GOG, Mike Bjella
Come scrivo in sede di recensione, Mike ha ricevuto un po’ troppo poca copertura dalle nostre parti. L’incontro tra drone, metal e noise è decisamente pane per i denti di questa webzine, quindi ecco l’approfondimento direttamente con l’artista (le domande, come vedrete, sono piuttosto esplorative) e un po’ di streaming raccolti dalla Rete.
Ho solo letto che suonavi in una band, prima. Sono sempre curioso di sapere perché un musicista opti per cominciare un nuovo percorso da solo.
Mike Bjella: Più diventavo vecchio e più diventava una necessità, visto che avevo sempre meno tempo a disposizione e la normale vita di ogni giorno. In una band senti la pressione del dover far felici tutti, ci sono molti compromessi. Un sacco di queste situazioni sono più facili da capire se le provi, più che se le spieghi.
Nel corso di questi anni ho recensito molti progetti non-rock basati su chitarre, progetti con “intenzioni” ambient e noise. Ti interessa essere “unico”? O stai solo facendo il tuo, senza preoccupazioni?
Mi interessa sperimentare col sound. Ogni volta che mi vedi dal vivo, è unica. I pezzi che creo dal vivo e poi registro non possono essere mai rifatti esattamente. Penso che il progetto sia unico. Il primo disco di GOG (Past The Deepest Gate) non aveva chitarre, solo basso e tastiere, ma la title-track di Heavy Fierce Brightness era solo chitarra. Cerco di mantenere tutto interessante e di mescolare un po’ le cose. Non voglio ripetere il mio stesso lavoro o quello di un altro, ma come logico ci sono somiglianze ed è questa la difficoltà non aggirabile.
Il 2012 sembra essere stato un periodo molto creativo per te: girano due album (Ironworks e In Our Architecture This Resounds). Suoni quando sei ok o quando hai bisogno di uno sfogo?
Per me può essere liberatorio quando mi avvicino alla registrazione vera e propria, di solito divento prima nervoso e poi nauseato. Ho lavorato agli album simultaneamente. La maggior parte delle volte “compongo” o metto le cose insieme sul momento, è improvvisazione, cerco di sentire dove mi sta portando il suono e penso che questo sarà sempre una scossa, per fortuna. Rende la cosa emozionante in molti modi.
Ho cercato di ricostruire la tua collezione di dischi basandomi su ciò che ti piace su Facebook. Mi sono saltati all’occhio Swans, Broadrick, Bastard Noise, Man Is The Bastard e Cabaret Voltaire. Questi nomi rivelano qualcosa di GOG?
In un modo o nell’altro, probabilmente, mi hanno influenzato. Pensandoci, Man Is The Bastard è stata la mia prima volta con il lato più rumoroso della musica heavy.
Non amiamo tutti gli Swans? Ho fatto una cover di “Sex God Sex” assieme a Luke dei Servile Sect (gruppo “black metal noise” passato anche su Ecstatic Peace, ndr), la puoi scaricare gratis. I Cabaret Voltaire sono una scoperta relativamente recente, per me, una specie di reazione all’aver finito i Throbbing Gristle: negli ultimi tempi mi sto intrippando con la musica elettronica.
I tuoi dischi escono spesso per una delle etichette più interessanti là fuori. Utech Records vuol dire arte, eleganza, supercatalogo e attenta esplorazione di quei posti dove sperimentazione e metal si trovano su di un terreno comune. Voglio sapere i tuoi pensieri su quest’etichetta.
Sono d’accordo con te, (Keith) Utech manda avanti una grande etichetta. Io e lui, a nostra volta, abbiamo trovato un terreno comune, inoltre non è stato altro che di supporto. Abbiamo iniziato nel 2007 con Mist From The Random More. Se includi la collaborazione con William Fowler Collins, siamo a un totale di 4 album miei su Utech Records.
Riguardo Ironworks: “An album built upon a foundation of sound recordings from the Bjella family blacksmith shop”, recita il comunicato stampa di Utech. Questo è un racconto che voglio sentire da te.
Sin dal 1906, in Nord Dakota, la mia famiglia ha una officina dove lavora. Ha ancora il grosso dell’attrezzatura originale e opera come una volta. Cinture spesse collegano vari macchinari. Perdevo estati da piccolo a guardare mio zio costruire cerchioni e varie parti per macchine agricole. Così ho pensato che potesse essere una buona idea realizzare un disco con qualcosa di così personale e unico, collaborando non con un essere umano, ma con un’officina.
Terrence Hannum ha realizzato l’artwork per Heavy Fierce Brightness: Spells Of The Sun. Che relazione hai coi Locrian? Ti sono d’ispirazione? Siete amici? Collaborerete mai assieme?
Penso che all’epoca sia io sia i Locrian cercassimo gente che facesse cose simili a noi in campo musicale. È un mondo molto piccolo. Abbiamo scambiato un po’ di album, io sono in contatto con André e Steven principalmente, ed essendo anche su Utech abbiamo questo in comune. Terrence aveva già finito quel disegno prima che io completassi Heavy Fierce Brightness. Utech ha pensato che fosse adatto per GOG e per quell’uscita. Penso che abbia funzionato. Mi piace molto il lavoro più recente di Terrence, i collage. Penso che stia realizzando cose interessanti e forti, in questo momento. Le collaborazioni sono difficili, ma al festival della Utech Steven ha suonato con me, ed è stato grandioso. Hanno tutti talento e sono tutti sempre di supporto.
Mi piace molto quella copertina. Per me significa “amplifier worship”, per dirla coi Boris. Quanto è importante il “volume” nel tuo discorso artistico?
Quando suono dal vivo sono quasi sempre in ginocchio davanti all’amplificatore, e c’è un aspetto religioso in questo. Gioco con il feedback e “practice what my amp preaches” (ve la lascio non tradotta, ndr). In un contesto live nessuno sarà mai più rumoroso di Boris e Sunn, loro quello lo fanno fantasticamente. Io voglio fare altro. Ho un sacco di idee per il live e spero un giorno di avere il budget per realizzarle.
E quanto è importante il paesaggio per la tua musica? Sembra che la tua collaborazione con William F. Collins sia radicata nei paesaggi infernali dell’Ariziona e del New Mexico.
È una parte di ciò che sono e dove sono cresciuto, è ciò che conosco. Qui può anche essere veramente anche tutto splendido. Perciò penso che per me sia più facile comunicare questi pensieri e queste idee in musica. Forse il grosso di questo accade per caso, perché non è un mio obiettivo o qualcosa di simile.
Suonerai dal vivo i nuovi album? Andrai in tour con qualcuno? Come reagisce la gente alla tua musica? È sempre difficile catturare l’attenzione della gente quando suoni ambient e noise e non hai la performance vocale.
Suono sempre dal vivo, ma è diverso dai dischi. Mist From The Random More, però, è una registrazione dal vivo, al KFJC (locale di Milwaukee, ndr). Io posso usare gli stessi sample di un album o qualche volta gli stessi ritmi, ma raramente c’è un piano. Questo è uno dei motivi per cui non voglio stare in una band, non voglio suonare le stesse cose a ogni show. Ho fatto qualche live con i campionamenti di Ironworks, ma comunque è diverso dal disco, dato che suono con un batterista fantastico che è eccellente nell’improvvisazione Ogni show è diverso, insomma, credo che la gente apprezzi. Io sì. Adoro i “ritmi” che ho preso dall’officina, comunque, quindi per un po’ di tempo me ne servirò. Eseguo anche delle parti vocali che poi “passo” per i miei pedali.
La gente è stata fantastica ai concerti, anche nelle parti più astratte.
A breve aprirò per Sir Richard Bishop e gli OM… quello sarà un pubblico eclettico. Io suono per gli avventurosi.