Customize Consent Preferences

We use cookies to help you navigate efficiently and perform certain functions. You will find detailed information about all cookies under each consent category below.

The cookies that are categorized as "Necessary" are stored on your browser as they are essential for enabling the basic functionalities of the site. ... 

Always Active

Necessary cookies are required to enable the basic features of this site, such as providing secure log-in or adjusting your consent preferences. These cookies do not store any personally identifiable data.

No cookies to display.

Functional cookies help perform certain functionalities like sharing the content of the website on social media platforms, collecting feedback, and other third-party features.

No cookies to display.

Analytical cookies are used to understand how visitors interact with the website. These cookies help provide information on metrics such as the number of visitors, bounce rate, traffic source, etc.

No cookies to display.

Performance cookies are used to understand and analyze the key performance indexes of the website which helps in delivering a better user experience for the visitors.

No cookies to display.

Advertisement cookies are used to provide visitors with customized advertisements based on the pages you visited previously and to analyze the effectiveness of the ad campaigns.

No cookies to display.

FENNESZ, Agora

È un Christian Fennesz tirato a lucido, questo di Agora. Dopo le ultime, sparse collaborazioni (OZmotic, Jim O’Rourke, Alva Noto, King Midas Sound), ora è la volta di un disco in solitaria. Si parte con la placida melodia in forma di drone-rock di “In My Room”, una traccia epica, lenta e metallica al punto giusto, ma in fin dei conti non proprio memorabile, e si prosegue col romanticismo ridotto in cristalli noise di “Rainfall”: qui a tratti pare di ascoltare un pezzo black metal, suonato però in tutta lentezza dai My Bloody Valentine. La traccia che dà il nome all’album ci porta su lidi ancora più crepuscolari, con suoni che si muovono e si affievoliscono come polveri sottili, ma anche qui il risultato finale è leggermente sotto le aspettative.

L’austriaco gioca in punta di fioretto, data l’enorme esperienza acquisita sul campo, ma finisce per farsi troppo aeriforme. Con “We Trigger The Sun”, poi, si affonda definitivamente in un maelström fatto di una melodia che si perde tra gli effetti e i feedback della chitarra processata, quest’ultima uno dei suoi marchi di fabbrica, ed ecco forse perché la sensazione resta quella di un gioco che si conosce a memoria. Si parla di uno dei depositari di un genere peculiare, di cui qui si riconoscono tutte le caratteristiche: nuovo capitolo scritto nello stesso stile del passato, Agora finisce per rimanere solo un album piacevole, anche dopo ripetuti ascolti. Ai fan di Fennesz andrà certamente bene così.