GEODETIC, Broken Consonance
Il termine “consegrità” fu coniato dal filosofo pratico americano Buckminster Fuller per indicare grandi strutture che si trovano in perfetto equilibrio tensionale: le famose cupole geodetiche di Fuller sono l’esempio perfetto di tale principio, uniche strutture costruite dall’uomo che aumentano la loro resistenza al crescere delle dimensioni. Una cupola geodetica è costituita da una rete di travi intersecantisi fra loro a comporre triangoli e – appunto – geodetiche, un tipo particolare di curve, ed è caratterizzata da straordinaria resistenza e, nel contempo, leggerezza.
Se facciamo riferimento al concetto di consegrità e alle futuribili concezioni di Fuller, direi che l’intestazione del progetto messo su da Claudio Rocchetti e Jukka Reverberi risulta quanto mai azzeccata: magari non si tratta di strutture mastodontiche, musicalmente parlando, ma sono costantemente in tensione sì, leggere e resistenti all’ascolto. La sovrapposizione di drone ed elementi ritmici che nell’insieme danno forma ai pezzi, di continuo dentro e fuori dai codici geometrici, conferisce all’architettura musicale una sua eleganza, una levità in senso buono.
Il progetto, che oscilla fra dance music sghemba e industrial perversamente piacione, è frutto di una fitta corrispondenza elettronica fra Bolzano e Reggio Emilia, fra due anime la cui fusione è qui totale, tanto che risulta difficile rintracciare gli apporti di Rocchetti o quelli di Reverberi. La prima delle sei tracce, tutte contraddistinte da numerazione romana, si apre con un basso gommoso che rimbalza su un sostrato liquido e atterra sull’handclapping nel finale: la trama è sfilacciata e il gioco – come in tutto il nastro – non è mai troppo pulito. Drone distorti si rincorrono su un beat scalciante in un secondo brano ammantato di un’aura vagamente paranoide. Nel terzo entra di nuovo in scena il basso rimbalzino, questa volta attorniato da fill di percussioni sintetiche: il quadro generale di obsolescenza ha un che di ipnagogico. Il numero quattro scorre serafico, melmoso il tappeto su cui si dipanano le cellule ritmiche sadicamente insistite. Gli ultimi due pezzi sono più eterogenei e quanto mai stimolanti: il quinto dominato da suoni metallici, irregolare e quasi meditativo, l’ultimo industriale nelle intenzioni, postumano negli esiti.
Broken Consonance esce oggi su Maple Death Records: registrato e masterizzato da Nico Pasquini (alias Stromboli, autore di un altro titolone tirato fuori quest’anno dall’etichetta di Jonathan Clancy), è disponibile su cassetta rossa limitata a 100 pezzi.
Da avere, per quanto mi riguarda.