FRED FRITH TRIO, 19/2/2017
Area Sismica, Ravaldino in Monte (FC). Foto di Enrico Rolandi, che ringraziamo.
Si pensi a un fratello del nostro Sistema Solare, popolato da pianeti grandi più o meno come la Terra. Alcuni di questi mondi alieni potrebbero persino ospitare forme di vita, magari così evolute da viaggiare da un pianeta all’altro a bordo di sofisticate navette spaziali. Un’ambientazione che sembra essere uscita dalla penna di Isaac Asimov o di un altro autore di fantascienza. Ma ancora una volta la realtà è la fantasia più uno, e rende concreti anche gli scenari più futuribili. Perché, alieni e navicelle a parte, questo sistema planetario esiste davvero, e si trova a meno di 40 anni luce da noi. Trappist-1, una stella nana rossa nella costellazione dell’Acquario, ha un corteo di ben sette pianeti simili alla Terra. La musica è esplorazione, spazio, avventura, conquista, scoperta. Astronomy domine.
Immaginate allora un lontano fratello del nostro Sistema Musicale. Mondi alieni, inesplorati, abitati probabilmente, ma da forme di vita che non sappiamo decifrare o definire. Forme la cui geometria capovolge secoli di pensatori. Questo Sistema esiste davvero, orbita seguendo un tragitto tutto suo e ha sfiorato le nostre wasted lands il 19 febbraio presso la stazione orbitante Area Sismica, quasi cinquant’anni dopo l’incontro con la navicella Henry Cow. Il suo nome è Fred Frith e, come già altre volte in passato e come spesso all’Area, è stato un incontro entusiasmante, memorabile, sismico appunto.
Per questo allunaggio il suononauta inglese, ma di stanza in California dove insegna al prestigioso Mills College di Oakland (il cuore pulsante della tradizione sperimentale americana), si è presentato in trio con due suoi allievi, un progetto che somiglia parecchio a una vera e propria band e mostra il volto più rock, in senso molto lato, di Frith. Jason Hoopes al basso elettrico e Jordan Glenn alla batteria (superlativo) compongono assieme al loro maestro l’equipaggio di questo Vostok 1, che, reduce da Another Day In Fucking Paradise per la bibbia zurighese dell’avant-jazz Intakt Records, si imbarca in un tour europeo che per fortuna passa dalle nostre parti. Famoso per essere uno strumentista e un compositore sempre pronto a sperimentare nuove soluzioni timbriche, armoniche, ritmiche, Fred a questo giro non si mette, come qualcuno forse temeva, la chitarra sulle ginocchia per estrarne qualsiasi diavoleria, munito di ogni tipo di utensile. Non assistiamo a una lezione di speleologia, ma ad una classe di anti-retorica applicata. Come detto, l’impatto del trio è rock, ma quanto più possibile lontano dalla banale e stantia prosopopea di molte di quelle musiche: un groove asimmetrico e pulsante, portato con disinvoltura, gran tocco e maestria sorprendente da Glenn, un basso sghembo e sempre creativo, una chitarra che mette in crisi qualsiasi capacità di raccontarla.
Semplicemente Frith riesce a non essere mai, mai prevedibile e sposta di continuo in avanti la meta e il bersaglio: non puoi sapere cosa sta per succedere durante il concerto, non ci sono crescendo intuibili o finali telefonati, ogni spigolo rivela una nuova visuale, una nuova sorpresa. La sua chitarra parla e non è mai logorroica o noiosa, pur non tacendo un secondo.
È, letteralmente, la scoperta di un nuovo pianeta, sebbene il nostro calchi le scene da tempo immemore. Ma non ha perso ancora la capacità di inventare e aprire nuove vie, tra blues assurdista (quando usa il bottleneck), rock ancora e sempre in opposition, jazz non da manuale, avanguardia siderale e terrena al tempo stesso. Il trio è un meccanismo perfetto, in magistrale equilibrio tra nevrosi compositiva, estasi non psichedelica e delirio da improvvisazione, e il folto pubblico accorso risponde con entusiasmo.
Per il secondo bis Frith, prima di attaccare, indica come muoversi ai suoi soci: “short, sharp, up-tempo, in the key of flat B”. E alla fine di una jam breve e rumorosa, dove risalta ancora una volta il lavoro di Glenn, che ha la grazia di un acrobata e il controllo di un serial killer, mentre intorno imperversa una tempesta elettrica, l’ultimo applauso è caldo e grato a questo monumento delle musiche altre.
Nella galassia Frith c’è ancora così tanto spazio da visitare e raccontare. Chissà cosa vedremo al prossimo contatto. Space is the place…