Guido Catalano e “Smettere di fumare baciando”
Perché parlare di poesia in un magazine di musica molto attento a generi e sottogeneri non alla portata di tutti? Per due motivi: il primo è che la poesia, nell’ambito dell’arte letteraria, è quella figlia “minore” di cui non tutti parlano ma che c’è ed ha una sua “scena”. Il secondo è che Guido Catalano viene dalla musica e nel tempio della musica ama portare la sua poesia. Un vero e proprio tour nei live club più importanti d’Italia dove la musica non c’è, in questo caso, ma il ritmo non manca e dove c’è un palco, ci sono dei fari puntati, un’asta e un microfono, una scenografia minimale ma pensata come se fosse un concerto, un tavolino con i libri, come se fosse un leggio, e poi Guido Catalano che entra, declama, parla con il pubblico prima, durante e a fine spettacolo, e cita anche canzoni. Potrebbero sembrare tutti dei motivi per giustificare la presenza di questa intervista ad un poeta in un magazine musicale ma in realtà non lo sono, perché se The New Noise esiste per rompere certi schemi nel mercato discografico, nell’ascolto della musica in senso ampio, per fare controcultura, possiamo parlare anche di poesia e musica insieme. E con Guido Catalano è stato semplice, soprattutto dopo quella data di esordio del tour all’Hiroshima Mon Amour che è servita a rompere il ghiaccio dopo sei anni di silenzio in versi, e anche a far varare la barca che è poi salpata dalla sua città, Torino, alla volta di un viaggio lungo tutto lo stivale nei live club.
Un tour nei live club per presentare un libro di poesie. Come mai?
Io vengo dalla musica, ho iniziato tantissimi anni fa cantando in un gruppo e scrivendo i testi. Cantavo male, menomale che ho smesso. Però scrivevo dei testi interessanti e piano piano si sono trasformarti, quando l’esperienza musicale è finita, in poesie. Sappiamo che la poesia e la canzone sono cose diverse, ma secondo me sono cugine. Cugine abbastanza intime. È chiaro che il testo di una canzone ha bisogno della musica, invece il testo di una poesia no. Dovrebbe avere la musica dentro, il ritmo e la musica. Io ho iniziato così, avevo circa 18 anni, però ho continuato a lavorare con i musicisti, anche quando facevo i reading di poesie, sia cantautori che musicisti in senso di strumentisti. E i luoghi in cui si fa musica sono i miei preferiti, mi piace molto esibirmi a teatro, ci mancherebbe, però negli anni sono andato al Monk, al Locomotiv, all’Alcatraz di Milano, quindi posti dove normalmente si suona e dove io mi trovo naturalmente bene. Probabilmente per questo mio amore iniziale per il mondo musicale. Mi trovo bene anche nei teatri e all’aperto, però il club mi fa stare particolarmente bene, e anche l’atmosfera che si crea con il pubblico.
Il tour sta andando bene, il libro anche. Visto che questo è un magazine di musica, possiamo parlare di libro di platino?
(risate, ndr) Per un libro di poesie raggiungere il platino non è facile, anche se ho dei numeri piuttosto alti rispetto alla media di vendita dei libri di questo tipo, che come puoi immaginare è basso. Non so ancora niente, perché il libro è uscito da neanche due mesi, e quindi non ho dati. Mi auguro che stia andando bene. Per quanto riguarda il tour, fatto per lo più nei club appunto, un oro glielo darei sicuramente, forse anche il platino. Nel senso che il pubblico ha risposto veramente molto molto bene, anche nei luoghi per me non tipici, intesi come città in cui non ero mai stato, è sempre venuto molto pubblico. E hanno comprato molti libri, quindi c’è stata una bella risposta. Spero stia succedendo anche nelle librerie. Però sì, sono contento.
Sei una di quelle persone che scrive ascoltando musica? E solitamente cosa ascolti? E nel caso di “Smettere di fumare baciando” c’è stata una colonna sonora specifica?
Sono a due livelli, io la musica la ascolto da quando sono sveglio, praticamente. Quindi l’ascolto sempre. Quando scrivo mi piace ascoltare cose di cui non capisco le parole, altrimenti mi confondo, e tipicamente in inglese o anche musica strumentale. Però sono anche un grande appassionato di cantautori italiani, più classici diciamo che attuali, e in realtà mi ispirano molto. Nelle mie poesie cito moltissimo la canzone, da De Gregori a Cocciante a De André, Guccini, anche “Maledetta Primavera” della Goggi. Anche in quest’ultimo libro ci sono molte citazioni, quindi mi ispira in quel senso lì, ma quando scrivo devo non ascoltare troppo, non capire troppo. Ascolto in maniera molto caotica, Rock, Hard Rock, ma in questo momento sto ascoltando Springsteen, per dire. Non ascolto il Jazz, ad esempio. Una delle ultime date, quella di Taranto, era in un bellissimo Jazz club dove non ero mai stato e il gestore (Alessandro Napolitano, di Stazione 37 ndr) mi ha chiesto se ascoltavo il Jazz e gli ho detto “no, il jazz non tanto”.
Nel corso della tua carriera hai pubblicato sempre con una certa cadenza, poi questa lunga pausa di sei anni e la pubblicazione di “Smettere di fumare baciando”, anche se hai comunque lavorato ma non ai tuoi libri. Com’è stato questo lungo tempo passato in assenza dei tuoi libri?
Inizialmente è stato naturale. Credo che per quanto riguardi me e la poesia, questa debba arrivare, non la cerco. Non è che mi metto lì a dire: “adesso è da un po’ di anni che non faccio libri di poesie, devo scriverne uno”. A questo giro sono passati tanti anni (è un mio record). Dopo il libro “I cani hanno sempre ragione” uscito nel 2000 ne ho fatti altri di poesia, perché ne ho fatto anche di non poesia, ma non era mai passato così tanto tempo, sei anni. Quindi all’inizio me la sono vissuta abbastanza con tranquillità, perché so che funziona così. Ma quando questi anni stavano iniziando a diventare tanti, per fortuna si è riaperto il passaggio magico da cui arrivano le poesie, per cui sono contento perché non è mai scontato. Magari un giorno succederà che non scriverò più poesie e questa cosa mi rattristerà. È vero che si può scrivere anche altro o fare altro in generale, però questi sei anni iniziavo a sentirli anche per il fatto che è molto collegato al live. Sono andato anche in giro con i romanzi per proporli, però c’è la classica presentazione con il giornalista, lo scrittore, che ti fa da intervistatore, e questa non è una cosa che mi piace particolarmente, peraltro non la fai nei club ma nelle librerie o in posti più adatti. Oddio, ho fatto presentazioni di libri o romanzi anche nei club ma, appunto, è diverso. Per me è importante tornare al pubblico con delle poesie nuove, come con un disco nuovo se vogliamo fare il paragone con i musicisti. È come se non avessi fatto un disco per sei anni e ora chiaramente è tornato.
Ma infatti nella data di Torino, a cui ero presente, mi è sembrato di assistere ad un concerto, in particolare di un cantautore. C’era quell’intimità che si respira quando c’è un concerto, nonostante il pubblico fosse numeroso, è che non vedo quando c’è la classica presentazione di un libro ma in un posto decisamente più piccolo che dovrebbe presupporre intimità. Invece l’ho respirata di più nel grande club con un sacco di gente.
Uno dei motivi per cui per me è fondamentale la poesia infatti è questo. Ho iniziato, a parte quella parentesi di concerti di cui parlavamo prima, a leggere le poesie in pubblico prima di fare libri, perché per me l’atmosfera, il rapporto fisico con il pubblico davanti è fondamentale.
In “Smettere di fumare baciando” si parla d’amore come salvezza. A me è subito venuto in mente “Love will tear us apart” in cui l’amore ci farà a pezzi. Mi è sembrato quasi il lato B del singolo dei Joy Division.
Di base l’amore è una salvezza ma può farti anche a pezzi, abbiamo ragione entrambi. L’amore è una cosa delicata ma anche pericolosa alle volte. Chi ha sofferto d’amore in maniera pesante sa benissimo che può essere un trauma da cui è difficile riprendersi, senza poi arrivare agli estremi dell’amore violento che purtroppo esiste dell’uomo contro la donna, che poi non è amore chiaramente ma pazzia e possesso, e violenza allo stato brado. Tra l’altro, nel mio ultimo libro “Ogni volta che mi baci muore un nazista”, do all’amore, al bacio, addirittura un potere diciamo sovrumano. Esagero sapendo di esagerare però ci credo molto, in questo momento della mia vita sono felice, sono felice in amore ed è una cosa fondamentale per il mio equilibrio totale.
Quindi non sei uno di quegli artisti che deve soffrire per poter scrivere?
Questa è una domanda molto azzeccata perché lo sono stato. La maggior parte dei libri, di poesie intendo, compreso quello del nazista sono pregni e ricchi di sofferenze amorose, mentre questo libro l’ho scritto, per la prima volta probabilmente, in uno stato sentimentale sereno. Quindi, forse uno dei motivi per cui le poesie sono arrivate con più calma era questo, che per la prima volta mi sono trovato in una lunga situazione di serenità amorosa. Però è un bene che uno riesca a scrivere anche in quella situazione, altrimenti diventa un paradosso il dover soffrire per scrivere, e allora non so cosa valga la pena.
Solitamente sei una persona ironica ma in questo caso non lo sei nell’affermare che l’amore ci salverà?
Non sono ironico anche se ci credo al 70%. So benissimo che l’amore non basta e alle volte può anche funzionare al contrario, può fotterci. Quindi è una cosa delicata. Per quanto mi riguarda mi ha salvato più volte, anche in questo periodo non facilissimo che stiamo vivendo tutti da qualche anno, avere una fidanzata che mi ha aiutato “nella buona e nella cattiva sorte” come si dice. Ecco, nella cattiva sorte avere qualcuno che ti tiene stretto nei momenti difficili è fondamentale, a mio parere, pur essendo una persona anche molto solitaria. Sono un figlio unico abituato alla solitudine e vivo molto bene anche da solo, però è importante, sì.
A proposito di umanità in questi ultimi due anni. In questo tuo ultimo tour che tipo di umanità hai incontrato?
È un pubblico selezionato, non che lo faccia io ma lo fa da sé, quindi è gente che nel momento in cui la incontro esprime gioia e si crea un rapporto veramente d’amore. Secondo me un rapporto tra artista e pubblico, quando tutto funziona, è qualcosa di molto molto legato all’amore, addirittura al sesso in alcuni casi. Ho trovato gente felice, però felice in quel momento lì, anch’io lo ero. Io leggo una poesia durante lo spettacolo “ansia galoppante” e quando la leggo chiedo al pubblico come stanno messi ad ansia, ed è anche divertente come situazione, ma la gente quando si parla di ansia esprime la propria ansia e in più stiamo vivendo un periodo di ansia per molti motivi.
Domanda difficile che faccio anche ai musicisti riguardo ai dischi. Nel loro caso in media sono dieci brani a lavoro, qui si parla di oltre 100 poesie. Ci sono un figlio o una figlia preferiti oppure sono tutti uguali?
In effetti per un libro di poesie non è usuale, io faccio libri di poesie molto grossi. Se tu ci pensi, se vai a vedere in libreria, parlando di poeti viventi, spesso le raccolte inedite di poesie sono di 40 – 50 poesie, io ho fatto il penultimo da 160, questo da 107. Se fossi furbo con 107 poesie farei due libri da 53, oppure nell’altro avrei potuto farne addirittura tre, però non mi trovo così. Quindi, chiaramente in tutti i libri di poesie ci sono alcune che ritengo più riuscite. Me ne accorgo spesso più avanti, leggendole in pubblico o per conto mio, e chiaramente ce n’è più di una. In particolare è quella che ho messo nell’ultima di copertina, molto breve, anche perché non ci sarebbe stata, e si intitola “Tu sei una”, ed è una poesia che ho dedicato alla mia attuale fidanzata. Una poesia secondo me piuttosto riuscita, ma ce ne sono tante altre, anche quella dell’ansia. È divertente, si presta molto alla lettura pubblica. E poi c’è anche questa dicotomia, ci sono poesie che si prestano alla lettura pubblica e altre no, parlando delle mie. Quindi alcune funzionano lette personalmente e altre più lette in pubblico.
Ti è capitato di cambiare scaletta da spettacolo a spettacolo?
Sì sì, dalla prima che ho fatto all’Hiroshima fino ad oggi ho cambiato, ma questo succede sempre perché non so mai come andrà, quindi parto da una scaletta e spesso alla fine del tour non dico che ce n’è una totalmente diversa ma metti che ci sono venti poesie, diciamo, che leggo la prima volta, cinque sono diverse. Una cosa del genere. E poi, soprattutto in una situazione di questo tipo, mi piace anche provarle. Io so che in quelle 107 ce ne sono, dico numeri a caso, trenta, quaranta che si possono leggere in pubblico. E mi è anche utile provarne di nuove su pubblici diversi, non riesco mai a provarle tutte, ovviamente. Dovrei fare 100 date o un reading di tre ore (risate, ndr), poi diventa un po’ pesante per tutti.
Domanda un po’ marzulliana, forse anche banale ma magari non tutti ci pensano: com’è scrivere poesie, oggi?
Per me non è diverso da ieri, perché le scrivo da venticinque anni, più o meno. Ti posso dire com’è cambiata la poesia, oggi. Quando ho iniziato eravamo pochi, in Italia, a fare questa roba. Non c’era il poetry slam, che ha dato una bella botta positiva al movimento, ma soprattutto l’idea di pubblicare, ai tempi, con una grande casa editrice di poesie era fantascienza. Un ruolo lo hanno avuto i social per la condivisione della poesia. E in questi anni se tu vai in libreria, la zona poesia che una volta era relegata spesso al sottoscala adesso mi sembra che sia aumentata, proprio di spazio. E soprattutto vedi poeti e poetesse giovani, o semi giovani, che pubblicano anche per case editrici grosse, o anche meno grosse, ma comunque sia mi pare che la poesia stia meglio. Non che la qualità aumenti in base alla quantità, però succedono cose. C’è un pubblico, e non parlo solo di me che lo faccio ormai da tanti anni. Tra poetry slam e altri miei colleghi che vanno in giro e fanno i reading di poesie, con la musica o senza, c’è un movimento piuttosto ricco secondo me, e questa è una buona notizia.
Immagino tu abbia partecipato ai poetry slam, non da pubblico ovviamente.
Sì sì, ne ho anche organizzato parecchi ai tempi. Stiamo parlando di dieci, quindici anni fa qui a Torino insieme ai miei amici, e andavano benissimo, tra l’altro. E tuttora, quei miei amici sono lì, organizzano ancora adesso. Chiaramente il poetry slam era un ottimo modo, e lo è ancora oggi, di andare magari in posti dove normalmente non andresti. Ora faccio i tour ma ai tempi andare a Bologna, Roma, per leggere le poesie grazie al poetry slam funzionava molto e mi permetteva anche di farmi conoscere e di divertirmi, perché è molto divertente da fare che da vedere.
Quindi è lo strumento migliore per diffondere la poesia, oggi?
Non è il migliore. Intanto è un tipo di poesia che si basa sulla performance dal vivo, quindi da quel punto di vista lì è un mezzo ottimo, anche perché il pubblico si diverte. C’è questo escamotage della gara, che è finta nel senso che ci si crede fino ad un certo punto, però è un format semplicissimo e divertentissimo che consente soprattutto ai giovani poeti e poetesse di provare le proprie poesie davanti ad un pubblico, posto che non è obbligatorio provarle davanti ad un pubblico. Però se ti piace quella roba e ritieni di avere poesie che funzionano allora è un ottimo modo.
È previsto il tour nei club invernale? Cosa succede nell’immediato futuro di Guido Catalano?
A proposito di musica, quest’estate continuerò questo tour con un musicista, una cosa che non faccio da un po’ di anni, anche a causa del Covid, naturalmente. Quindi avrò questo amico con cui ho già lavorato tantissimo in passato, Matteo Castellan, un ottimo pianista e fisarmonicista. E faremo queste date estive, naturalmente all’aperto. Sono molto contento di poter di nuovo lavorare con lui in particolare ma in generale metterci anche un po’ di musica, che è la cosa che mi piace. Poi farlo con questo libro proprio perché sono stati sei anni di attesa e andare avanti nell’autunno e inverno prossimo, essendo partito a cavallo tra fine inverno e inizio primavera. E poi chi lo sa… una cosa che non mi dispiacerebbe un giorno, rimanendo in ambito musicale, è scrivere dei testi per un cantante. È già successo che qualche cantante tentasse di prendere una mia poesia e farla diventare un testo di canzone ma è una cosa che funziona così così perché, come dicevamo all’inizio, la struttura della poesia e della canzone sono cose diverse. Non mi dispiacerebbe trovare un giovane Lucio Battisti con il bisogno di avere testi perché, per dire, se io propongo un testo a Brunori mi risponde che se li fa da solo, giustamente.
C’è qualcuno in particolare per cui faresti questa cosa? Al di là del fatto che possa scriverli da sé.
Beh, lo farei per Brunori, Dente, Levante, Madame che mi piace molto, lo farei volentieri. Però, appunto, mi vergognerei a proporlo. In realtà funziona che i cantanti, anche autori, ad un certo punto hanno bisogno di testi di canzoni, alle volte, è un’idea un po’ così però sarebbe divertente.
E se invece dovessi musicare il tuo libro “Smettere di fumare baciando”?
Ci metterei dell’Hard Rock, anche se in quel libro ci sono De Gregori, Califano, Loretta Goggi, Guccini. Insomma, poi alla fine c’è più cantautorato che altro, il che va bene, ci mancherebbe.