Forma – Free Music Impulse, 2-3/11/2018 (Demdike Stare, Eartheater, Ambarchi, Sprenger…)
Udine, venerdì 2 novembre, Teatro San Giorgio: Giancarlo Toniutti – Konrad Sprenger – Eartheater.
Udine, sabato 3 novembre, Teatro Nuovo Giovanni da Udine: Nicola Ratti – Oren Ambarchi – Demdike Stare with Michael England.
Per le foto ringrazio nuovamente Bianca Nicolescu.
Partiamo subito con gli highlights di questa due giorni finale di “Forma – Free Music Impulse”. Anzitutto Demdike Stare, album (Passion) appena uscito, parte visiva a cura di Michael England: un percorso attraverso la loro storia, quella di due dj che si sono messi a suonare dub techno e dark ambient sui generis per poi negli ultimi anni compiere una torsione verso una jungle continuamente fratturata che si avvantaggia della grande capacità di tessere atmosfere sviluppata dal 2009 a oggi. Sullo schermo gigantesco del Teatro Nuovo Giovanni da Udine il tutto è diventato una bomba e le critiche rivolte qualche giorno fa alle immagini dello show (sessismo, colonialismo, appropriazione culturale…) mi sono sembrate fuori luogo: England avrebbe la colpa di essere un bianco che ritrae persone di colore (oppure LGBT), ma la sua mi è sembrata spesso una celebrazione del corpo in movimento e della diversità, mentre là dove invece si tendeva a spaventare o a essere più disturbanti o a satireggiare, non lo si faceva in base a pregiudizi più o meno inconsci.
Altro momento apicale è stato quello di Giancarlo Toniutti (venerdì, Teatro San Giorgio), che qui non ha bisogno di presentazioni, data la nostra lunghissima intervista con lui: se esiste una musica nel Limbo, forse si tratta dei suoni continui e distesi di questo pioniere, perché non sei all’inferno a soffrire, non sei in paradiso a guardare Dio e non hai la speranza di arrivarci attraverso il Purgatorio, sei solo morto ma cosciente per l’eternità; poche variazioni, minime aggiunte, massimo sconforto, grazie anche alla situazione “immersiva” creata dai ragazzi di Hybrida, organizzatori di questa rassegna. Terzo highlight è stato Konrad Sprenger (venerdì, Teatro San Giorgio), eccellente allievo di Dreyblatt. Durante il live mi sono concentrato sul funzionamento della sua particolare chitarra telecomandata, godendo anche in questo caso del suono multicanale predisposto dallo staff di Forma: “folk”, frangenti fennesziani, minimalismo, kosmische musik.
“Solo buoni”, invece, sono stati i set di Nicola Ratti e Oren Ambarchi (entrambi sabato al Teatro Nuovo Giovanni da Udine, prima dei Demdike). Il secondo si è seduto dietro al suo classico tavolo imbandito con vari effetti, trasformando il suono della sua chitarra in chiave ambient e musica concreta, come nei suoi primi dischi su Touch fino al fantastico In The Pendulum’s Embrace: a parte la solita sensazione che i primi cinque minuti di un live di Ambarchi siano in realtà gli ultimi del soundcheck, chi ha amato quella fase della sua carriera non è rimasto deluso.
“Fuori concorso” l’americana Eartheater (al secolo Alexandra Drewchin), che ha chiuso la serata di venerdì. Il suo è stato il concerto con la maggior componente performativa, nel senso che è stato l’unico in cui l’artista non si è limitato alla gestione del proprio arsenale, senza dimenticare che è stata lei l’unica a cantare durante Forma (se escludiamo le registrazioni etnografiche di Kink Gong). Ha due dischi su Hausu Mountain, mentre il nuovo è sulla Pan di Bill Kouligas e ha generato molto hype intorno a una musica (in stile Pan Recordings, in effetti) che è un patchwork stralunato di mille cose diverse: nessuno ha tolto lo sguardo da lei per tutto il tempo, perché nessuno sapeva bene cosa sarebbe potuto accadere e perché a tratti Drewchin non sembrava perfettamente padrona della situazione. Non posso dire di averla capita.
Cento di questi Forma, Hybrida!