FOUDRE!, Future Sabbath
Qua si fatica a parlare, non solo perché la voce non trova spazio per formarsi tra la densità dei suoni, ma per i molteplici punti d’intersezione che rendono complicato definire un’origine netta se non con un disegno, una rete, un fitto reticolo vibrante che esplode dove le rette metalliche si sovrappongono. Una rara qualità questa, che solo le grandi opere, le più complesse e definite, riescono a far brillare. Come un oratore che non può spiegare l’interezza del suo credo in dieci minuti, tenterò di seminare indizi e collegamenti che i più fedeli potranno approfondire in questi tempi bui di vuoto cosmico per costruire le mura del proprio tempio del culto FOUDRE!.
FOUDRE! è un super-gruppo, un collettivo francese formato da menti votate alla sperimentazione provenienti dai più svariati gruppi e scenari musicali: Frédéric D. Oberland (Oiseaux-Tempête, Le Reveil Des Tropiques, FareWell Poetry) a synth, electro-baglama, sassofono alto e percussioni; Paul Régimbeau (Mondkopf, Extreme Precautions, Autrenoir) a synth, drum machine e voce; Grégory Buffier (Saåad, Autrenoir) al “laptop acustico” e alle percussioni; infine Romain Barbot (Saåad) su sistemi modulari. Future Sabbath è il loro quinto album e giunge a quasi tre anni da Kami. Cerimoniale, ambiguo, aggressivo. Un inno, un’invocazione primitiva che violenta l’inconscio, una lunga danza segreta che spalanca le porte della percezione alle anime perse. È la connessione dorata con l’esistenza e ad aumentarne la potenza magnetica è il fatto che tutte le tracce provengono da una registrazione live, un’improvvisazione magica avvenuta all’Instants Chavirés di Montreuil in Francia il 25 gennaio del 2019, un qualcosa di unico ed irripetibile catturato come un animale raro e che ne possiede la stessa aura solenne. A mostrarlo al mondo intero è la NAHAL Recordings, etichetta sorella minore della In Paradisum, creata nel 2018 da Oberland e Régimbeau con l’intento di cimentarsi nell’ambizioso progetto di stabilire un forte legame tra la musica più eclettica e l’artigianato del disco inteso come opera d’arte a tutto tondo. Nel nostro caso troviamo coinvolta nell’artwork Faye Formisano, con uno dei suoi lavori tratti dalla serie di disegni nominata “La Danse Secréte”.
In questo flusso ribollente numerare le tracce e dividerle è più una convenzione che una vera e propria necessità. Ad aprire il rituale troviamo una suite in due parti, “Liberation Of The Mystics”, un’eterna litania punteggiata da crepitii e ricami taglienti che mirano dritti all’anima. Un Maelstrom di melodie esoteriche, field recordings e voci eteree ci conduce negli abissi gelidi di un pianeta dove si intravede la sagoma distorta di Ben Frost intento a erigere montagne dal fondale oceanico. La terza traccia, “Imaginatio Vera”, trae il suo nome da un metodo psicologico di Jung: parti di sassofono e baglama dialogano con le voci della natura inconscia del nostro io costringendoci a un confronto con il reale. “Black Swan Theory” è un’altra suite divisa in due parti: qui le pulsazioni si fanno più incalzanti, nel primo brano ci si perde in una trance annerita dal sapore metallico che poi esplode, nella seconda parte, in un beat da mefedrone in un club underground. I piedi partono, la testa ciondola ed il volume di qualsiasi dispositivo di riproduzione non è mai abbastanza. Con il giusto mix di droghe sintetiche il climax che si raggiunge rischia di essere letale. Dopo questa Epifania sonica ad attenderci tutti sudaticci è “Danse Secrète”, ultima prova a sondare le forze invisibili che vivono dentro di noi, lasciandoci esausti all’inevitabile silenzio.