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GIULIA IMPACHE, In:titolo

Vive nel sogno ed è veramente la sognatrice del suo sogno, Giulia Impache da Torino, qui su Costello’s Records al suo esordio con un album da lei interamente scritto e sviluppato nel corso degli anni, con la produzione di Jacopo Acquafresca e Andrea Marazzi, complici degli arrangiamenti, e il master di Nick Foglia. Mi sono chiesta: “come lo intitolo? IN:titolo!”. La sorpresa arriva da una serie di brani che puntano tutto sulla sospensione mescolando riferimenti colti, elettronica e pop senza mai cadere in soluzioni paracule, cosa, quest’ultima, che affligge molti progetti in sospensione tra i succitati binari espressivi. È lei stessa a fare la miglior recensione possibile: In:titolo dai primi ascolti ti avvolge in un’atmosfera elettro-cosmica, con i suoi suoni sperimentali che si intrecciano insieme a melodie influenzate dall’ascolto di musica antica. Aggiunge, poi, a proposito di parole in bilico tra italiano e inglese, dando priorità ai fonemi senza chiavi di lettura preconfezionate: Vorrei che i testi delle canzoni che compongono il disco facessero fluttuare con semplicità chi ascolta in delle suggestioni in cui rivedersi. Insomma, In:titolo avvolge vieppiù con delicatezza, ma ha parecchia sostanza al suo interno, solide idee che rivelano i disparati interessi della promettente musicista piemontese: dalla fantascienza agli anime giapponesi, dall’epoca medievale alla cronaca nera (“In The Dark” è reazione all’ingiustizia della morte di George Floyd). Interessi che potranno essere gestiti sempre meglio, per adesso tradotti in un mosaico di madrigali moderni, esplorazioni sonore coraggiosamente irregolari, vocalità eterea-straniante tra passato remoto e futuro non si sa quanto prossimo. Le tracce, nove più una di bonus, si srotolano come le onde create dal velo che avvolge l’artista in copertina, con particolare attenzione ai beat e alle dream armonie di “(I’m) Looking (For) Life”, pensando a David Lynch e Robert Wyatt, oltre ai saliscendi di “Quello Che (Outside)”, da qualche parte tra Silvia Tarozzi, Daniela Pes e la Meg di Psychodelice, e al glitch-lirismo rinascimentale di “Occhi”. Oh, ragazza, avanti così.