FUNERAL LEECH, Death Meditation
Oh, come ci mancano i Bolt Thrower. Proprio tanto. I Memoriam, con alti e bassi, hanno parzialmente riempito il vuoto ma, giustamente direi, sono un’altra cosa.
Periodicamente però salta fuori qualche gruppo che “paga il fio”, come dicono a Firenze, e porge i suoi omaggi al gruppo inglese che ha compostamente spadroneggiato per anni nella scena death metal. Non vorrei, comunque, fuorviare i lettori: i Funeral Leech non sono un gruppo tributo. L’influenza dei Bolt Thrower salta fuori palese a ogni piè sospinto, è un fatto innegabile, ma l’approccio dei newyorkesi è più dilatato e maggiormente virato al doom/death, ed echi dei concittadini Winter attraversano le valli con insistenza.
Altro riferimento, soprattutto per orecchie più giovani, sono i Blood Incantation e gli Spectral Voice, ambedue nelle loro declinazioni più lente e diluite.
Si tratta di un disco moderno da questo punto di vista, considerando i giudizi incredibili che stanno raccogliendo i Blood Incantation. E coi gruppi moderni i Funeral Leech condividono anche il suono. Oramai mi trovo a scrivere sempre le stesse cose e i miei milioni di lettori avranno già capito di che si tratta: il riverbero. Propongo ufficialmente che sia limitato per legge nel metal, se si supera una certa soglia scatta il Daspo dagli studi di registrazione per un anno. Ad essere onesti, i Funeral Leech non ci sguazzano come certi altri colleghi, ma la voce tende a perdersi nel mix e le chitarre rinunciano a una parte di forza per colpa di questa moda maledetta. Nonostante i miei gusti siano snob, (nonostante tutto) ammetto che i Funeral Leech hanno confezionato un valido primo disco, forse un po’ monotono, ma tutto sommato bello. Il riverbero però…