Gli Ultimi: pane, rose e libertà
Tornano Gli Ultimi con un disco fresco di stampa, Sine Metu, e un paio di novità interessanti. Per questo, dopo tanti anni passati a seguirli da vicino, ci è sembrato il momento giusto per rivolgere loro qualche domanda e farci raccontare dall’interno quello che è a tutti gli effetti l’inizio di un nuovo capitolo nella storia della band.
Ciao, innanzitutto bentrovati, è passato parecchio dall’uscita del vostro ultimo album Tre Volte Dieci. Una pausa di riflessione o semplice tempo che corre troppo veloce?
Alessandro Palmieri (chitarra): All’inizio siamo stati un po’ fermi a capire cosa fare, è vero. Poi però sono arrivate le canzoni, tanta sala prove, la voglia di stare insieme e un vecchio amico/nuovo bassista. Poi è arrivata pure una pandemia, un lockdown, un sacco di concerti annullati e un disco da incidere tra coprifuoco e difficoltà varie.
Tirando le somme, con tutte le cose che abbiamo fatto in questi anni, non ci abbiamo messo poi così tanto…
Tra le novità, c’è l’entrata in squadra di Enrico Giannone con la sua Time To Kill. Come vi siete incontrati e cosa ha fatto scattare la decisione di unire le forze?
Enrico è legato da anni da un rapporto lavorativo e di amicizia con Roberto, il nostro batterista. Ad un certo punto quindi è stato naturale iniziare a collaborare con lui, per portare dentro la sua grande esperienza e un approccio più digitalizzato nel curare tutto quello che gira intorno al fare un disco. Mettici anche che è un amico di vecchia data di Robertò…
Ovviamente non poteva mancare Robertò, in fondo il vostro nome richiama immediatamente alla mente il suo. Dopo tutti questi anni in cui collaborate, avete carpito il suo segreto, l’ingrediente magico che lo rende… Robertò?
Se dovessimo puntare su un ingrediente, sarebbe sicuramente il Chinotto Neri, ma quello che possiamo dirti dopo tanti anni spalla a spalla con lui è che il successo di Rob si basa sul duro lavoro. Niente trucchi o scorciatoie. Rob è un mediano di razza che corre 90 minuti su ogni pallone, su ogni contrasto, giocando per la squadra. Ci ha insegnato che a qualsiasi livello, l’approccio è quello di lavorare sodo e in maniera seria, rispettando la scena di cui si fa parte. Tutto qui.
Sine Metu ha in copertina una fenice che risorge dalle ceneri, un chiaro simbolo di rinascita, in che cosa vi sentite diversi e pronti ad una nuova fase della vostra carriera rispetto a quando avete cominciato quasi quindici anni fa?
Sicuramente Sine Metu è per noi l’inizio di una nuova fase per tante ragioni. È molto incentrato sul tema dell’amicizia e per questo è un disco più positivo rispetto alle nostre ultime cose.
Quando siamo insieme stiamo bene. Suoniamo, facciamo quello che ci piace e man mano che andiamo avanti la band e la nostra amicizia viaggiano sempre più in parallelo.
In questo ripartire non avete tagliato i ponti con le vostre radici, anzi, direi che avete loro riservato un bel posto in prima fila dato che certo punk rock di annata sembra presente lungo tutto il disco. Un tornare alle basi voluto o conseguenza naturale dei nuovi assetti?
È stato un tornare alle radici fortemente voluto. Volevamo fare un disco che ci divertisse suonare live. Pochi fronzoli, pezzi compatti e suono più grezzo del solito. Volevamo suonare come un disco punk rock di fine Novanta.
Del resto, non mancano neanche un pezzo in levare e un brano dai chiari rimandi al folk irlandese, quasi a voler lasciar posto nel disco a tutto ciò che vi ha resi ciò che siete oggi, quindi apriamo gli armadi e lasciamo uscire qualche scheletro: cosa ascoltano Gli Ultimi che il vostro pubblico non si aspetterebbe mai?
Domanda complicatissima! Ognuno di noi ha il suo feticcio/scheletro nell’armadio che fa molto poco punk ascoltare. Te ne citiamo solo uno a testa…
Alessandro: Sir Elton John
Maurizio: Giorgia
Roberto: White Lies
Karpo: Beyoncé
Uno dei due singoli che hanno preceduto il disco è stato accompagnato dal video realizzato da Zerocalcare. Vi va di raccontarci come è nato e cosa racconta?
Con Michele Zerocalcare siamo legatissimi e si era sempre detto di fare un video dai tempi di “Storie da un posto qualunque”. Stavolta ce l’abbiamo fatta e nel videoclip, come in una canzone, volevamo raccontare una storia semplice ma universale. Quel salto che ti porta dall’essere un disadattato solo a capire che ce ne sono tanti come te, facendo un piccolo omaggio a Hellnation e alla sua storica sede romana. Sembra sia andato bene, ma con Michele “ci piace vincere facile!”
A proposito di amicizie e voti familiari, Sine Metu raccoglie storie, facce e ricordi personali o condivisi: quanto c’è di autobiografico nei testi e quanto è importante per voi creare una connessione con chi vi ascolta, intendo non solo con la musica ma anche con ciò che racconta e contiene?
Non siamo una band che musicalmente ha fatto grandi rivoluzioni. Il nostro punto di forza è sempre stata l’empatia che si crea con le persone che ci ascoltano, attraverso i nostri testi.
Le nostre storie personali spesso sono anche le loro e questo fa la differenza.
Quando abbiamo formato la band l’intento era di suonare Real Punk, cantando di storie vere in maniera diretta. Fuori dal punk, abbiamo trovato quest’attitudine anche in un certo cantautorato nostrano così come nel neorealismo per esempio di Pasolini ma anche di Caligari. I nostri testi tendono a omaggiare questa commistione di cose e cercano di toccare le corde di chi ascolta scrivendo in maniera asciutta e semplice.
Non manca ovviamente un occhio alla società e alla politica, come nel caso di “Pane E Rose”. Qualcuno diceva che dopo la pandemia la società sarebbe cambiata in meglio con maggiore empatia e solidarietà tra tutti gli strati della popolazione. Direi che non sembra andata esattamente così o mi sbaglio?
Per niente. La pandemia nella sua drammaticità, poteva essere un’occasione di rimettere in discussione la direzione in cui le società occidentali stanno andando. Il profitto a tutti i costi a scapito di ambiente, sanità, lavoro e diritti fondamentali, per esempio. Questa autoanalisi chiaramente non è venuta dall’alto e potevamo aspettarcelo. Ma anche dal basso ci siamo divisi, polarizzandoci su posizioni opposte, assecondando i meccanismi di social network, mala politica e becero giornalismo da clickbait.
So che presenterete il disco insieme ai vostri vecchi compari Plakkaggio, avete altre date in programma? Come vedete la situazione concerti in autunno, credete si riuscirà finalmente a ripartire in modo continuativo?
Suoneremo il 9 ottobre a Roma, Scalo Playground, in una situazione all’aperto. Per ora non ci sono altre date in programma e navighiamo a vista, come un po’ tutti a dire la verità. Sicuramente si guarda alla prossima primavera come a uno snodo importante, ma non spetta a noi fare questo tipo di previsioni.
Grazie mille per il vostro tempo e in bocca al lupo per tutto. A voi lo spazio per le ultime info e i saluti….
Grazie a voi per il supporto e le belle domande!
Sfruttiamo lo spazio in coda per invitarvi a supportare le etichette acquistando la copia fisica del disco.
Lo trovate sia in formato cd che vinile sul sito di Time To Kill o scrivendo a Hellnation Record sui suoi canali social. Daje compà!