GABRIELE GASPAROTTI, Istantanee Vol.1
I punti di contatto fra la produzione di un brano musicale e lo scatto di una fotografia sono, a ben vedere, non pochi: la composizione, la scelta dei primi piani e dello sfondo, la messa a fuoco o la sfocatura, l’attenzione alla luce, all’esposizione, i giochi di ombre e di volume…sono tutte operazioni applicabili, più o meno metaforicamente, anche all’organizzazione del suono.
In questo lavoro Gabriele Gasparotti si propone di stringere ulteriormente il legame tra musica e fotografia attraverso undici brani etichettati, per l’appunto, come istantanee, cercando in qualche modo di imitare la tecnica fotografica: l’analogia non è immediata all’ascolto, ma fornisce una buona chiave di lettura di questo disco. L’asse portante della musica di Gasparotti sono i synth semimodulari (Buchla Easel e Korg, MS20 e SQ10), ai quali si aggiungono un pianoforte preparato, alcuni archi, un giradischi e delle registrazioni ambientali. I sintetizzatori analogici, è noto, hanno una forte componente aleatoria da cui deriva buona parte del loro fascino: sono macchine che hanno, per usare le parole di Gabriele, “quasi una vita propria”, per cui ogni evento sonico che ne scaturisce è, in virtù della loro particolare struttura e della loro sensibilità, irripetibile. Gasparotti vuole raccogliere una testimonianza unica, prova a fermare il momento (il kairós dei greci antichi) scegliendo tra diversi tipi di nastro a seconda della resa sonora, proprio come il fotografo seleziona la pellicola su cui impressionare gli attimi. L’effetto è quello di onde che si intersecano fra loro tessendo tappeti armonici, disarmonici, poliritmici, in balia di un incessante moto browniano, di un beccheggiare seguito da un subitaneo sgonfiarsi, con il suono che si deforma, si rastrema, fino ad appiattirsi totalmente appena prima di rimontare impetuoso con la marea. Astrattismo fotografico da guardare con le orecchie, dunque, ma anche un ritorno a suoni e atmosfere che furono della library music più avventurosa, quella che dai primissimi anni Settanta tentava con coraggio – e spesso con ingenuità – di stare dietro ai progressi della tecnologia creandone il fondale.