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GAAHLS WYRD, The Humming Mountain

Kristian Eivind Espedal, in arte Gaahl, è una delle figure più discusse della scena black metal, eppure di recente sembrava aver voltato le spalle alla musica estrema. Messa la croce sopra (!) prima ai Gorgoroth e poi ai God Seed, il cantante norvegese aveva ampliato la sua sfera di interessi dedicandosi al progetto folk-ambient Wardruna, alla pittura e cimentandosi persino nel campo dell’abbigliamento. A Gaahl però piace prendere tutti in contropiede: nel 2019 esce GastiR – Ghosts Invited, debutto dei Gaahls Wyrd, un disco in cui coesistono black metal tradizionale e il ritualismo tipico dei Wardruna, il tutto filtrato da un songwriting maturo e piacevolmente depurato dai cliché del genere.

Le aspettative attorno alla nuova creatura di Gaahl erano dunque altissime, e poco importa se lui aveva definito il nuovo capitolo The Humming Mountain un mini album: la durata complessiva di questi cinque brani sfiora la mezz’ora, un tempo più che sufficiente per toccare tutte le sfumature che compongono l’anima dei Gaahls Wyrd.

In questa uscita prevale però la componente folk di “The Seed” e “The Sleep”, rispettivamente traccia introduttiva e chiusura del disco: si tratta di composizioni interamente acustiche e dalla forte connotazione spirituale, quasi delle preghiere in onore dei lenti cicli vitali che dominano la Natura. Il cuore del disco è invece nero come la pece e caratterizzato da un registro più convenzionale. Il trittico “The Humming Mountain”, “The Dwell” e “Awakening Remains – Before Leaving” ci riporta al sound dell’album d’esordio, con digressioni atmosferiche a far da contraltare ai blast-beat e ai riff glaciali delle chitarre.

I temi portanti di The Humming Mountain sono senza dubbio la connessione con la Natura, i suoi ritmi e i suoi equilibri, ma la loro resa in musica non è stata bilanciata alla perfezione. Per quanto ammaliante nei suoi intrecci, “The Seed” si trascina per quasi dieci minuti senza giungere a uno sviluppo concreto, mentre la sua controparte si esaurisce prima ancora di lasciare il segno nell’ascoltatore. Non convince nemmeno il netto contrasto tra questi due pezzi e la parte centrale del disco, che, per quanto di forte impatto e impreziosita da buoni arrangiamenti, puzzano di b-side di Ghosts Invited rispolverate per l’occasione.

Quello dei Gaahls Wyrd è dunque un ritorno agrodolce, ma può anche trattarsi di un esperimento per far assaggiare ai fan soluzioni che saranno meglio sviluppate in futuro. Noi ci crediamo: con Gaahl di mezzo tutto può ancora succedere.