GLACIER, No Light Ever
Nome e titolo impegnativi per un gruppo postmetal (o giù di lì), tra l’altro di Boston (come chi sappiamo noi) e per di più con tre chitarre. Gli ingredienti ci sono tutti: buio, pesantezza, malinconia, aggressività. I riferimenti da dare per capirsi sono gli stessi di sempre: Isis, Pelican (li aggiungo perché i Glacier sono strumentali), ma anche Slint o Mogwai per le parti più atmosferiche (qui metterei anche gli US Christmas e gli Earth, perché c’è qualcosa di molto “americano” in questi frangenti più riflessivi). Alla fine, con il quarto e ultimo episodio del disco (“And We Are Damned Amid Noble Sound”), la band si libera dai cliché e parte veloce e nervosa come se fosse i Sannhet, senza ricascare nello schema doomeggiante del resto del disco: c’erano state accelerazioni anche prima, ma nel rispetto del classico schema tensione-rilascio.
All’inizio No Light Ever piace perché è potente e ha i suoni giusti, poi l’interesse scema quando ci si rende conto che non aggiunge molto a una storia che già conosciamo, anche se con un colpo di coda i Glacier dimostrano che non sono qui solo a recitare il rosario. Bravi, ma non ancora davvero personali.