GAEREA, Mirage
La penisola iberica non è mai stata terreno fertile per la musica pesante. L’unica eccezione di rilievo è rappresentata dai portoghesi Moonspell, capaci di imporsi a livello internazionale cavalcando l’onda del metal estremo a tinte gotiche in auge agli inizi degli anni Novanta e condendo il tutto con eclettismo e una buona dose di ironia dissacrante. Erano altri tempi, e proprio per questo il rapido exploit dei connazionali Gaerea fa ancora più notizia.
Benché attivi da una manciata di anni, questi ragazzi di Porto sono riusciti a ritagliarsi un ruolo di primo piano nell’affollato panorama del metal estremo grazie ad una forte identità stilistica e alla cura dell’elemento estetico, gli stessi ingredienti che avevano fatto la fortuna di Ribeiro e compagni ormai trent’anni or sono. E, un po’ come era stato per Wolfheart e Irreligious, anche l’ultimo lavoro dei Gaerea rispetta la tradizione solo fino ad un certo punto.
Mirage è un disco black metal, e su questo non ci piove: oscurità, nichilismo e riff minacciosi non mancano di certo, ma questo è tutto ciò che ha in comune con i classici del genere. Se da un lato blast-beat furibondi, chitarre in tremolo-picking e cantato angosciante costituiscono un’ossatura e dominano la scena nei brani più rabbiosi come “Salve” e “Ebb”, i Gaerea non si fanno troppi problemi nel mettere da parte l’ortodossia a favore di un maggior dinamismo e di una sana vena melodica.
La formazione lusitana mostra grande padronanza dei propri mezzi allestendo nove brani solidi e al tempo stesso pieni di sfaccettature, come testimoniano gli arpeggi dimessi di “Memoir”, la migliore introduzione possibile per l’universo tormentato di Mirage. Cuore pulsante dell’album sono le stratificazioni ipnotiche di chitarra di “Laude” e “Arson” e i bruschi cambi di ritmo che spezzano la tensione subito dopo aver raggiunto l’apice. Questi elementi, oltre a generare una costante sensazione di smarrimento, richiamano certi passaggi dei Mgła. L’influenza della band polacca è certificata anche dal carattere introspettivo dei testi e dal simbolismo che accompagna la narrazione, a cominciare dal simbolo del demone Asmodeo che fa capolino in copertina e nelle foto promozionali dei Gaerea. Si tratta di una figura enigmatica: signore di discordia, vendetta e ira nella tradizione persiana, assume il ruolo di signore dell’Inferno in quella cristiana, mentre nell’astrologia medioevale veniva considerato uno spirito guida associato allo scorrere del tempo e in grado di fornire insegnamenti nelle scienze. Questa ambiguità la ritroviamo nei testi, fortemente astratti e incentrati su inquietudini e mal de vivre di baudelairiana memoria, ma che spesso si abbandonano ad un feroce rifiuto della società, colpevole di consegnarci ad esistenze vuote e prive di significato.
A man makes a fire out of all his belongings surrounding a big wooden mast. A fire to contemplate, a fire to burn what he regrets about his own existence. He embraces his fate as his own world crumbles down upon his flesh.
Mirage è una sorta di discesa agli inferi dantesca, in cui debolezze e tormenti della vita vengono messi a nudo allo scopo di indicare una via di fuga dal “miraggio” degli stili di vita moderni: per vincere solitudine e apatia è necessario liberarsi dalle catene del materialismo e ricongiungersi alla propria natura primordiale. Allo stesso modo, i Gaerea si spogliano di stereotipi e cliché per sposare il nuovo corso del black metal, sempre più aperto a contaminazioni e contenuti impegnati. Qualcuno potrebbe storcere il naso e rimpiangere i suoni grezzi e le copertine bicolori degli anni Novanta, ma il tempo passa: tutto cambia, tutto si evolve, mentre ciò che rimane statico è destinato a perire.