FRANCISCO LÓPEZ, Untitled #281
Il sound artist spagnolo è tanto amato quanto “odiato”. Mi spiego meglio: spesso ho letto sul suo conto cose positive come anche stroncature quasi senza appello, perché più che altro gli si imputano una forte propensione mono-tematica (a livello estetico) e sovrapproduzione. Lui, che ha una lunga carriera alle spalle e una discografia sterminata, continua a collezionare e riprocessare field recordings, avvertendo il bisogno di arricchire il proprio (immaginiamo sterminato) archivio sonoro. Questo nuovo lavoro prosegue su quel solco ed esce per la catalana Störung, label che fa capo ad Alex Gàmez (Asférico), confermando per intero l’idea musicale di fondo dell’autore di numerosi “Untitled” (ma ha collaborato pure con John Duncan, Luca Sigurtà e pubblicato per la Glacial Movements). Sin dal notevole artwork (opera del graphic designer Alex Prieto), “vergine” e trasparente, frutto di una sua precisa scelta estetica, si capisce che ci troviamo di fronte a un approccio quasi impalpabile, dove il “suono” in sé, ancora una volta, la fa da padrone. Circa trenta minuti di apparente “rumore di fondo” (ripetiamo, debitamente montato e rivisto in virtù di una coscienziosa messa in digitale) nello specifico di registrazioni selvagge (di uccelli e dell’ambiente che li circonda) risalenti al periodo 1995/2010 ed effettuate in numerose parti del mondo (tra le tante: Australia, Brasile, Sud Africa, Messico). Passati ventidue minuti circa, si assiste a un improvviso cambiamento di registro: il tutto si fa più insistente e quasi “cacofonico”, sembra di ascoltare dell’elettronica suonata da un musicista costretto a operare sott’acqua. Il resto del lavoro assume i toni di una sorta di “metallica” suite, mai troppo minacciosa per la verità. A conti fatti rimane soprattutto un disco adatto a chi apprezza e segue López da tempo.