GIANMARIA APRILE, Rain, Ghosts, One Dog And Empty Woodland
Si sa già chi è Gianmaria Aprile. Ci siamo occupati ampiamente sia della sua etichetta Fratto9, sia dei Luminance Ratio, che abbiamo spinto convinti. Se ci guardassimo ancora più indietro, vedremmo anche altre esperienze significative (Tagofest), ma non è questo il momento. Qui cammina piano, da solo, scalzo come Bill Orcutt, con chitarra, guqin (strumento a corda della tradizione cinese) ed effetti. Visto il titolo e visto il periodo, non è difficile immaginarlo senza acqua e cibo alla fine del mondo, dopo che il coronavirus ci ha ammazzati tutti. Il disco è scarno e macilento, ossuto come un morto di fame, affaticato e allucinato come un sopravvissuto. L’inizio dell’album è costruito creando – tramite corde effettate – un fondale su cui poi annaspano accenni di melodia, ma le cose si fanno più suggestive – probabilmente per contrasto – quando la terza e la quarta traccia escono da questo schema, alzandosi da terra grazie a un approccio più psichedelico e al violoncello di Luca Tilli. Il ciclo si ripete, anche se più velocemente: la quinta e la sesta parte cominciano terrene con strozzature e rumori, poi in qualche modo si smaterializzano e si spostano verso una dimensione “altra”, impersonando i fantasmi del titolo. Si arriva non per caso alla fine (otto sono gli episodi, mezzora la durata complessiva dell’album) disanimati, col suono che si fa sempre più sottile.
Che ci siano un paio di buoni colpi è indubbio. Vediamo se bastano a convincervi.