FANGE, Pudeur
I Fange sono uno di quei (rari) gruppi che con il passare del tempo, anziché riproporre la stessa, identica, ricetta in ogni disco e consegnarci lavori ognuno la fotocopia del precedente, con il rischio di diventare stagnanti e scadere nel banale, hanno avuto l’abilità e il coraggio di rinnovare la loro formula ed espanderne gli orizzonti, senza mai, però, tradire il loro impianto sonoro di fondo. Pudeur in Francese vuol dire pudore, decenza, ma il titolo è fuorviante perché la violenza e l’efferatezza che si sprigionano dai solchi di questo disco non lasciano scampo e travolgono l’ascoltatore senza mostrare la minima pietà. Rispetto al passato c’è una presenza più massiccia dell’elettronica e dei suoni sintetici. I sintetizzatori, che prima erano assenti o facevano solo sporadiche apparizioni, acquistano ora un ruolo centrale e si innestano perfettamente sulla sezione ritmica, insinuandosi tra le maglie di un tessuto che si snoda tra vorticosi riff death metal di scuola svedese, l’incedere soffocante dello sludge, accelerazioni ai limiti del grind e strati di puro rumore industriale. Un sound che ha da un estremo gli Entombed e dall’altro i Godflesh, e passa attraverso lo sludge psicotico dei Soilent Green e dei Buzzoven. Il death e lo sludge metal perdono le loro rispettive identità per fondersi in un magma incandescente dal quale prende vita una creatura mostruosa e informe, capace di imprimersi a lungo nella memoria dell’ascoltatore. È musica feroce, primitiva, “ignorante” come dicono loro stessi, ma intelligibile e futuristica allo stesso tempo. Il disco della maturità.