GINTAS K, Low
Gintas K, cioè Gintas Kraptavicius, è un artista lituano che – cito la biografia, dato che non lo conoscevo prima – ha fatto parte della prima band industrial del suo Paese e si muove anche nei campi della performance teatrale e della concept art, cosa non sorprendente se pensiamo ai legami tra industrial originario e avanguardie creative. Negli ultimi anni, aggiungo, si è spostato verso la sound art e la musica per i film, e anche questo è un percorso del tutto conseguente.
Low è parte di una trilogia che comprende gli album Lovely Banalities (Crónica, 2009) e Slow (Baskaru, 2013) ed è pane per i denti di chi segue etichette come Editions Mego e apprezza la commistione tra disturbi e melodie del Fennesz altezza Endless Summer, con la differenza che Gintas è molto più intimista e dolce, calato in una dimensione ancora più morbida ed eterea rispetto alla (gigantesca) pietra di paragone che sto utilizzando. Le tracce si attestano tutte sotto i quattro minuti, un fatto non scontato all’interno di un genere che di solito si sviluppa lentamente nel tempo, tanto che mi viene da immaginarle come dei buoni sketch, non in senso spregiativo, anzi: il disco tiene botta fino alla fine, dove troviamo episodi del tutto convincenti, basta non aspettarsi la scoperta di nuovi mondi.