GNAW, Alan Dubin
Inutile perder tempo a presentare Alan Dubin, già nome di culto grazie a O.L.D. e Khanate e arrivato al suo terzo disco con gli Gnaw. Proprio del nuovo album Cutting Pieces parliamo in quest’interessante intervista, ma anche della nuova entrata Dana Schechter, degli OvO, di KK Null e di molto altro ancora. Buona lettura.
Ciao Alan, mi fa piacere parlare di nuovo con te in occasione di un nuovo disco degli Gnaw. Sembra che quattro anni siano il periodo standard tra i vostri album, lo definirei un approccio vecchia scuola. Credi dipenda più dai vostri molti impegni o dal vostro metodo di lavoro?
Alan Dubin: Ci sono varie ragioni. Innanzitutto, componiamo un sacco di materiale e ci vuole del tempo per accordarci su quali pezzi siano abbastanza interessanti, stimolanti e strani perché valga la pena lavorarci su. Poi siamo sicuramente pignoli e finiamo per lavorare a ciascun brano per un tempo eccessivamente lungo. Avrei voluto dire perfezionisti, ma pignoli credo sia più ficcante in questo caso. Ci sono dei momenti in cui un suono ci appare troppo pulito o “regolare”, per cui lo spogliamo di tutto e ci aggiungiamo della sporcizia. Giacché siamo sei membri, abbiamo ogni volta sei differenti possibilità su cui lavorare, il che è divertente. Inoltre, le nostre carriere individuali e gli impegni di famiglia rendono difficile trovarsi. Speriamo di interrompere il cerchio dei quattro anni con il prossimo disco e di ritrovarci tra un anno, staremo a vedere.
Se non erro, ci sono stati dei cambiamenti nella line up, vi andrebbe di presentarci Dana Schechter?
Poco più di un anno fa Jun Mizumachi, che ha contribuito molto al sound-design della band, è dovuto tornare in Giappone. Continua a contribuire agli Gnaw, ma per ora non può suonare dal vivo per motivi logistici. Così abbiamo deciso che sarebbe stato interessante continuare a sperimentare con i suoni dal vivo. Siamo molto amici di Dana Schechter (Insect Ark) e abbiamo pensato che il suo modo di suonare la chitarra lap steel avrebbe rappresentato una novità interessante per i nostri brani, per questo siamo molto felici che abbia accettato di unirsi alla band. Dana era presente alla maggior parte dei nostri show newyorkesi, quindi conosceva il materiale più vecchio. Quando si è unita a noi, Cutting Pieces era quasi completo, le tracce base erano già state registrate ma non era stato ancora mixato nulla. Dana è saltata a bordo e ha registrato alcune parti davvero notevoli di lap steel, a tratti direi ultraterrene. Non so davvero come faccia a ottenere alcuni di quei suoni dal suo strumento. È anche una bassista talentuosa e speriamo suoni delle parti di basso nel nostro prossimo disco che stiamo per iniziare a scrivere.
Avete anche un paio di special guest a bordo, chi sono e come vi siete incontrati?
Abbiamo suonato con gli OvO a New York un paio di anni fa mentre erano in tour da queste parti ed entrambe le band sono diventate subito fan dell’altra e amiche. Così, siamo rimasti in contatto e sono stato onorato quando mi hanno chiesto di contribuire con delle vocals al loro disco Abisso. Poco dopo, abbiamo fatto un breve tour europeo e siamo diventati ancor più amici. Amiamo davvero il modo di cantare sia alto che basso di Stef (Stefania Alos Pedretti) e così è stato naturale pensare alla sua voce come un completamento della mia nel coro di “Septic”. Ovviamente, ha fatto davvero un gran lavoro. Il chorus sembra così spesso con le nostre voci e lei ha aggiunto anche altre vocals da fare accapponare la pelle. Antoine Chessex, che è un sassofonista pieno di talento, ha contribuito con ciò che amo definire lo sbuffo di un battello a vapore nel mezzo di “Triptych”. C’è già la voce di Gibby Haynes (Butthole Surfers) a metà del brano, ma abbiamo pensato servisse qualcosa che donasse spessore e ferocia, così abbiamo chiesto ad Antoine se voleva suonarci e ha subito accettato. Ci siamo incontrati durante il nostro primo tour europeo con la sua band di allora, i Monno. Ho visto Antoine fare delle parti soliste e sembrava davvero smuovere le placche tettoniche con il suo sax e il suo amplificatore. Una cosa da far uscire di testa. Adoriamo sia lui che Stef e siamo davvero felici di averli a bordo sull’album.
Questa non è la prima volta che gli Gnaw si trovano con gli OvO su disco e dal vivo. Credi che ci sia qualcosa in comune tra voi quanto a visione artistica o mood?
Gnaw e OvO hanno di sicuro uno spirito affine, dovuto al pensare fuori dagli schemi e spingere in avanti il confine della ferocia. Credo che entrambi cerchiamo di fare qualcosa di differente dalle miriadi di band in giro.
Qualche anno fa, voi e OvO avete suonato nello stesso festival con gli Zeni Geva, un nome che nella mia mente condivide con voi un simile atteggiamento aperto al processo creativo. Quali sono le band, artisti e progetti che ritieni vicini al vostro modo di pensare? Gli Zeni Geva fanno parte di questo club?
Di sicuro! Ho sempre amato gli Zeni Geva e tutti i progetti collegati a KK Null. La fuori ci sono di sicuro altre band interessanti, ma oggi ci sono anche moltissimi cloni che trascinano le stesse cose noiose già fatte prima, ancora e ancora senza alcuna magia. Vedo le scalette di alcuni festival undreground molto popolari in questi giorni ed è ridicolo come spesso non ci sia neanche un nome che sarei curioso di veder suonare. Alcune delle mie band preferite e dei pionieri che hanno dato vita alla magia e mi hanno ispirato sono Slab!, Missing Foundation, i primi Swans, Einstürzende Neubauten, Siege, The Young Gods, Head Of David, Septic Death, Die Kreuzen e The Accüsed per citarne qualcuna. Per quanto riguarda le cose attuali, mi vengono in mente Time Ghost, Multicult, Insect Ark, Deathstench, Blind Idiot God e poco altro. Scherzo, ovviamente ce ne sono altre… forse (ride, ndr)
Ho trovato in Cutting Pieces un album con delle forti pulsioni ritmiche e un taglio rituale, sia nei riff che nelle voci. Una sorta di andamento circolare che provoca ansia e angoscia nell’ascoltatore. Avevate in mente un immaginario specifico mentre lo componevate?
Credo che nel fondo della mente collettiva degli Gnaw sia sempre presente l’idea dell’intensità, sia essa legata alla stessa musica o alle sensazioni che vogliamo indurre. Parlando di me, ogni brano ha il suo immaginario di riferimento che è venuto a completarsi con la scrittura dei testi. La musica di Cutting Pieces mi sembra anche più cinematica dei dischi precedenti e ha permesso alla mia immaginazione di gettarsi in alcune storie ancora più incasinate. Il che, però, credo sia normale per me. Inoltre, dalla musica e dai testi puoi tirar fuori scenari differenti, ci sono significati letterali ma anche metafore, quindi, spetta all’ascoltatore scegliere il percorso da seguire.
Credo ci sia anche un forte mood notturno, penso a “Fire” solo per fare un esempio, una specie di atmosfera noir. C’è qualche riferimento al cinema o alla letteratura dentro Cutting Pieces?
Come già detto, Cutting Pieces mi da l’impressione di essere un disco cinematico. Tutti i suoni e i rumori, combinati con gli strumenti, gli oggetti utilizzati e le voci si uniscono e appaiono avere un lato visuale. Trovo interessante che tu abbia citato “Fire” e il suo umore noir. Abbiamo appena realizzato un video animato per il brano e ha alcune delle animazioni più oscure, particolari e disturbanti che abbia mai visto. Tutte le visuals sono state realizzate dall’artista multimediale Roman Urodovskikh e, come constaterai presto, è riuscito a portare in vita lo spirito del brano.
Avete realizzato ogni album su un’etichetta differente, fino ad avere oggi stretto un accordo con la Translation Loss, di sicuro una delle più interessanti in giro, proprio perché possiede un’attitudine aperta e gran fiuto nello scegliere le band da sostenere. Come siete entrati in contatto e come stanno andando le cose?
Ci siamo trovati davvero bene con le etichette precedenti ma, come molte altre realtà di questi tempi, hanno sfortunatamente chiuso o sono in pausa. Siamo fan della Translation Loss e li seguiamo da parecchio tempo, sappiamo che mettono amore in quello che fanno creando confezioni spettacolari e hanno una scuderia decisamente varia. Ho ricevuto l’ indirizzo del label manager Drew Juergens da un amico e l’ho contattato. Si è dimostrato interessato ad ascoltare il nuovo disco e ha deciso con entusiasmo di farlo uscire. Dopo una breve discussione, abbiamo stabilito che sarebbe stata una collaborazione fantastica. Da quel che ho capito, avranno una distribuzione europea a partire da febbraio e non vediamo l’ora.
Parlando delle tue vocals, hai sperimentato molti approcci differenti nel tempo, così da creare un tuo stile personale e immediatamente riconoscibile. Aggiungerei, uno stile spaventoso e morboso. Credi che il tuo approccio alla registrazione in studio e all’allenare la tua voce sia cambiato dai tempi di O.L.D. e Khanate?
Credo che il modo di rilasciare la mia voce sia cambiato durante gli anni. Mi concentro di più su parole specifiche e do importanza a certe frasi. Per quanto mi ricordi, però, ho sempre sperimentato con diversi effetti e tecniche di registrazione, sia che si trattasse di usare vocoder, pitch shifter, delay, unità multi-effetti o altro. Dato che oggi ho un piccolo studio in casa, tendo a spendere con gli Gnaw più tempo a lavorare sui pattern di voce e provare effetti differenti prima di avvicinarmi a ciò che voglio. Forse è anche per questo che tra i dischi passano quattro anni, mannaggia a me.
Cosa mi dici dei vostri piani dal vivo, c’è possibilità di vedervi in Europa nei prossimi mesi? C’è qualche festival già programmato per il 2018?
Abbiamo in programma di toccare l’Europa e ci hanno invitato a suonare in vari festival, per cui stiamo ragionando sul da farsi.
Grazie mille per il Vostro tempo, aggiungi pure ciò che preferisci…
Grazie per questa interessante intervista, sia a te Michele che a The New Noise e grazie a chi la leggerà. Per favore, date un’ascoltata al nostro disco Cutting Pieces, appena uscito per Translation Loss. La distribuzione europea partirà a febbraio ma è già disponibile se non volete aspettare. Cheers!