Customize Consent Preferences

We use cookies to help you navigate efficiently and perform certain functions. You will find detailed information about all cookies under each consent category below.

The cookies that are categorized as "Necessary" are stored on your browser as they are essential for enabling the basic functionalities of the site. ... 

Always Active

Necessary cookies are required to enable the basic features of this site, such as providing secure log-in or adjusting your consent preferences. These cookies do not store any personally identifiable data.

No cookies to display.

Functional cookies help perform certain functionalities like sharing the content of the website on social media platforms, collecting feedback, and other third-party features.

No cookies to display.

Analytical cookies are used to understand how visitors interact with the website. These cookies help provide information on metrics such as the number of visitors, bounce rate, traffic source, etc.

No cookies to display.

Performance cookies are used to understand and analyze the key performance indexes of the website which helps in delivering a better user experience for the visitors.

No cookies to display.

Advertisement cookies are used to provide visitors with customized advertisements based on the pages you visited previously and to analyze the effectiveness of the ad campaigns.

No cookies to display.

FIREBURN, Don’t Stop The Youth

Israel Joseph I (Bad Brains), Todd Youth (Bloodclot, Warzone, Danzig, Murphy’s Law), Todd Jones (Nails) e Nick Townsend (Deabeat, Knife Fight) hanno unito le forze per dare vita a una band che centrifuga insieme i loro background e i loro differenti stili.

Don’t Stop The Youth rovescia sull’ascoltatore quattro brani – più remix – che non mancano di colpire il bersaglio, pur accendendo le aspettative per qualcosa di più sostanzioso: la voce di Israel finisce per forza con il richiamare alla mente proprio i Bad Brains, dei quali fu cantante durante il periodo di latitanza di H.R., così come ribadito dalla presenza di un brano in levare e del suo remix in chiave dub.

Eppure questo porsi a metà strada tra il tributo al passato e la novità non toglie niente al valore di un progetto che riesce a catturare l’attenzione e convince l’ascoltatore, soprattutto quando i vari ingredienti si miscelano al meglio producendo schegge di hardcore mutante, in your face quel che basta per non perdere la botta, ma al contempo ricco di melodie e stacchi atti a mettere in luce la chitarra di Todd Youth e la potente sezione ritmica.

I quattro appaiono avere le idee chiare sulla strada intrapresa e, pur nella sempre ingombrante ombra dei padrini rastafariani dell’hardcore, si dimostrano all’altezza della prova affrontata.

Certo, il tutto scorre via un po’ troppo velocemente per poterci sbilanciare su future glorie, ma la partenza è quella giusta e noi decidiamo di stare al gioco, in fondo non dissimile, come approccio, da quello che ha portato lo stesso Youth a fianco di John Joseph nei Bloodclot.

Vedremo come andrà a finire e, nel frattempo, ci godiamo il giro di giostra.