Frantic Fest: il giorno di Voivod, Primordial, Midnight e altri ancora…
Francavilla al Mare (CH), Tikitaka Village, 16 agosto 2019.
Foto di Benedetta Gaiani (fotografa ufficiale del Frantic Fest).
L’occasione di vedere nello stesso momento nomi da sempre nel nostro radar era davvero troppo ghiotta per non presenziare ad almeno una giornata – la seconda, per essere precisi – del Frantic Fest, giovane realtà che ormai si sta imponendo come uno degli eventi estivi da tener d’occhio se si ascolta metal, hardcore e loro mutazioni: è proprio la varietà della proposta – che mette insieme nomi storici e interessanti nuove leve italiane ed estere, e non lascia scoperta alcuna sfumatura a livello di genere musicale – a essere uno dei suoi punti di forza. Un altro è che permette al pubblico di decidere senza troppe difficoltà se godersi ogni concerto e fare la spola tra i suoi due palchi oppure se assistere solo ad alcune performance e nel frattempo fare acquisti o fermarsi in chiacchiere con la musica in sottofondo. Così, nonostante il caldo, la sensazione che abbiamo avuto è stata quella di una chance perfetta per staccare la spina e immergersi in un’atmosfera festivaliera senza problemi legati a sovraffollamento o a funzionalità della location. C’è sempre qualcosa di perfettibile, ma è evidente come il festival sia gestito da chi la musica è abituato a viverla e non da qualche organizzazione “fuori campo”, come sottolineato dallo stesso Davide Straccione nella nostra chiacchierata di poco tempo fa.
Come al solito, non scriverò una cronaca minuto per minuto dei set: ogni band ha portato a termine il suo lavoro senza risparmiarsi e nell’insieme l’impressione è che ciò sia accaduto anche per via della buona affluenza e della situazione rilassata e conviviale.
Ad aprire le danze, ancora sotto il sole, sono stati gli Haunting Green, capaci di catturare l’attenzione dei presenti e di confermarsi come una delle realtà più interessanti e personali attualmente in giro, così come lo sono i Messa (che al contrario hanno beneficiato dell’atmosfera notturna), ormai sotto i riflettori e sempre alla ricerca di un sound che si trovi ai confini tra doom, psichedelia e jazz. Con una scaletta divisa in base ai palchi utilizzati più che alla grandezza del nome, tutti i gruppi sono stati in grado di consegnarci un’istantanea del loro modo di suonare metal (protagonista indiscusso di questa seconda giornata), a partire da Saor e Primordial, che lo incrociano con il loro folklore. Specie i secondi sono stati davvero impressionanti: è stato merito di una formazione ormai oliata a dovere e soprattutto di un Averill sugli scudi grazie al suo approccio quasi teatrale, mai però farsesco o sopra le righe (caratteristica che, fatte le debite distinzioni, permette di tracciare una linea di collegamento anche col concerto dei Selvans, fautori di un “avantgarde black” sui generis).
Interessante anche il match tra incappucciati: a un angolo i più moderni e contaminati Gaerea, all’altro i paladini della vecchia scuola Midnight (creatura del padre padrone Athenar), a cavallo tra metal ottantiano e sfrontatezza punk, quasi un mix tra Motörhead, Venom, Mentors e Poison Idea. A chiudere i Voivod, veterani che sembrano vivere una vera e propria seconda giovinezza e che hanno saputo coinvolgere anche quelli che non conoscevano i loro brani a memoria e magari si sono avvicinati più per curiosità che per consapevolezza. Questo è avvenuto ancora una volta nonostante le molte vicissitudini e la perdita di uno dei chitarristi più innovativi dell’intera storia del genere. Non era prevedibile che avrebbero incontrato un altro musicista tanto tecnico quanto incontenibile come Daniel Mongrain, sempre più a suo agio e disinvolto nell’arduo compito di sostituire Piggy e di portare a termine un set tanto concentrato sui brani del nuovo album quanto sul ripescare alcune vere chicche dai dischi classici. Insomma, il pubblico ha accolto i Voivod con passione e alla fine ha coinvolto a tal punto la band da far tuffare sui presenti il cantante Snake – non proprio un adolescente – per un finale coi fuochi d’artificio. Chi già amava il gruppo è uscito dal pit soddisfatto e appagato da questa esibizione open air. Nota a margine: a dicembre i canadesi torneranno in Italia in compagnia dei Gwar per una serata all’insegna di genio e sregolatezza.
Basandoci su questa prima irruzione al festival abruzzese, non possiamo che concordare con i molti che si sono lasciati tirare dentro e hanno supportato le sue prime edizioni: il prossimo anno vedremo di coprire l’intera maratona, che speriamo continui sulla stessa buona strada.