FATIMA AL QADIRI, Brute
Secondo album per Al Qadiri – di stanza a New York ma nata in Senegal e vissuta in Kuwait – dopo il discusso esordio Asiatisch, sempre per la Hyperdub di Kode9. Un “prodotto” tipico della contemporaneità, si potrebbe banalmente affermare, che non a caso basa la proposta sulla realtà (sulla società) continuamente messa in crisi dalle aggressive e potentissime politiche di governi e multinazionali. Non di solo disco politico si tratta, però: in fondo lei mette sul piatto una serie di riletture e suggestioni (tutte basate sulla paranoia del controllo, tematica di sempre maggiore e scottante attualità), con la ciliegina sulla torta rappresentata dalla provocatoria copertina mutuata da un’opera dell’artista americano Josh Kline (raffigurante un personaggio dei Teletubbies in assetto anti-sommossa, pronto a sedare manifestazioni). Saltata quest’immagine, quindi, ironica e provocatoria, rimane da dirvi del contenuto, dato che abbiamo a che fare con una serie di variazioni sul tema, di ideali accompagnamenti sonori, per quello che è, forse, il suo vero e dichiarato obiettivo, mutuo dalla press-sheet: “musicalmente, Brute barcolla tra rabbia e disperazione”, dunque abbiamo a che fare con una sorta di soundtrack dei tempi che corrono, tempi dove l’individuo è sempre più monitorato, schedato… si ascoltino l’allarmante incipit di “Endzone” o le note da guerra delle sintetiche e quasi gemelle “Battery” e “Breach”, per non dire dell’inquieta “Blood Moon”. “Oubliette” è poi il brano che in un certo senso rappresenta l’intera pubblicazione, in pratica una raccolta di appunti elettronici per anime in pena. Non va certamente sottovalutato il fatto che queste musiche si possano affiancare – in quanto diretta espressione delle tecnologie utilizzate – alla corrente dell’accelerazionismo, sorta di “filosofia” basata sulla lotta dall’interno al capitale (ancora non si comprende bene con quali effettivi e positivi risultati…). Io per ora trovo Brute un album con un determinato tipo di atmosfere, e poco più. Soprattutto viene da chiedersi: ha ancora senso scrivere una banale recensione per lavori di questo tipo? Sappiamo tutti bene che non stiamo parlando solo della classica raccolta di canzoni, evidentemente…