisti del luogo: grazie alla produzione di Area Sismica e del Centro D’Arte dell’Università di Padova avremo modo di infiammarci assieme a Johan Berthling e Mads Forsby (che ha preso il posto di Andreas Werliin) e ad un nutrito elenco di musicisti, molti dei quali abbiamo recensito e intervistato: Gabriele Mitelli, Stefano Pilia, Sara Ardizzoni, Valeria Sturba, Elio Martusciello, Fabrizio Puglisi e Jacopo Battaglia. Completeranno l’organico musicisti già presenti in altre versioni dell’orchestra (Susana Santos Silva, Mats Äleklint, Anna Högberg e Mette Rasmussen). I musicisti lavoreranno in residenza all’Area Sismica per allestire un repertorio scritto e pensato appositamente per questi due concerti. A dirigere la baraonda, a mettere ordine nel disordine, disordine nell’ordine, fuoco nel fuoco e caos nel caos, ovviamente Mats Gustaffson, con il quale abbiamo avuto uno scambio di e-mail di quelli che ti fanno ricordare perché passi il tempo e spendi energie nella musica, in un certo tipo di musica. Già le sue risposte sono potenti e libere come un live. Ricordo l’unica volta che ebbi modo di vederlo, parecchi anni fa ad uno Zu Fest al Tpo di Bologna: aprì in solo col baritono e spaccò tutto. Proprio come facevano e fanno band apparentemente lontane dal mondo di Mats, ma che vengono dalla sua stessa città: Meshuggah e Refused. Del resto Duke Ellington diceva che di generi ce ne sono due: la buona musica e l’altro genere. E poi, non fossero bastati l’energia ed il sincero trasporto che traboccano da ogni sua frase, leggetevi la sua ultima risposta. Visto che tra simili poi ci si intende, l’intervista è impreziosita dalle immagini del Maradona della fotografia, Žiga Koritnik. Insomma, siamo contenti. Ci vediamo a Padova (Centro d’Arte) sabato 20 novembre e al Teatro Dragoni di Meldola (FC) domenica 21: mi raccomando.
Sei di Umeå come i Meshuggah e i Refused. Ci racconti come sono la tua città di nascita e la sua scena musicale? Ho nominato queste due band perché mi pare che un certo tipo di roba pesante giochi un ruolo nel tuo background.
Mats Olof Gustafsson: Purtroppo sono andato via prima che Meshuggah e Refused iniziassero. Però la scena punk/DIY dentro alla quale sono cresciuto era grandiosa e ha gettato le basi per l’hardcore e il metal estremo a venire. Per me ogni cosa si teneva: free jazz, punk, hardcore e tutto il resto avevano a che vedere con energia e protesta, e attitudine DIY. Umeå è sempre stata una città grondante musica. Il club jazz era molto attivo e avevamo concerti una volta alla settimana. Stavamo sempre lì: ascoltando e scoprendo cose. Il club faceva molto free jazz e noi pensavamo fosse la norma (ride, ndr). C’era in giro una combinazione molto fertile di punk creativo e jazz moderno, così come interessanti performance artist e grafici. In ogni caso Umeå è proprio un bel posto dove crescere: la natura è splendida intorno, poi sei vicino alla Lapponia.
Quale è stata l’illuminazione che ti ha fatto dire “Ok, nella vita voglio suonare”? Ti sei orientato subito verso il free o è stato un cammino graduale?
Ho cominciato col punk/DIY. Sono finito presto nel campo del jazz e della musica improvvisata. Quindi sì, in un certo senso sono saltato dentro Brötzmann, Lacy, Borbetomagus ed Ayler prima di dare una chance al be-bop e al cool jazz (ride, ndr)! Il primo jazz rock (antecedente alla fusion) mi ha molto influenzato: la prima Mahavisnu Orchestra, Miles, King Crimson, Magma e altri. Era sempre e comunque una questione di energia. Era questo il mio parametro per farmi prendere da un sound e lo è ancora adessoì. Mi attraeva molto il suono del sax tenore dopo aver ascoltato dal vivo Sonny Rollins e Brötzmann su vinile. Lasciai perdere il flauto, ma adesso, dopo 25 anni di esperienza con sax ed elettronica, il flauto è tornato. Tempi entusiasmanti. La musica è stata una scelta facile, nel senso che non ebbi scelta. La musica ha preso iil sopravvento. Chiaro e semplice.
A novembre ci sarà la world premiere di questo nuovo progetto con Fire! Orchestra. Ce ne puoi parlare?
Volevamo creare qualcosa che per noi fosse una sfida, in cui l’esperienza degli ultimi dieci anni dell’orchestra ci aiutasse ad andare più in profondità. E anche qualcosa che potesse avere un significato da un punto di vista ambientale, logistico ed economico. Non ha senso far volare 20 scandinavi di città in città, giorno dopo giorno. Con questo nuovo concept possiamo stare in un posto e costruire nuove reti e relazioni con musicisti e curatori locali. È una vittoria completa per tutti. Soprattutto è grandioso connettersi alle scene locali più giovani e ricavare tutti un’esperienza. Su questo concept lavoreremo molto nel 2022 e nel 2023 su tutti i continenti.
Sei conosciuto come un ascoltatore appassionato, un diskaholics anonymous. Che ci dici della tua collezione di dischi? Quando e come hai iniziato? Cosa stai ascoltando di recente?
Dunque, è iniziato tutto presto: ero concentrato sul possedere ogni vinile di Little Richard quando ero davvero molto piccolo ed è andata avanti così, solo cambiando soggetto e prospettive di volta in volta. Ascoltare è essenziale, come lo è condividere le tue esperienze d’ascolto. Questa è ed è stata la mia Università: condividere è tutto. La mia collezione di dischi è la mia vita, i vinili sono i miei amici. Le cose continuano a cambiare, ce n’è bisogno. Il punto rimane sempre la ricerca. Ed essere curiosi di scoprire di più, perché c’è così tanta gran musica là fuori. Esserne ispirati. Non finisce mai. Ascolto qualunque roba mi prenda a calci culo e testa. Tutto il cazzo di tempo. Non cambia. Quando finisce la mia curiosità, finisce tutto. L’ascolto va a periodi, in modalità tossicodipendente. Ora ho un gran bisogno di immergermi nella musica etnica: Mauritania, Mali, percussioni coreane. Ah, la musica carnatica indiana con il Nadaswaram (uno strumento a fiato a doppia canna proveniente dal sud dell’India., usato come strumento classico tradizionale in Tamilnadu, Andhra Pradesh, Karnataka e Kerala, ndr). Amico mio, quella è rock’n’roll!
Il poeta norvegese Rolf Jacobsen scrisse “è finita l’era delle sinfonie”. Mi pare che questa frase in qualche modo rifletta lo spirito del tempo, anche da un punto di vista musicale, e che rifletta pure, se esiste, qualcosa dello spirito dei musicisti scandinavi. Sbaglio?
L’era delle sinfonie è appena iniziata! Fanculo la cultura scandinava. Fanculo quella austriaca. Fanculo quella italiana e quella statunitense. Fanculo i nazionalisimi. I fondamentalismi, i sessismi, i razzismi. Fanculo tutto questo. Non vuol dire un cazzo da dove vieni. Quando si suona insieme, l’unica cosa che conta è chi sei e perché fai certa musica. E come suoni insieme alle altre persone. Condividendo tutto. Nessuna musica è finita, né le sinfonie né altra merda. Mai! Nulla finisce. Solo odora diversamente. Fallo ripartire. Tienilo vivo! Vivo!
Il tuo primo ricordo musicale?
Nessuno me l’aveva mai chiesto (ride, ndr)! Sai cosa? Non lo so. Nessuno in famiglia suonava strumenti, ma c’era sempre musica sul giradischi. Mi piaceva guardare la puntina trovare la sua strada lungo i solchi. Uno splendido viaggio meccanico e musicale. Potevo stare seduto per ore a osservarlo. Ero molto attratto da Little Richard, forse sin da quando avevo sei anni e amavo le sezioni di sassofono sulle Specialty Sessions. È stato il vero punto di partenza.
Che qualità deve avere la musica per suonare bene nelle tue orecchie?
Definisci “musica”. Definisci “bene”! Dipende tutto, ovviamente. La musica però non deve essere fatta per intrattenimento, non è un background.
“La musica è seria quanto la tua vita” (Val Vilmer)
“La musica è come vivere. Ma meglio” (Derek Bailey)
La grande musica è musica che sfida le regole. La musica non è pensata per piacere.
Musica italiana: dischi, scene, musicisti che apprezzi.
No amico mio, non farmi questo! Allora, che posso dire: sono tanti, troppi i nomi! La vostra è una delle culture più fantastiche quando si parla di musiche radicali.
Mario Schiano! Gaslini! Sebi Tramontana! Russolo! Area. Zu! Massimo Pupillo! Virginia Genta, Stratos! Alessandro Bosetti, Giacinto Scelsi, Donatoni, Evangelista, Morricone, Battiato, Paolo Castaldi, Gruppo Di Improvvisazione Nuova Consonanza, Roberto Cacciapaglia, Nono. Cazzo, adoro l’approccio italiano. Tutte le cose al confine tra sperimentazione, hc/punk e free jazz. Musiche creative ovunque. E se parli di scene, che cosa può esser meglio e più creativo di Area Sismica? E la gente di Padova (immaginiamo si riferisca al Centro d’Arte di Padova, ndr)! Sì, cazzo! Anche grandi negozi di dischi e pure del buon calcio (ride, ndr)!
Quando si arriva a cibo e bevande nessun altro posto può competere. Sono serio: è importante! Una bella grappa di Barolo può davvero cambiarti la vita.
Hai collaborato con molti musicisti. Collaborazioni possibili o impossibili? Le collaborazioni funzionano sempre?
Tutte le collaborazioni vanno tentate. Alcune fanno schifo. Alcune funzionano. Impari lungo la strada. Niente è impossibile, ma alcune cose sono difficili, complicate. Impari dagli errori. È essenziale, cruciale. In ogni caso adoro provare. L’unico modo per poi conoscere e imparare.
Lo so, siccome sei vinile-dipendente è assurdo, ma per favore nominami 5 o 10 dischi della tua vita e raccomandaci qualche gemma sconosciuta.
Impossibile! Troppi. È crudele solo 5 o 10, e scorretto. Potrei avere il mio primo attacco di panico. La ricerca è tutto. E la strada, il percorso che prendi è molto più importante dell’arrivo. Ciò che trovi sta lungo la strada. Rimani curioso!
Roscoe Mitchell ha detto che il silenzio è perfetto così com’è e che devi essere cauto se vuoi romperlo.
Il silenzio è l’essenza della vita. Roscoe Mitchell è un uomo e un artista con una grande comprensione delle cose. Nel silenzio c’è tutto. Tutta l’energia, tutte le direzioni, le prospettive. Tutto è silenzio. Il silenzio è l’essenza della vita.
Prossima reincarnazione: non puoi essere nuovamente musicista. Cosa scegli?
Uno scaffale di dischi.