FLYING SAUCER ATTACK, Instrumentals 2015
Pensate per un attimo a un film muto che mostra paesaggi desolati e immaginatene l’ipotetica colonna sonora, tanto evocativa quanto difficile da descrivere. Instrumentals 2015 è questo (e molto altro, ovvio) ed è un ritorno tanto inaspettato quanto necessario, utile a ribadire che il verbo psichedelico in salsa diy dei Flying Saucer Attack ha ancora qualcosa da esprimere. David Pearce si ripresenta dunque con quindici pezzi senza nome, in pratica tutta farina del suo sacco, e prova a dare una mano di fresco a idee sicuramente non nuove, riuscendoci in pieno, basta ascoltare le mareggiate di “Instrumental 3” o le rifrazioni evocative della seconda traccia, che fa il paio con la bellezza opalescente della nona, piuttosto struggenti c’è da dire. Non mancano le sferzate violente come nella breve “Instrumental 6” o i continui e disturbanti sibili del settimo episodio. Va aggiunto che è un lavoro lungo e l’idea di accostarlo a delle immagini può avere un senso “oggettivo”, mentre la fruizione tout court e continuativa, a meno che non siate particolarmente amanti/seguaci di pubblicazioni di questo tipo, può risultare sfiancante. Al netto di questa comunque discutibile considerazione, va però sottolineata la magniloquenza dei brani: il numero undici è paradigmatico in tal senso. Tutti gli strumentali, insomma, concorrono a comporre un unicum che ha ragioni da vendere.
Mi sento di consigliarlo, anche se mi rendo conto che il confronto con le uscite storiche possa definirsi perso in partenza. Pearce dimostra di sapere sempre il fatto proprio e, come già sottolineato, se ne esce con qualcosa che ha forte senso espressivo e innato fascino, e non è poco di questi tempi.