GALATI, Cold As A February Sky
Roberto Galati è in qualche modo un operatore minerario, perché possiede la capacità di leggere il terreno senza lederne la natura, trasformandolo in qualche modo in suono attraverso il suo corpo e il suo agire. Roberto Galati, oltre a viaggiare, scrivere e e fotografare, suona. Nella musica di Galati, alla quale mi approccio per la seconda volta dopo Alps, si sentono il territorio e l’emozione nel percorrere i luoghi come vere e proprie cartoline animate. Parte dall’Altipiano del Carso invernale, ma il suono che utilizza per tradurre le sue visioni riesce a trasportare ognuno in una sua quota, ognuno in una sua personale montagna. Sono scorci molto ben definiti, ad altezze dove la presenza umana è sempre meno tangibile ed è la materia stessa (l’acqua, la neve, la roccia) a risaltare nella sua cruda bellezza. La chitarra sbucciata in punta di dita, l’onnipresente, leggera malinconia di chi si sente infinitamente piccolo di fronte al paesaggio ma lo fa letteralmente muovere, ad esempio in “That Day Exploded Silently All Around Me”, dove sembra di assistere allo scorrere velocizzato di milioni di anni con relativi cambiamenti geologici, drammatizzazioni e stasi che sono il semplice corso della natura nel tempo. A tratti sembra di percepire la quieta meraviglia del musicista nell’atto creativo, il suo rimanere in disparte per osservare come le note si posano sui paesaggi naturali e, di riflesso, al suo interno. Una sorta di musica minerale. Che arricchisce come sorgente chi vi si abbevera, grazie a slanci equilibrati ed intensi, solidi nella loro efficacia e nel loro essere tasselli di un paesaggio completo. Cold As A February Sky è un album toccante e sincero, a tratti bellissimo, perderlo sarebbe un vero delitto.