FORMLOFF, Spyhorelandet
Scontata cattiveria.
Chitarre fangose, ingombranti venature prog-metal e cantato “mediamente growl” per i norvegesi Marjus Sjøli e Bernt Karsten Sannerud. Giunti al secondo full-length (il primo risale addirittura al 2006), si servono di quel canovaccio composto di tecnicismo virato black senza conquistare del tutto. In molte occasioni si appoggiano a dinamiche tipo quelle di Burzum, chiaramente abusate, anche se lo fanno con un mestiere da non disprezzare. Solo che la ricetta è così prevedibile che compromette il fascino di un disco capace di trasmettere un senso non indifferente di “incombenza ancestrale”. I pezzi, troppo lunghi, portano a un certo tedio, solo la doppia cassa di “Faen!” dà un fugace sussulto di vita. L’intro insistito e chiaroscurale di “Kon-Tiki Museet Brenner” cambia solo per un istante le carte in tavola di un lavoro di sicuro studiato sin nei minimi dettagli, ma al quale manca il necessario appeal per fare centro. Ai Formloff, infatti, non possono bastare furia esecutiva e paroloni per ottenere un forte coinvolgimento emotivo: servono vera urgenza espressiva e mistero, sganciato da una grammatica troppo ortodossa e nordica, che in Spyhorelandet pesa come un macigno. Meglio quando cercano di rendere più fluido il progetto (la traccia in apertura), anche a partire da strane alchimie, invece che perseguire una “monoliticità” (la title-track dal sapore vagamente sinfonico) fino alle estreme conseguenze, anche perchè cosi facendo si rischia – è purtroppo il caso loro – di risultare ripetitivi.
Tracklist
01. Det Dritet Som Renner Ut I Ua
02. Harde Ord På Kammerset
03. Spyhorelandet
04. Faen!
05. Mig Og Drit
06. Skævven
07. Kon-Tiki Museet Brenner
08. Den Gamle Jorda
09. Drokkne I Ei Flo Ta Ǻske