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FULCI, Opening The Hell Gates

FULCI, Opening The Hell Gates

Chi ha letto con attenzione la recensione dell’ultimo disco dei Vesper si ricorderà di come la Despise The Sun sia stata pubblicamente ringraziata per aver smesso di produrre gruppi brutal death, un genere che ormai sembra in piena decadenza. In realtà, le cose non stanno esattamente così: l’etichetta romana è sì cambiata, diventando più old school, ma non ha del tutto dimenticato il suo amore per la brutalità più estrema. Ogni tanto qualche disco del genere se lo concede, come questo dei Fulci. Il gruppo campano (da non confondersi con gli omonimi americani drone/doom), nato nel 2013 da ex membri di Exhumer e Necrophilism, è arrivato presto al traguardo del primo full length, con alle spalle un solo ep, Incubus In the Surgery Room/City Of The Living Dead, uscito in cassetta per la loro Caserta Beatdown Clan in edizione limitatissima a sole 25 copie.

L’aver preso il nome e tutto il concept dalle opere del maestro del gore dietro la macchina da presa ci fa capire bene dove andremo a parare, e non a caso l’artwork (molto ben riuscito, a cura dell’australiano Nerdgore) e il titolo del disco sono un chiarissimo riferimento a quel capolavoro che è “Paura Nella Città dei Morti Viventi” (non a caso, sono presenti anche campionamenti da altri film come “Zombie 2” e “L’Aldilà” in diversi brani).

Dal punto di vista musicale, il trio fa un brutal/slam canonico, con pigsqueal, growl e altri versi a secchiate. A differenza del grosso dei gruppi del genere, i riff, pur molto scontati, fanno il loro lavoro. L’insistere su parti cariche di groove, con una pioggia di doppio pedale, rappresenta il loro punto di forza, e ci sono pochissimi blastbeats. Le chitarre hanno un bel sound: potenti, scure e massicce. Le parti vocali ci confermano il talento di Fiore Stravino, in grado di passare a più stili diversi senza alcun problema. Ci sono anche degli ospiti curiosi, come Enrico Giannone (Undertakers/Ciaff/Buffalo Grillz) su “Deranged Minds” e Marco Caracas dei Face Your Enemy nella parte rappata della title track.

Non ci sono dubbi, questo è un disco incredibilmente riuscito: è molto scorrevole, con solo pezzi d’assalto, ben strutturati, e coi suoi 23 minuti di durata finisce per essere ben più presentabile di molto brutal odierno. I Fulci, insomma, hanno tutte le carte per sfondare all’estero e quest’album già sta circolando come si deve. Come al solito la Despise The Sun ci propone un prodotto valido, che forse potrà anche piacere a chi il genere non l’ha mai digerito.