GRONGE, Tiziana Lo Conte e Marco Bedini
Questa non è un’intervista qualsiasi, nel senso che scorrendo le lunghe risposte iniziali si fa particolare ordine in una band che ha avuto una storia lunga e complessa, giunta all’episodio che vi abbiamo raccontato pochi giorni fa. Ringraziamo per questo Tiziana (che ha abbandonato anni fa il gruppo per altri progetti) e Marco, che di fatto ci forniscono un resoconto dettagliato di una fetta importante di storia della musica alternativa italiana. Alternativa per davvero, poi; una proposta, la loro, che ha spesso fatto a pugni con le convenzioni e con certe pose snob. E allora, all’epoca di Videomusic e del dominio imperante delle immagini, c’era già il rock vagamente dadaista e teatrale della band romana, che ha seminato parecchio e raccolto meno, purtroppo. La ristampa di Cremone Gigante… pone rimedio e consente di meglio definire una realtà vicina agli esperimenti migliori della musica popular italiana. Un mondo peculiare, il loro, che riesce a rimanere sempre attuale e che fa riflettere su cosa davvero sia importante per un artista. Gli ingredienti principali sono: attitudine, creatività, determinazione e un pizzico di follia. Buona lettura…
Ciao Tiziana e Marco. Prendiamo a prestito l’uscita di Cremone Gigante X Soli Adulti per ripercorrere la storia dei Gronge. Vi va di fare un riassunto della parabola artistica della band?
Tiziana Lo Conte: I Gronge si formano nel 1985 dalle ceneri dei Kapò Koatti. Il gruppo è strutturato in questo modo: due voci, io e Simone Simonelli, Alessandro Denni alle tastiere, Marco Bedini alla batteria, Pierfelice Finocchi al basso e Fabrizio Carli alla chitarra. Si arriverà presto alla formazione Gronge con me, Marco Bedini alla batteria, Sandro Denni tastiere, i tre fondatori ufficiali.
Il gruppo si caratterizza subito per i testi fuori dagli schemi: è di questo periodo la prima versione di “Graffiti”, che riprende le scritte sui muri per adattarle a testi di canzoni, dopo vari concerti accompagnati da performance teatrali, proiezioni, azioni sceniche, e naturalmente la musica. Nel lontano 1985 si entra in studio per registrare Classe Differenziale, che diventerà un demotape semi ufficiale, ristampato nel 1989 su vinile in tiratura limitata dalla Inisheer, etichetta torinese a cui fa capo Stefano Giaccone dei Franti. Gli eventi che seguono nel 1986, e che legano il gruppo ai centri sociali e alle realtà antagoniste, lo porteranno a suonare davanti ai cancelli del Forte Prenestino mentre venivano abbattuti per iniziare una mitica occupazione che dura ancora oggi.
Si entra di nuovo in studio per registrare Fase Di Rigetto, acclamato debutto su lp, che ci farà ricordare come i primi a fare auto-produzione a Roma, insieme a Bloody Riot e Carillon Del Dolore. Le atmosfere industriali senza chitarra, il basso in evidenza e la voce al limite del recitato ci pongono da subito tra quelle band incatalogabili che sfuggono a ogni definizione e risultano decisamente avanti per i tempi. Ancora nel 1986, con l’apertura di tanti centri sociali, seguono innumerevoli concerti da nord a sud e nelle isole.
Il 1987 è un anno importante per i Gronge: Michele Frammolini entra in formazione alla chitarra e si stringono varie collaborazioni con diversi musicisti della scena romana, primi fra tutti i Move, gruppo post-punk dell’artista e poeta Marcello Blasi, con i quali realizziamo uno split album, “Gronge & Move”, e andiamo in tour in Francia e Olanda. Ci sono poi collaborazioni con diversi altri musicisti, tra cui i Passage Four, Alex Rolfi e altri, per un progetto musicale a favore della Palestina poi rimasto inedito e una collaborazione con Amen (fanzine milanese) per uno speciale sulla legge 180 e la condizione dei malati nei manicomi, che comprende la realizzazione di un lp compilation con diversi gruppi. Noi partecipiamo con tre brani e la confezione di questo, ormai pezzo raro, si presentava all’epoca con una gabbia metallica per copertina, un corposo libro a misura d’album e picture-disc. La formazione è la stessa di Gronge & Move. Questo album verrà pubblicato nel 1988 con il titolo La Nave Dei Folli. Arriviamo alla primavera del 1988, a Roma era ormai consolidato il fenomeno delle occupazioni, e si dava vita a un sacco di posti ormai in disuso. Al ritmo di uno o più spazi occupati a settimana c’era la possibilità per molti gruppi, romani e non, di riempire un calendario di concerti fino a quel momento non proprio vivace per la Capitale e soprattutto a costi decisamente popolari. I Gronge superstiti sono Tiziana, Marco, Trick, Alessandro e Inke, ma sono alla ricerca di nuovi musicisti, così pensano di contattare Paolo Taballione. Quindi, dopo un primo incontro fissato in un’osteria, Paolo, già coi Carillon Del Dolore e il batterista/polistrumentista Massimiliano Di Loreto furono presi in formazione. C’è quindi una fusione tra le due band. La sintonia è immediata e dopo tre/quattro mesi di serratissime prove e qualche concerto, mitica è la prima esibizione della nuova line up al centro sociale “La Scintilla” al Laurentino 38. I Gronge erano pronti ad entrare ancora in studio nell’autunno del 1988. Con la collaborazione del tecnico del suono Flaviano Pizzardi dei Passage Four, cominciano le registrazioni di un disco tanto bello e creativo quanto complicato nella sua realizzazione e conseguente pubblicazione. Si inaugura il nuovo corso scegliendo, oltre a nuovi collaboratori al banco di registrazione, anche lo studio di Luigi Piergiovanni, boss dell’etichetta Interbeat, che si era interessato al progetto cominciando così un nuovo sodalizio.
Come detto, ci affidiamo all’Interbeat di Piergiovanni, etichetta fuori dal circuito rock alternativo ma con, a detta del boss, buone possibilità di distribuzione. I Gronge, a dispetto del loro carattere estremo, vogliono avere il massimo della visibilità e si affidano quindi alle rassicurazioni di Piergiovanni.
L’etichetta prende accordi con un distributore che, si saprà poi, era sudamericano e pareva avere ottimi agganci, e poteva garantirci una distribuzione che copriva l’ambito più “rock” dal quale noi provenivamo, ed anche altri canali fino a quel momento a noi preclusi. Fra attese, promesse e palesi prese in giro passeranno però due anni… Per il resto del 1989 i Gronge continuano a macinare concerti e prove. Il tecnico del suono, Alessandro Bedini, è un membro stabile del gruppo e partecipa a tutte le prove, si pensano concerti visivamente più ricchi, con due persone che curano il light show, e cominciano ad avvicendarsi diversi performer.
La line up è dunque particolarmente affollata in quei giorni: Alessandro Denni, tastiere e campionatori, Inke Kuhl, sax , violino e voci, io voce solista, Fabrizio “Trick” Sibilia, percussioni industriali, Marco Bedini, batteria e percussioni, Paolo Taballione, chitarre e voci, Massimiliano Di Loreto, percussioni e batteria, Roberta Strano e Patrizia di Meo, luci, Letizia Palamara, costumi, Mario Belloni, voci.
I Gronge hanno un disco bloccato che non riescono a far uscire per beghe fra etichetta e distributore, ma la loro dirompente creatività non si ferma. Il resto è storia.
Marco Bedini: Il percorso artistico della band nasce nei quartieri dormitorio romani, altrimenti noti come borgate, le più vecchie (come il Quarticciolo di “pasoliniana” memoria), che oggi come allora erano abitate da un’umanità emergenziale sempre costantemente dedita e protesa alla svolta della giornata, il cosiddetto colpo gobbo di leggendaria memoria. “Borgata Boredom” è il contenitore in cui si cerca di riassumere oggi il contributo “artistoide” della città all’insofferenza quotidiana. Scatola abbastanza variegata dalla quale i Gronge per un caso buffo del destino, o per ignoranza premeditata, sono stati esclusi.
Il quadrante est della città è il primo passo dal quale, attraverso i vari “Centocelle city-rockers”, si svilupperà quella fitta rete di contatti e comunicazioni con l’assurdo presente che condurrà questo drappello di insoddisfatti perenni a cercare la musica e le parole con le quali varcare le soglie di una realtà piatta e grigia come l’encefalogramma di un ragioniere… La realtà è di volta in volta uno spazio sociale occupato, una comunità di recupero, un assalto a una centrale nucleare/musicale (mi vengono in mente Montalto di Castro, oppure un campeggio internazionalista, o un locale Arci in provincia di Gela…).
Il veicolo, le musiche e le atmosfere, dall’industrial al movimento panico ─ da Marcel Duchamp agli ultrà della curva ─ e sul palco (zolla in navigazione ultragalattica…) proiezioni di clip cyberpunk, ma soprattutto la meravigliosa incoscienza di far parte di un meccanismo a volte crudele e a volte comico, un congegno che portato alle estreme conseguenze ci avrebbe in seguito impedito di morire. Continua…
Restiamo nel passato: voi avete pubblicato in regime di autoproduzione e per altre etichette. Ci raccontate di come sono stati i rapporti con alcune di queste? Alludo anche a quello con la Wea…
Marco Bedini: Ovviamente il viaggio intergalattico proveniente dalle borgate periferiche dell’est romano sente rapido il bisogno di produrre e distribuire mutazioni di rotta, in conseguenza della incredibile fecondità creativa che, forte delle cinque/sei prove settimanali, sforna molti brani (composizioni, concept album, sonorizzazioni…). Si cercano le famose mitiche etichette che, pur in tempi propensi, non esitano a rivelarsi contenitori vuoti. Si passa quindi all’autodistribuzione, credo secondo, massimo terzo esempio di sempre sul territorio italico, prima di noi solo Area e Franti. Strada facendo, come direbbe il “manichino” Baglioni, si arriva a incassare una distribuzione Wea con l’ormai storico Teknopunkabaret attraverso un contratto all’epoca in scadenza del nostro pigmalione Piergiovanni. L’album viene distribuito in numero di millenovecento copie (esaurite da sempre…), ma tutto finisce lì, come direbbe il manichino Ligabue.
Una fine che è solo l’inizio, come Escher comanda, e infatti ora si materializza un Cremone Gigante X Soli Adulti del 1989, inedito, stampato e distribuito dalla On Records Japan, neonata etichetta gestita dal piccolo guru Leonardo Marrone, nato a Roma ma di stanza in Giappone da oltre dieci anni. Naturalmente bisogna tenere in considerazione le cose uscite per Interbeat come Coniglio Nazionale o il “creative commons” di Dolci Ricordi, tanto per avere il quadro chiaro delle tante iniziative intraprese con l’unico scopo di distribuire il nostro inesauribile catalogo.
Avete vissuto pause piuttosto lunghe tra una pubblicazione e l’altra. Immagino che avevate altri impegni: famiglie, progetti collaterali…
Tiziana Lo Conte: Se ti riferisci al nucleo originale della band, in realtà non ci siamo presi nessuna pausa per i motivi da te menzionati. In più era impossibile avere impegni famigliari oppure progetti paralleli, non ne avevamo il tempo, quindi non vi era nessuno spazio per figli, mariti o distrazioni di ogni altro genere.
Marco Bedini: Ognuno a questo proposito parla per sé. Certo, chiaramente lavori, figli, progetti collaterali, ma soprattutto un sano odio verso la concreta possibilità, quella sì molto carezzata, di diventare “factory warholiana”, passando attraverso una gestione collettivista e finendo per ritrovarci con un ensemble di parrucchieri/idraulici/smistatori di posta/impiegati comunali e addetti ai servizi sociali con molto da ricordare. Versione della sopravvivenza, questa, che personalmente non mi ha mai interessato, e infatti continuo a girare con il nome Gronge con altri protagonisti come un ragazzino di cinquantatré anni che gioca al calcio con la maglietta di Totti.
Anche la line up della band ha subito parecchi cambiamenti nel tempo. Tutto ciò era solo frutto di disaccordi interni o c’era la continua ricerca di rapporti nuovi con musicisti diversi?
Tiziana Lo Conte: Suonare con i Gronge era un impegno difficile. Il tempo richiesto per le prove era praticamente totale, provavamo sette giorni su sette, dalle quattro/cinque ore al giorno. Per noi la prova era “laboratoriale”, di conseguenza non eravamo interessati a musicisti “dopolavoristi”, sostenere un impegno così assoluto era una prova di resistenza e chi la superava era parte della band.
Marco Bedini: Collettivo dalla connotazione sempre tesa verso l’impegno sociale/assemblea del disagio/riunione psichica permanente/teatro immaginario affollato di protagonisti che entrano ed escono, spesso senza preavviso e poi ritornano, mai per sempre… Il dato saliente di Gronge è che per ogni new entry si riadattava il repertorio e questa caratteristica finiva ovviamente per alimentare la nostra imprevedibilità.
Con voi hanno suonato pure Luca Mai e Massimo Pupillo degli Zu, se non sbaglio…
Tiziana Lo Conte: Non sbagli, hanno suonato con me nell’ultimo periodo. Rispetto al nucleo originario ero rimasta soltanto io, i Gronge finiscono quando decido di lasciare definitivamente quelli che poi sarebbero diventati gli Zu. Il resto è storia attuale.
Marco Bedini: Sì, tutta la line up dei leggendari Zu ha iniziato come membro effettivo dei Gronge.
Chi c’è dietro la On Records Japan? Ci saranno altre uscite, vero?
Marco Bedini: Dietro, davanti e di lato c’è, come già accennavo, solo Leonardo Marrone, giornalista (Blow Up…) e insegnante d’italiano in Giappone, cultore di bellezza e di musica, in particolare con attenzione alta verso la musica “altra”. Sì, sono già in uscita altri “capolavori semisconosciuti” e dimenticati di Fausto Rossi, The Colla, Sandro Oliva & The Blue Pampurios.
Mi dite come vi sembra la musica underground italiana oggi? Conoscete ed apprezzate (o odiate anche…) qualcuno in particolare? E soprattutto, quali differenze (estetiche, generazionali…) ci sono tra loro e voi?
Tiziana Lo Conte: La domanda è complessa. Per quanto mi riguarda apprezzo molto la scena musicale attuale italiana, ma quella strettamente legata alla ricerca e all’improvvisazione, a tal proposito Roma esiste una realtà musicale d’improvvisatori molto radicale. Non sono assolutamente interessata alla scena “indie”, queste forme di finto folk omologate non mi interessano. Mi capita spesso di confrontarmi con musicisti giovani, o relativamente giovani, e scopro con stupore che conoscono perfettamente i Gronge, anzi ne parlano come figure fondamentali per la loro musica, da quello che raccontano capisco realmente l’importanza della band e di quello che ha seminato in questa città.
Marco Bedini: La domanda potrebbe richiedere alcune settimane per la risposta, nel caso che ne servisse una esauriente. Per risolvere in breve la questione posso dire che a me personalmente questi anni ricordano molto da vicino gli Ottanta: depressione generale, molto fermento musical-culturale sotterraneo, le differenze generazionali sono importanti se le consideri tali, e comunque da questo punto di vista Gronge risulta abbastanza equilibrato, essendo composto in questo momento storico da due trentenni e da due cinquantenni.
State già suonando dal vivo mi pare. Continuerete ad andare in giro per l’Italia?
Tiziana Lo Conte: Come accennavo, io non faccio più parte del nuovo nucleo dei Gronge, la mia esperienza con loro si è conclusa da molti anni.
Marco Bedini: Smetterò di girare, forse, all’obitorio, ma Gronge non se ne fotterà. Non siamo il gruppo delle reunion o della questua ottuagenaria, siamo un gruppo mutante… Infatti molto presto la X comincerà ad affiancare il nome forse già dai prossimi lavori.
Salutate i lettori di New Noise e raccontateci anche dei vostri progetti personali…
Tiziana Lo Conte: Questa è la scheda del mio nuovo progetto, a presto e grazie.
I Roseluxx sono un gruppo composto da quattro musicisti che tenta di fondere la forma canzone (cantata in italiano con testi che si rifanno alla tradizione autorale) con le ricerche appartenenti sia al rock che alla musica contemporanea. Il progetto, nato nel 2012 intorno alla figura di Tiziana Lo Conte, approda al primo lavoro registrato, Resti Di Una Cena, composto da otto brani, che si avvale di numerose collaborazioni.
Componenti:
Tiziana Lo Conte: voce, elettronica, storica voce dell’avanguardia degli anni ottanta con i Gronge. Nei novanta vince Arezzo Wave con i Goah. Frequenta il conservatorio di musica elettronica di Roma e sviluppa diversi progetti nell’ambito della musica sperimentale e di ricerca.
Claudio Moneta: chitarre e testi, fonda i Goah che vincono ad Arezzo Wave nel ‘98. Con i Monzon si aggiudica il premio “Amnesty International 2002” per i testi. Compone musica per la danzatrice butoh Alessandra Cristiani.
Federico Scalas: contrabbasso e violoncello, maestro di musica presso il conservatorio di musica elettronica di Roma. Ha una lunga tradizione concertistica e di registrazione con diverse formazioni di rock più tradizionale (Enrico Capuano…).
Cristiano Luciani: batteria e percussioni, già fondatore del gruppo di ricerca sperimentale Lendormin. Pubblica tramite la sua etichetta lavori con il nome di Cris X collaborando con i maggiori interpreti internazionali del noise sperimentale, Merzbow, KK Null, Maurizio Bianchi tra gli altri.
Collaboratori:
Emidio Clementi (Massimo Volume): voce su “Qualcosa Di Fisico”. Luca Mai (Zu): sax su “Non Luogo”. Stefano Pilia (Massimo Volume, In Zaire): chitarra su “Per Volere Di Dio”. Luca Miti: pianoforte su “Resti Di Una Cena”, “Cane” e “Maledire I Ritorni”. Inke Kuhl: violino su “Città Morbida”.
Marco Bedini: Salutiamo i lettori di questa meravigliosa fanzine virtuale con un filino di bava verde che contorna il labbro inferiore, augurandogli di poter vedere almeno una volta Gronge-X dal vivo, il gruppo che attualmente con la scaletta si pulisce il culo perché propone una “impro-musica” e testi in stile jazz-punk con schizzi techno. Ciaooooo (a questo punto entra il vocoder…). Vaffanculo e buona camicia (di forza) a tutti.