FuFaZ Quartet: Intricato Strumentale
Fulvio Giglio e Andrea Avalli ai bassi elettrici, Nicolas Gargini alla batteria: dovevano essere quattro, poi sono rimasti in tre ma hanno deciso di chiamarsi comunque FuFaZ Quartet. Liguri, intenti in un math-groove che tradisce (ma non solo, e va bene così) le radici di Fulvio nei grandi Cardosanto, hanno pubblicato a settembre 2021 un bel disco per la Taxi Driver di Massimo Perasso, un nome che chi legge The New Noise conosce bene. Ecco la nostra chiacchierata.
Jazz-core e mathrock; generi che di questi tempi probabilmente non sono tra i più frequentati; sospetto che di stare al passo coi tempi che vi importi poco, ma vorrei sapere quali sono le band che vi hanno folgorato sulla “via dell’intricato strumentale”
Fulvio: Beh, sicuramente, per ragioni anche solo meramente anagrafiche, il mio amore per “l’intricato strumentale” parte da un artista che difficilmente è inseribile nel filone jazz-core e math-rock (o in qualsiasi altro, se è per questo), ma che secondo me è imprescindibile: Frank Zappa. E in Italia, gli Area. Anche i King Crimson 2.0 (quelli da Discipline in poi, per intenderci) mi avevano folgorato. Poi mi aveva colpito tantissimo Mr. Bungle, che per certi versi mi pareva uno Zappa riveduto e aggiornato. Per quanto riguarda specificatamente il basso, Les Claypool dei Primus è sicuramente un’influenza primaria.
Andrea: Per quanto riguarda me, i Don Caballero sono un punto di riferimento costante del mio immaginario musicale, e riescono sempre a stimolarmi e divertirmi. Forse quello che desideravo fare era quello, anche se senza chitarre. Ma sicuramente ci sono altre ispirazioni di cui sono meno consapevole, e che possono aver influenzato la tessitura musicale e ritmica.
Nicolas: Sicuramente non posso non citare i King Crimson, ricordo il momento in cui in radio mandarono Red e, nonostante li conoscessi già, rimasi folgorato. Per quanto riguarda il math cito i Totorro, mi interessai al genere dopo averli visto dal vivo e i Toe.
Fulvio, tu eri nei Cardosanto, band che a chi aveva sete di certi suoni in tempi non sospetti dette discreti schiaffoni alle orecchie: un ricordo di quell’esperienza? Che fine hanno fatto gli altri?
Fulvio: Un’esperienza bellissima, che mi è rimasta nel cuore e che ricordo sempre con piacere immenso, sia dal punto di vista umano che musicale. Avevo e avevamo veramente l’impressione di stare facendo qualcosa di bello… suonare quei pezzi dal vivo mi (anzi, sono certo di poter dire “ci”) emozionava veramente tanto. Forse il ricordo più forte che ho è anche il più triste, ed è la sera in cui, durante una cena a casa mia per parlare del futuro, Dario (il batterista) ci comunicò che in realtà futuro non ce ne sarebbe stato, perché lui mollava il colpo per ragioni personali. Ricordo di aver girato per due settimane come uno zombi, e di non aver imbracciato il basso per anni. Poi c’è stata la riunione di breve durata, tra il 2013 e il 2016, durante la quale siamo anche riusciti a comporre un nuovo brano che purtroppo non abbiamo mai registrato… era stato molto emozionante! Gli altri stanno benissimo, siamo rimasti amicissimi e siamo sempre in contatto. Roberto Sassi, il chitarrista, vive a Londra da anni ed è riuscito ad infiltrarsi benissimo nella scena musicale londinese con risultati eccellenti. Dario Marinangeli abita alle Baleari e gestisce con la compagna uno splendido Glamping (che da quanto ho capito è un camping di lusso)… non mi risulta stia suonando con qualcuno, anche perché la scena a La Palma è forzatamente ridotta.
Progressive per tanti (non certo per me) è ancora una parolaccia: alcuni osservatoriacuti hanno invece notato come nelle elucubrazioni iperboreali degli Autechre si annidi in realtà il virus inoculato nella musica a suo tempo ad esempio dai Soft Machine. Qual è il vostro punto di vista e il vostro sentimento riguardo al prog? Ascolti, punti di riferimento?
Fulvio: Il prog è stata una stagione interessantissima per la musica e, con riferimento all’intricato strumentale che hai citato prima, ha sicuramente contribuito a renderlo concepibile in ambito “rock”. Purtroppo trovo che sia invecchiata un po’ male, anche se ci sono cose che ascolto ancora con molto piacere: i King Crimson prima maniera hanno creato veri capolavori, ma anche i Genesis, specialmente con The Lamb Lies Down On Broadway. A suo tempo ho ascoltato Van Der Graaf Generator, Gentle Giant, ma non mi sono mai andati molto a genio gli Yes, probabilmente per il cantato.
Andrea: È vero che il prog, per le generazioni più giovani, è un genere che appare molto invecchiato. Eppure io credo che comunichi anche qualcos’altro oggi: la nostalgia e l’inattualità di un’epoca musicale di fantasia al potere, di sperimentazione giocosa, di utopia. Al di là delle sonorità più strettamente legate a quella fase, che personalmente identifico nei sintetizzatori e nella fusion – e quindi in un suono effettivamente datato – penso che il prog abbia ancora da insegnare questo: la capacità di prendere sul serio, anche dal punto di vista tecnico, il gioco e il sogno. Due nomi su tutti per me: Area e King Crimson.
E il metal, resta fuori dal vostro campo di azione e di influenza?
Fulvio: Il metal… Ricordo quando andai a vedere i Kiss a Genova nel 1980, a 15 anni. Erano i tempi della New Wave of British Heavy Metal, e infatti mi beccai sulla faccia gli Iron Maiden – ancora con Paul Di Anno – come gruppo di supporto che presentava il 1° disco, l’eponimo Iron Maiden… che pattone! Dopo la loro esibizione super potente i Kiss mi parvero dei vecchi imbolsiti. Come non innamorarsi di un genere energetico quanto il punk ma suonato con grande perizia tecnica? Ma ormai non ne ascolto quasi più, mi sono venute a noia sia le sonorità che l’immaginario, per quanto variegato… non mi diverte proprio. Ma non posso sputare nel piatto dove ho mangiato per anni, ovviamente l’ho ascoltato sia da adolescente che da giovane adulto, e sicuramente qualcosa di quell’approccio energetico e potente mi è rimasto.
Andrea: Il metal ha avuto un ruolo importante nella mia crescita musicale di adolescente, ma oggi tendo a rinnegarlo, non riconoscendomi più nell’estetica, nel suono e nell’immaginario della cultura metal. Del metal accolgo l’aggressività sonora, ma spesso la trovo fredda e controllata, eretta a canone stilistico e quindi paradossalmente depotenziata. Con tutto il rispetto per il genere, credo che nei FuFaZ resti poco del metal, e quel poco è filtrato dall’esperienza dei Cardosanto.
Nicolas: Ho avuto un’esperienza simile a quella di Andrea, è un tipo di sonorità che ricerco difficilmente. Ne ho ascoltato ma non l’ho approfondito. Anche sulla batteria non ne sento molto l’influenza.
Come lavorate in sala prove? Jam e poi vi cristallizzate su qualche idea su cui poi costruire le tracce? Tutto determinato o lasciate spazio all’imprevisto?
FuFaZ: Come in tutti i gruppi (forse), la maggior parte dei pezzi nascono con l’individuazione di una parte strumentale da parte di qualcuno. Ripetere quella parte, costruirci attorno una ritmica e un contraltare armonico, è la nascita del pezzo. È divertente e liberatorio darsi la possibilità, come hai detto tu, di lasciare spazio all’imprevisto, e in particolare di integrare nei pezzi parti di improvvisazione basate sul gioco e sull’ascolto reciproco.
Cinque dischi che vi rappresentano come ascoltatori
Fulvio: Physical Graffiti – Led Zeppelin, Q: Are We Not Men A: We Are Devo – Devo, Mr. Bungle – Mr. Bungle, Pork Salad – Primus, The Well-Tempered Clavier – JSB/Glenn Gould
Andrea: Sister – Sonic Youth, What Burns Never Returns – Don Caballero, Entertainment – Gang Of Four, On Air – John Fahey, Remain In Light – Talking Heads.
Nicolas: Washing Machine – Sonic Youth, Kid A – Radiohead, Zorya – Floex, Casting For Gravity – Donny McCaslin, Horizon / Rapture – The Physics House Band.
Cinque band italiane che tutti dovrebbero ascoltare secondo voi.
Fulvio: ZU, Bluvertigo, Area, Pietro Santangelo Quintet, Quintorigo.
Andrea: CCCP, Affranti, Casa degli Specchi, Nu Genea, Zu.
Nicolas: Verdena, Banco Del Mutuo Soccorso, Area, Iosonouncane, Marta Sui Tubi.
La scena in Liguria: io personalmente conosco poco e nulla; pur non abitando lontanissimo (Reggio Emilia), non ricordo di aver mai scavallato l’Appennino per concerti. Ti dico random i nomi che mi ricordo da letture di vario tipo: La Scaletta a La Spezia, Rain Dogs, il mitico Megatalogo, ovviamente Taxi Driver di Massimo Perasso che collabora con noi. Illuminatemi!
FuFaZ: Savona rientra da molti punti di vista nell’orbita di Genova, e spesso sono stati i centri sociali genovesi (su tutti Buridda, Zapata, Terra di Nessuno) e le realtà genovesi come Taxi Driver a ospitare le band savonesi. Ma negli anni Savona ha sempre avuto una propria scena autonoma che, per una città mediamente anziana e popolata dieci volte meno rispetto a Genova, spesso ha avuto momenti esaltanti e una vita musicale che non aveva nulla da invidiare quella genovese, con band di rilievo nazionale (Klasse Kriminale, DSA Commando, MGZ, anche gli stessi Cardosanto). Attualmente, è soprattutto la Rain Dogs House a fare da centro propulsivo. Ma anche la provincia di Imperia ha avuto e ha eccellenze musicali (CGB per il punk hardcore, Casa degli Specchi per l’hip hop). Negli ultimi dieci anni si sono anche create relazioni con band della Francia del Sud (tra Nizza, Tolone e Marsiglia) che hanno attraversato il confine in un senso e nell’altro.