GIANNI GIUBLENA ROSACROCE, Live at Brigadisco’s Cave #37
La Brigadisco e la C.A.GA., associazione culturale di cui l’etichetta è diretta emanazione, rappresentano un piccolo miracolo in una provincia – quella di Latina, quella in cui vivo – dove proporre un certo tipo di discorsi musicali e culturali è da sempre impresa piuttosto ardua: in una zona in cui sembrano avere diritto di accesso al palco perlopiù cantautorini di mezza tacca, avanzi di talent show e vecchi stronzi scesi in provincia a raschiare il fondo del barile, le due piccole e agguerrite realtà locali hanno per anni portato avanti iniziative come il Mu.vi.ment.s., festival che ogni anno in dicembre ospitava a Itri il gotha dell’underground nostrano e non, e i live nella Brigadisco’s Cave, il suggestivo studio/caverna in cui sono state incise molte delle produzioni della label e che con cadenza regolare diventava ritrovo per appassionati e curiosi disposti a mettere in discussione le proprie certezze in fatto di musica, di fronte a proposte sempre fuori dagli schemi e dalle logiche del music business. Tutte le cose belle prima o poi pare finiscano e così un paio d’anni fa si è svolta l’ultima edizione del festival itrano e da un anno ha chiuso i battenti anche la Cave.
Personalmente ho avuto il piacere di partecipare a molti degli eventi organizzati all’interno dello studio della Brigadisco, serate in cui veniva spesso a crearsi una chimica particolare fra pubblico e artisti, complici l’atmosfera conviviale (buon cibo e alcool non sono mai mancati) e l’affabilità degli organizzatori, in barba alla fama di gente scontrosa che accompagna gli itrani; il nastro in oggetto è proprio la registrazione di una delle performance tenutesi all’interno del magico antro, una delle più calde che ricordi. Era il gennaio del 2014 e i protagonisti della serata erano Maria Violenza (siciliana di stanza a Roma, metà del duo Capputtini ‘i Lignu) e Gianni Giublena Rosacroce, i quali presentavano lo split uscito proprio per Brigadisco in cordata con Lemming, No=Fi e Escape From Today. Questa è una testimonianza fedele della serata, ne restituisce l’atmosfera e, per chi c’era, ne ravviva il ricordo permettendo di ritrovare sfumature nascoste negli arabeschi della musica di Gianni Giublena Rosacroce, il progetto esotico/esoterico che Stefano Isaia (Movie Star Junkies, La Piramide Di Sangue) coltiva fin dal 2011 coadiuvato da varie presenze della Torino underground. Qui ad accompagnarlo ci sono Maria Mallol Moya, Marco Ielacqua, Walter Magri e Vincenzo Marando: la loro musica è un’esperienza sinestesica che coinvolge ed avvolge l’ascoltatore e, tanto più, lo spettatore che si trova davanti a uno spettacolo capace di ammaliare, ma in maniera composta e priva di enfasi, lontana da inutili sciamanismi. Come di consueto Stefano porta in dote la straordinaria prerogativa di trascinarti via dal “qui ed ora” per catapultarti in un altrove non ben localizzabile in termini spazio-temporali, fra gli odori delle spezie e il gusto caldo del vermut, fra i colori di un suq e gli afrori della pelle conciata, nel fumo acre e denso di uno shisha bar, sulla banchina di un porto qualsiasi affacciato sul Mediterraneo. I brani sono complessivamente otto, un paio tratti dalla discografia de La Piramide Di Sangue e una torrida versione di “Locomotive Vocale” del compositore Hugues Le Bars, quella che chi ha già qualche annetto sulle spalle ricorderà nella pubblicità del Grand Marnier. Una piccola chicca da accaparrarsi per i cultori dell’Italian Occult Psychedelia, per chi c’era ma anche per chi non c’era e voglia recuperare il tempo perduto.