GLEAM, Gleam
Electroacoustic Instant Composition: Gianni Trovalusci (flauti, tubi sonori) e Luigi Ceccarelli (live electronics) sono i maestri di cerimonia di 55 minuti straordinari di musica e di suoni: improvvisazione controllata, perfetta, gleam come fasci di luce nello spazio Hi-Fi.
55 minuti divisi in sei movimenti estratti da circa dieci ore di registrazioni effettuate nell’ottocentesco Teatro Comunale di Cagli (Pesaro/Urbino) fra tra 8 e 10 marzo 2022. Sappiamo che quel marzo era freddissimo e il grande teatro, vuoto, lo era ancora di più, ma le sedute erano state programmate da tempo, quindi immaginiamo Trovalusci e Ceccarelli con l’entusiasmo di nerd 4.0, con mezzi-guanti di lana e calzamaglia nera sotto i jeans a soffiare nei flauti-tubi metallici lunghi 2 metri, a calcolare i tempi e i programmi da utilizzare sui laptop, senza dimenticare i flauti barocchi gelati da riscaldare (come si riscaldano? Suonando e provando il doppio del tempo normalmente necessario?) e i soundcheck ripetuti, lo spiffero mortale che entra dalla vecchia porta di legno cigolante, il Boccascena che incombe, la sistemazione spaziale degli altoparlanti.
Ebbene, tutto questo lavoro a monte di misura e di misure, tutto questo impegno che precede l’opera compiuta c’è e lo si percepisce nel risultato finale: una musica scintillante, un feedback continuo interno a composizioni in fieri, suoni forti o a volte quasi impercettibili, interazione fra i due pazzesca e sapienziale. I suoni, dopo le registrazioni a teatro, hanno viaggiato da Cagli per giungere nei famosi studi romani Edison di Ceccarelli per il missaggio. Accanto a lui anche Trovalusci per studiare di nuovo “tutto” il materiale. Magnificamente sonici, poetici e qui un po’ mi salta la stretta definizione “Electroacoustic Instant Composition”, perché al dunque GLEAM è emozione allo stato puro, incandescente coscienza delle possibilità del suono e – perché no? – romantica musica moderna, finalmente disponibile su cd edito dalla romana Folderol Records di Marco Contini.
Inseriamo dunque, con gesto antico, questo argenteo dischetto nel lettore audio: frriiimmm bbrriinn friaan, parte “GLEAM Part 1” – frammenti sonori dilatati. Buuum “GLEAM Part 2” – alieni alle porte. “GLEAM Part 3”: lastre di metallo in vibrazione, flauti che fuggono in avanti, poi rimbombano, una tempesta di suoni monta in lontananza (evidentissima la spazialità resa al massimo livello nel teatro vuoto) e via si scarica una pioggia monsonica che avvolge l’ascoltatore sorpreso e senza riparo. “GLEAM Part 4”… paura. Si torna sulla terra con “GLEAM Part 5”: urla, sfrigolii poi numerose farfalle metalliche impazzite danzano di fronte ai nostri occhi chiusi, indimenticabile come il nostro migliore incubo. “GLEAM Part 6” chiude ed è pacificazione, condivisione universale: il flauto, eco sapiente del suono primordiale, ci immerge in un caleidoscopico firmamento stellare, fluttuanti astronauti on-parade concentrati sul vuoto che colma.
Citando Claudio Rocchi, un artista a me caro, “questa musica non è fatta per essere ascoltata ma per ascoltarsi dentro di noi”. Interessanti sono i contenuti-extra raggiungibili tramite il codice QR all’interno della bella copertina disegnata dall’artista Giulia Napoleone. Infine, per favore, alzi la mano chi ascoltando musica-a-cui-si-tiene almeno una volta non ha fatto un confronto tra file, vinile e cd (io l’ho fatto coi Matmos e di recente con Shebang di Ambarchi): qui palesemente non c’è paragone e poiché GLEAM a tutti gli effetti è un oggetto sonoro che merita ed esige attenzione, ascoltarlo su compact disc è una esperienza acustica indimenticabile, perché compariremo anche noi lì, in quel teatro, in platea, al buio, assorti, indifesi … e dice, ma il freddo? Il freddo non lo sentiremo!
P.S.: va bene, il titolo è su Bandcamp: ad astra per aspera e/o per facilitas.