Francesca Bono, esordiente ma adulta
Bello scambiare qualche chiacchiera con Francesca Bono sul suo primo album in uscita, Crumpled Canvas, dopo l’immediato innamoramento rimediato con “Velvet Flickering Heart”, brano che a giugno ci aveva letteralmente stregato. È passato qualche mese, il disco, Crumbled Canvas è in uscita per We Were Never Being Boring e Francesca Bono, dopo Suono In Un Tempo Trasfigurato, uscito lo scorso anno per Maple Death e condiviso con Vittoria Buratini, torna sulla cresta dell’onda, pronta per un autunno che ha tutte le carte in regola per vederla protagonista. Grazie all’intermediazione di Anna Laura Cazzola e prole di entrambi permettendo, riusciamo a trovare un varco telefonico per approfondire il suo percorso artistico attuale.
Ciao Francesca, in primis è un piacere sentirti! L’anno scorso ho avuto il piacere di intervistare Vittoria Burattini e te in forma scritta per il vostro bellissimo album, mentre quest’anno, a sorpresa, arriva il tuo primo lavoro solista, dopo un tot di anni di stimata carriera musicale. Come mai? Cos’è successo?
Francesca Bono: Guarda… non te lo so dire, nel senso che non è stata una cosa premeditata. Vado un po’ a istinto su quello che mi va di fare e in questo caso, tra l’altro, i dischi (questo e quello con Vittoria) hanno rischiato di accavallarsi e ho messo il mio in secondo piano perché dovevo finire dei mix ed inizialmente era una cosa che avevo fatto per me. C’era stata l’occasione, avendo mandato un provino a Mick Harvey per avere un parere, un feedback su canzoni che avevo scrito in un lasso di tempo e pensavo che alcune fossero interessanti. Avevo voglia di un parere super partes da qualcuno che avesse un’esperienza molto forte e quindi gli chiesi se ne avesse tempo e voglia. Era ancora un po’ la fase del lockdown, anche se non è un album nato necessariamente il quella fase, il primo singolo che è uscito ad esempio l’ho scritto due mesi prima di andare in sala d’incisione e quello che uscirà a breve è stata la prima cosa che gli ho mandato. Quando poi lui si è offerto di aiutarmi mi sono detta che queste canzoni si sarebbero dovute registrare! Negli ultimi cinque anni ho sentito di dover sperimentare, suonare con persone diverse in situazioni diverse dopo aver passato tanti anni in una band. Un’esigenza che mi ha spostato in un contesto nel quale lavori da sola e scegli un po’ che cosa fare. Lavorando così su più fronti e su varie strade che stanno nell’orbita dei miei gusti e della mia cifra stilistica arrivo a questo, che è uno dei miei esordi; dico così perché sarebbe potuto essere anche diverso, avevo anche altro materiale con cui poter fare cose diverse ma tutto è andato così, in maniera molto fluida ed in un toto di canzoni sono stata incoraggiata da Mick e mi sono detta “dai”. Non sono tipo vent’anni che pensavo di voler fare un disco solista e non c’è nessun tipo di motivazione altra che mostrarmi per le cose che so fare, ecco, molto banalmente forse…
Ecco. All’ascolto sembra un disco assolutamente maturo, si sente che ci sono dietro una storia, un’esercizio, anni ed anni di musica. Si potrebbe sospettare, ascoltandolo senza sapere che si tratti del tuo album, sia il quindicesimo disco di qualcuno…
(ride, ndr) Lì secondo me c’è anche un fattore anagrafico e di esperienza! Fa piacere perché penso un pochino siano confluite alcune cose, alcuni miei modi di vivere la forma canzone. Al primo ascolto sono canzoni, qualcuna è più canzone di altre perché poi ci sono brani senza ritornelli ed è un lavoro nato molto d’istinto. La questione è che sono esordiente ma adulta, profondamente adulta e l’ho fatto con uno spirito diverso dall’esordiente ventenne od anche nei suoi primi trenta, diciamo.
Certo, considerando che tu hai iniziato a suonare quanti anni fa con Ofeliadorme?
Sostanzialmente nel 2008, 16 anni fa, e prima di allora avevo avuto un’altra band con la quale avevo fatto cose, saranno vent’anni che suono in maniera attiva anche se la mia storia con la musica inizia molto prima, perché già da bambina suonavo la chitarra classica ma ero molto timida. Cioè, non ero timida come bambina ma lo ero per quanto riguardava l’esibirsi e il far sentire quello che facevo e ci ho impiegato molto a sbloccarmi, avrei potuto iniziare ad avere delle band a 14-15 anni ma la testa non me lo permetteva molto e ci sono arrivata un po’ dopo…
Più che altro perchè ragionando a livello di cifra stilistica tutti i nomi che mi sono venuti in mente ascoltando il disco sono over 50 fondamentalmente!
Sì, immagino, sarei curiosa, poi me lo dirai magari!
Beh, ne ho citato qualcuno, diversi ma in qualche modo affini. Alcune cose degli Elysian Fields, di Julee Cruise, dei Gallon Drunk e dei Bad Seeds fondamentalmente. Una cifra autunnale che ho ritrovato un po’ nel disco. Mi ha sorpreso perché comunque ci suonano diversi musicisti che di norma ho sempre ascoltato fare altro. Si percepisce sia tu a tenere la direzione e a costruire un mondo musicale con musicisti che verosimilmente conosci da tempo…
È esattamente così, sì…
Come sono andate le registrazioni? Come ha funzionato?
Allora, sono state un’avventura niente male perché io ho registrato il disco al mio ottavo mese di gravidanza del mio secondo figlio, tant’è che fino all’ultimo non ero nemmeno sicura che lo avrei fatto davvero. Ad aprile, mi sembra, Mick mi chiese di fare una videochiamata dandomi la disponibulità per registrare il disco in due settimane papabili, dimmi tu, ed è a giugno. Io a quel punto, ero seduta, gli ho detto: “senti, ti devo dire una cosa”, mi sono alzata in piedi e gli ho detto “secondo me non hai mai registrato un disco con una donna incinta” e lui mi ha detto “effettivamente no”, ma ce la siamo sentita e siamo partiti. A quel punto abbiamo dovuto decidere un po’ con chi farlo, perché inzialmente pensavamo di farlo io e lui appoggiandoci magari a qualche studio che lui già conosceva, aveva fatto anche il nome di Asso Stefana ma io non potevo proprio andare a registrare fuori da Bologna in quelle condizioni e nel frattempo avevo coinvolto Vittoria perché avevo un’idea di batteria (io non sono batterista e la suono in maniera motlo rudimentale, avevo quindi fatto delle batterie elettroniche lasciandole poi carta bianca) con un certo tipo di feel e per il resto lei è bravissima ed avevamo un trascorso con Bono e Burattini. Poi volevo coinvolgere una serie di musicisti, alcuni hanno potuto e sono nel disco e per altri non combaciavano proprio le tempistiche, altrimenti ci sarebbero state un paio di altre collaborazioni. Egle lo conosco da anni, Mick… quello che ho cercato di fare nelle registrazioni (svolte a Bologna da Bruno Germano) è stato di avere quest’immediatezza ed imperfezione, un po’ lasciata ed un po’ dettata dagli eventi della vita. È impossibile controllare tutto e bisogna anche lasciarsi andare a questi eventi: l’abbiamo registrato praticamente tutto live e quello che ho chiesto è stato, in particolare a Mick (essendo lui un bravissimo multistrumentista), che la sua presenza non fosse troppo ingombrante. Quindi gli ho chiesto di suonare solo le tastiere (poi ha suonato il basso in un paio di frangenti), niente batteria con la quale è molto forte, né la chitarra. Nulla che potesse essere così caratterizzante. Calcola poi che né con Egle né con Vittoria si erano mai incontrati, io prima ho provato con Vittoria, poi con Vittoria ed Egle e poi siamo andati in studio. Faceva caldissimo, ci sono stati anche dei disagi ma sostanzialmente è stata un’esperienza molto bella e divertente. Poi nel momento della scrittura dei credits del disco ho detto a Mick che avrei voluto metterlo… “insomma, lo abbiam prodotto io e te!” e lui mi ha detto di inserirlo come volevo, “… che lo sappiamo comunque chi ha prodotto il disco!”. Nel senso, la linea, la barra l’ho tenuta io, ma lui è stato bravissimo e gentilissimo perché ha capito che avevo bisogno di andare a parare in una direzione e forse mi ha aiutato veramente ad arrivarci.
Che è quello che un produttore dovrebbe fare, no?
Sì, è vero, forse alcuni sono… a seconda della musica con la quale operano, mi viene in mente il pop, hanno una cifra più marcata e si sente di più in produzioni con artisti ed artiste diverse. In questo caso forse siamo persone del mestiere e soprattutto lui ha una grande sensibilità nel non rendere la sua presenza ingombrante. Io non l’ho mai percepito come tale e credo sia un bene. Credo si sia divertito anche lui, figurati che dovette partire per dei concerti in Nord Eurpa e ci mancavano delle voci e dovevo rifare dei synth e l’ultimo giorno di prove era talmente carico che disse a me e a Bruno: “Io potrei tornare fra dieci giorni, voi ci sareste?”. Quindi siamo andati ancora più avanti, concludendo il tutto.
Sicuramente un buon segno! Ora che hai in mano il tuo disco solista il prossimo passo quale sarà? Hai intenzione di portarlo in giro dal vivo? Come lo stai pensando a livello di seguito?
L’intenzione è di portarlo dal vivo, ho una Booking, Annibale, che si è detta interessata e che mi sembra lavorare molto bene. Dobbiamo stabilire quando farlo, perché ho comunque ancora qualche data con Bono/Burattini, altri lavori che abbiamo io e lei fra i quali anche il nostro secondo disco ed onestamente non mi interessa fare tantissime date come forse avrei fatto un tempo, perché la mia vita è cambiata e forse mi interessa più restituire tanto in poco, non so come dire… in poche tranche a meno che non ci sia un grandissimo interesse, ma non mi sembra un momento particolarmente corretto per una musica tipo la mia. Ho una data di preview nelle Marche a fine settembre e l’intenzione è di portare un concerto in maniera un po’ modulabile perché non è detto che sia sempre accompagnata dalle stesse persone e vorrei che alcuni brani fossero un po’ diversi dal disco, creando un’esperienza un po’ diversa. Saremo in duo e in trio, non con Vittoria perché altrimenti alla gente potrebbe esplodere il cervello, quindi con altre persone!
Questo disco esce con un’etichetta con la quale non avevi ancora collaborato, la We Were Never Being Boring…
Io ho praticamente lavorato ad ogni disco con qualcuno di diverso! Ora vediamo se finalmente mi accaso per un po’ e divento monogama! Vabbè, c’era una rosa di etichette italiane e straniere e We Were Never Being Boring è stata subito, tramite Samuele, in prima linea. Mi disse che il disco gli era piaciuto tantissimo e che lo avrebbe fatto subito, quindi alla fine le congiunture hanno fatto il loro. Conosco l’etichetta da anni ed hanno fatto tanto anche in passato, ho ascoltato e visto tante volte, anche con persone più giovani e suoni più morbidi dei miei quindi la cosa mi ha sorpresa. Anche ai tempi dei Be Forest facevano comunque altro e mi sembravano orientati su cose meno autunnali ma evidentemente non è stato così. La mia impressione era questa, per quello che riuscivo a capire dell’andamento delle label italiane.
Trovo sia un bell’accoppiamento, secondo me ci starete bene…
Ma credo anch’io, credo che le cose vadano ognuna al suo posto nelle maniere più imprevedibili, lì per lì non ci avrei mai pensato a We Were Never Being Boring ed invece sono contenta insomma!
Dimmi un po’ invece, a livello di presente tuo. Come fruitrice leggi, ascolti, guardi? Sei persona interessata a quel che succede intorno a te?
Sì, sono persona interessata anche se in maniera disordinata perché il tempo che ho a disposizione fra i vari progetti, un altro lavoro oltre a quello musicale che gestisco molto bene con partita IVA e tutto però, ho due figli ed ovviamente, se ho del tempo lo impiego principalmente per studiare, per sperimentare nel mio studio casalingo o in casa prove. Detto questo, però, la sera mi piace, mentre i bambini dormono, leggere gli articoli che mi salvo durante il giorno, recensioni come anche le vostre su The New Noise, su Sodapop insomma, Ondarock e Sentireascoltare, oltre ovviamente ai siti stranieri ma soprattutto anche è una delle cose per la quale frequento un pochino Facebook è perché ho creato una bolla di conoscenze che ho in campo musicale, tra le quali anche te, molte persone che operano nel campo della musica e che grazie a dio convidono cose molto interessanti delle quali magari non ho ancora sentito parlare o mi sono sfuggite, quindi vivo il presente in maniera molto disordinata, poco professionale ma mi piace molto arrivare le cose soprattutto tramite i suggerimenti di altri che so, che capisco essere affini nell’intendere l’espressione artistica ecco.
Ci sta, anche perché comuqne escono così tante cose che riuscire a seguire ed a pensare di arrivare a tutto è impensabile, quindi…
Io guarda, non so come facciate voi giornalisti musicali, per me fate un lavoro pazzesco, per il quale dovreste essere pagati molto di più perché è difficile, io avrei parecchia ansia a proposito!
Sì, forse è più metodico l’ascolto però si arriva ad organizzarci diversamente. Io ad esempio compro i dischi di sei mesi in sei mesi, aspetto mezzo anno e quello che mi ha colpito e sul quale sono ritornato, che per me ha senso avere, lo compro. Sono quelli che ti restano addosso.
Vedi, tu hai una metodologia, io nemmeno quello. Un mese magari ascolto tanto ed il mese successivo vivo nell’affanno della mia quotidianità del riuscire a far combaciare i turni, le cose eccetera.
Anche vero che vivendo in famiglia e dovendo condividere gli spazi d’ascolto alcune cose proprio le tagli di partenza!
No, delle volte mi tocca ascoltare la compilation di Peppa Pig in inglese perché piace ai miei bimbi e quindi mi fotte proprio tutti gli algoritmi di ascolto! Devo ricorrere ad altre soluzioni, a volte vorrei ascoltare delle cose ma poi subentra sempre l’imprevisto. Però amo molto anch’io comprare i dischi fisici, lo faccio quando vado ai concerti e mi piace quello che vedo e che ascolto e li ordino, oppure mentre faccio i miei giri andare per negozi di dischi è una cosa che comunque mi piace ancora moltissimo. Ascolto diversi programmi radio su BBC, RAI e qualche stazione indipendente, e aiuta sempre.
Vero, alcuni programmi buoni aiutano molto in questo senso.
Certo, così come le mixtape di colleghe e colleghi.
Anche vero! I tuoi figli ascoltano quel che fai musicalmente?
Allora… il grande, che ha cinque anni e mezzo, mi ha visto suonare più volte e l’ultima volta, un paio di mesi fa io e suo padre abbiamo suonato insieme perchè Jonathan Clancy aveva organizzato un festivalino segreto chiedendo a qualche amico di suonare e abbiamo presentato alcuni brani, con i quali lui è voluto restare sul palco tutto il tempo. Anche in un concerto con Vittoria al TPO scoprii post-concerto che si face ballando gran parte dell’esibizione dietro di me. A casa ha una batteria ed una chitarra elettrica ed ogni tanto mi dice. “Facciamo che tu sei Vittoria ed io faccio te!”. Ha una predisposizione in questo… il piccolo è canterino ma al momento il suo pezzo preferito è Il valzer del moscerino…
Un classicone!
… nella versione di Cristina Donà! Comunque era in pancia mentre componevo e registravo, quindi ha assorbito il lavoro… ad esempio l’anno scorso, aveva un anno e stavo ascoltando i primi mix che Alain mi aveva mandato. Lo ascoltavo sullo stereo con il piccolo in braccio e lui si è proprio bloccato, secondo me perché riconosceva la voce e forse qualcosa di quelle canzoni che avevo suonato molto con lui dentro di me. Ama molto ascoltare la musica, con i suoi gusti infantili ovviamente, mente il maggiore già adora i Beastie Boys e per quello siamo gasatissimi!
Quello è sempre bello! C’è uno scambio reciproco che fa da crescita per tutti…
Certo, potrebbe essere utile sia a te che a me, forse fra qualche anno saranno loro a passarci le dritte sulle uscite e dlle idee, ad aiutarci a non invecchiare come dei vecchi tromboni!
La speranza potrebbe essere quella! Dal vivo, invece, ascoltando quello che succede oggi nel mondo ci sarebbe qualcuno con il quale ti piacerebbe esibirti? È una cosa che ti piace condividere il palco oppure preferisci sola al (mal) accompagnata?
Mah, guarda… per quanto riguarda il panorama italiano in questo momento ti potrei dire Marta Del Grandi, che conosco, è molto simpatica e credo possa essere interessante con due modi diversi ma nemmeno troppo lontanissimi di esprimerci. Poi non saprei, in realtà ce ne sono tante che a prima vista potrebbero risuonare distanti ma difficilmente direi di no, anche perché mi piacciono gli accoppiamenti arditi. Seguo con interesse diversi musicisti italiani e stranieri, ad esempio recentemente ho iniziato ad ascoltare questo musicista danese, Astrid Sonne, che fa delle cose molto particolari con la forma canzone che trovo molto interessanti. Poi mi piacciono moltissimo gli HTRK e mi piace anche molto di quello che fa Jonnine Standish da sola, alcune cose incredibilmente destrutturate e molto arty, ma in qualche modo c’è sempre un barlume di melodia che nelle canzoni a me piace molto, vabbè, ce ne sono tante!
Che tipo di musicista sei Francesca? Vuoi spiegare qualcosa del tuo disco oppure ti piace che ognuno si faccia il proprio viaggio personale?
Tendenzialmente la seconda! C’è molto di improvvisativo in quello che faccio, le mie canzoni nascono sempre in pochissimo tempo e non amo rimaneggiare per mesi un pezzo. Ci sono musicisti che lo fanno ma a me questa cosa tirerebbe matta, è la ragione per la quale dopo mi ci vuole del tempo a metabolizzare e capire perché ho fatto una cosa in un determinato modo. Per il resto c’è sempre, secondo me, una sorta di apertura nella mia musica che permette all’ascoltatore di essere una parte attiva del processo, ovviamente se è nelle sue corde. Questo per me è uno dei migliori modi di comunicare che ho mai sperimentato nella vita e questo è uno dei poteri della musica.
Un’ultima domanda Francesca: l’immagine di copertina, come nasce? Cosa rappresenta?
È nata… anche quella è comunque frutto un po’ di caso e necessità, ed anche di una scelta stilistica mia perché, a partire dal titolo del disco e delle modalità con le quali è stato registrato, cioè live, in poco tempo e con pochi rimaeggiamenti, con imperfezioni che a mio parere arricchiscono, non amando le cose troppo levigate. Nate quindi queste canzoni in un lasso temporale nel quale sono successe diverse cose nella mia vita, anche abbastanza forti (il lutto per mio padre, poi la seconda gravidanza inaspettata arrivata praticamente insieme) che mi hanno proiettata in un periodo destabilizzante, stavamo cambiando casa e questa nuova casa era vuota dagli anni ’50 ed era immersa nel suo tempo, con una carta da parati, delle cose strane…
Ogni volta che arrivavo in casa per organizzare dei lavori scattavo delle foto, le ho tenute lì perché mi piace fotografare. Non c’era nessuna idea di farci nulla ed invece, quando sono arrivata ad elaborare la copertina, ho scelto di farla in maniera completamente autarchica e ricca di imperfezione e queste immagini mi trasmettevano l’imagine di qualcosa che non c’è più e che lascia lo spazio a qualcosa d’altro, sembrandomi in qualche modo in linea a questa tela stropicciata che titola il disco.
Te l’ho chiesta perché vedendola, non so, saranno stati ci olori o la composizione ed il soggetto mi ha ricordato alcune cose della prima Pj Harvey.
Sì, potresti aver ragione, c’è qualcosa di analogico che la richiama…
Pur essendo diversa l’ho sentita affine come mood e mi è piaciuto questo richiamo (involontario).
Beh, PJ Harvey è una delle artiste che stimo di più, in generale è una delle musiciste e musicisti, grandissima performer e che scrive delle canzoni pazzesche. Questa cosa delle sue copertine in effetti vedi, non ci avevo pensato ma spesso le infuenze che hai sfociano da qualche parte senza che tu te ne accorga ed è bello così, uno meno ci pensa ed a volte più messaggi lancia, venendo sorpreso dalle sue stesse cose!
Concordo assolutamente! Francesca, io ho già raccolto diverse cose e ti ringrazio veramente tanto per la chiacchierata…
Lo spero per te che devi scriverne! Siete veramente in gamba voi che dedicate attenzione alla musica “minore” ed indipendente, mi ha fatto davvero piacere!