FATSO JETSON, Idle Hands
Gradito ritorno, quello degli autoproclamatisi (a ragione, direi) “Padrini del desert rock”, che escono su Heavy Psych Sounds con il loro primo lavoro dai tempi di Archaic Volumes del 2010.
Registrato al Rancho De La Luna e prodotto da Mathias Scheenberger (Master Of Reality, Earthlings), Idle Hands non fa altro che confermare la classe di una band la cui influenza non è mai stata abbastanza riconosciuta. Se Josh Homme è universalmente venerato come il creatore – con i Kyuss – di un genere, va detto che nel transitare dalla band con John Garcia ai suoi Queens Of The Stone Age ha preso molto dal suono e dalla scrittura dei Fatso Jetson. Non è un mistero, del resto, che Homme abbia sempre guardato a Mario Lalli come a un ispiratore, ciononostante il trattamento mediatico e i riscontri commerciali ottenuti negli anni da Queens Of The Stone Age e Fatso Jetson sono stati ben diversi e questa è una della tante ingiustizie della storia del rock.
Mario Lalli sfodera qui tutto il suo peculiare arsenale chitarristico senza mai perdere l’equilibrio a discapito della scrittura e mostra di essere un musicista molto più poliedrico di quanto si possa pensare: tanto fluido nel fraseggio quanto imprevedibile nella costruzione di riff che tengono sempre alto il groove anche grazie all’ottimo lavoro della sezione ritmica. Idle Hands è un disco maturo e per così dire “adulto”, che s’inserisce nella scia del grande rock americano degli ultimi dieci anni, quel solco scavato sempre dai Queens Of The Stone Age ma anche da Greg Dulli coi sui Twilight Singers o dal Mark Lanegan piú elettrico, fino a definire un nuovo senso di classicità. Non pare dunque un caso che in più di un passaggio si ritrovino atmosfere simili a quelle che si respirano nell’ultimo, ottimo, lavoro di Iggy Pop, “Post Pop Depression” (in cui suona – guarda un po’? – Josh Homme), insieme al quale costituisce una bella boccata d’aria per il rock piú “classico”.