Frizzi 2 Fulci, 31/10/2014
Londra, The Barbican Center.
I portoni di ogni casa sono decorati con scheletri fluorescenti e zucche intagliate. Se il primo pomeriggio trascorre tra le risate dei bambini che suonano al citofono urlando “Trick or Treat?”, la serata, la mia serata, si svolge presso il Barbican Center di Londra, il più grande centro teatrale d’Europa. Qui si sono dati appuntamento gli amanti del genere horror, per assistere allo spettacolo che celebra il sodalizio tra il Maestro Fabio Frizzi e il “padre del gore” Lucio Fulci. È la seconda volta che il compositore festeggia Halloween nella capitale inglese, forte del sold out dello scorso anno presso l’Union Chapel. Frizzi ha avuto un ruolo fondamentale nella storia delle colonne sonore dei film horror. Se da un lato, infatti, Fulci è universalmente apprezzato per aver lasciato su di un genere underground un’impronta che ha influenzato registi di tutto il mondo (Quentin Tarantino compreso), dall’altro lato è innegabile che la particolarità del suo cinema sia data anche dall’opera mastodontica di accompagnamento, nella quale possiamo ritrovare alcuni dei più grandi capolavori della musica orchestrale contemporanea. Parliamo di uno dei generi cinematografici nei quali la musica assume un valore più elevato, in quanto è uno degli elementi fondamentali per la resa espressiva del significato filmico stesso. Chi ha avuto la fortuna di vedere “Berberian Sound Studio”, ambientato in uno studio di registrazione italiano degli anni Settanta specializzato nella creazione di effetti sonori e soundtrack, ha facilmente compreso le difficoltà che questa comporta. Se col cinema muto l’accompagnamento musicale, necessario per mantenere viva l’attenzione del pubblico, era caratterizzato da motivetti ridondanti suonati prevalentemente dal vivo da un pianista, è con gli anni Sessanta che le colonne sonore horror cominciano ad avere una loro impronta. Basti pensare a quanto realizzato da Bernard Herrmann con “Psycho”: un leitmotiv ossessivo e ripetitivo che lascia lo spettatore spaesato e angosciato per una violenza pari a quella delle immagini sullo schermo. Gli anni Settanta segnano la vera svolta e la consacrazione della soundtrack horror come genere a sé stante. Il lavoro di Frizzi con Fulci, così come quello dei Goblin con Dario Argento, è alla base di questa trasformazione, in quanto ribalta la struttura compositiva precedente, caratterizzata da un suono sinfonico e armonico, intersecando elementi classici con parti più moderne, inserendo percussioni, chitarre elettriche, tastiere e bassi, sotto l’influenza del rock e del progressive, che proprio in quegli anni si stavano affermando. Così all’epoca non era solo il film a diventare oggetto di culto per gli appassionati, ma anche la colonna sonora stessa, influenzando generazioni di musicisti per i decenni a venire.
Ho avuto la fortuna di vincere i biglietti messi in palio del sito inglese Front Row Reviews, partecipando a un concorso nel quale bisognava indicare la città di nascita di Frizzi. Così, con il mio travestimento ispirato ad Heidi di “The Lords Of Salem”, mi dirigo verso la zona a nord della City, accompagnata da decine di persone mascherate o con indosso t-shirt con le locandine dei film di Fulci. Sono le 20 quando Frizzi e la sua orchestra fanno la loro apparizione sul palco.
S’inizia con la soundtrack di “Delitto in Via Teulada”, diretto da Aldo Lado nel 1979 e trasmesso in televisione suddiviso in quindici brevi episodi. Rimango subito impressionata dalla precisione degli esecutori e dall’acustica del teatro, dovuta sia alla struttura architettonica dell’edificio stesso, sia alla bravura dei musicisti e del fonico. Il secondo pezzo è il primo tratto da un film di Fulci, “Manhattan Baby” del 1982 (il suo ultimo, tra l’altro, uscito per la “Fulvia Film” di Fabrizio De Angelis), ma è col terzo che il pubblico comincia davvero a scaldarsi, anche perché si mette in moto l’altra componente dello spettacolo: sullo sfondo si rincorrono ora le immagini di “7 Note in Nero”, ma non si tratta di una mera riproduzione di una clip del film, bensì di una serie di live visual che contribuiscono all’approccio moderno e particolare alla materia che ha questo “Frizzi 2 Fulci”. Qualche nota e i fan più affezionati iniziano a urlare: è adesso che il cuore inizia a battermi fortissimo, non solo perché c’entrano le mie preferenze personali, ma soprattutto perché entra in scena la voce incredibile di Giulietta Zanardi. Frizzi rende poi omaggio ai suoi colleghi Claudio Simonetti e Massimo Morante, coi quali ha lavorato più volte anche prima che fondassero i Goblin, e ripercorre la sua carriera spaziando tra i diversi generi cinematografici affrontati nel corso degli anni e i diversi incontri artistici che questi hanno favorito, presentando anche degli inediti provenienti dalle sue più recenti collaborazioni. Rende dunque omaggio al collega Bixio, assieme al quale s’è occupato delle musiche dello spaghetti-western “I quattro dell’apocalisse”, diretto sempre da Fulci nel 1975, e a Lamberto Bava, con la proposizione di un episodio appartenente alla colonna sonora di “Blastfighter” del 1984. La serata raggiunge il suo apice quando vengono suonati brani tratti da “Un gatto nel cervello”, “Contraband” (qui un piccolo incidente del batterista Gabriele fornisce la scusa per presentare l’orchestra, tra gli applausi del pubblico) e da “Zombi 2”, film del quale ci viene fatta rivedere la bellissima scena subacquea dello scontro tra uno zombie e uno squalo, un cult per gli amanti dell’horror.
Dopo una fugace uscita di scena, l’orchestra ritorna per il gran finale: “E tu vivrai nel terrore! L’aldilà”. Visual schizofrenici, performance impeccabile e brillante, con quasi tutto il pubblico del teatro in piedi ad applaudire. Quello che colpisce dello spettacolo non è solo l’esibizione in sé, ma soprattutto la passione e l’amore che i musicisti ci mettono, il loro affiatamento e la gioia con la quale lo vivono, in particolar modo quella del Maestro Frizzi.
Non posso che essere grata a Front Row Reviews per avermi dato la possibilità di assistere a quest’evento, di immergermi nelle sue atmosfere, di capire ancora più a fondo quanto la musica non sia un mero orpello da corredare a delle immagini ma, a volte, la vera protagonista della scena.
Alla fine rimango seduta a chiedermi come fossero i sabati pomeriggio a casa Frizzi, quando entrambi i fratelli erano adolescenti. Forse sotto sotto anche Fabrizio è un fan di Romero.