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Primo album per i False, che tornano a collaborare con Gilead Media a distanza di qualche anno dal loro ultimo incontro (un ep e lo split con Barghest nel 2012).

Il brano in apertura parte subito con slancio e va dritto al punto senza preamboli, sviluppandosi in un viscerale flusso metallico dove emergono percussioni spasmodiche e un riffing allucinato. È possibile rintracciare più di un accenno ai Deathspell Omega nelle chitarre, così come reminescenze di black classico tra le tastiere, ma già con il pezzo successivo si passa a qualcosa di meno derivativo, che lascia pieno spazio all’impronta di questo gruppo americano. Il disco si dispiega quindi con brutale eleganza lungo un percorso che segue una precisa impostazione senza rimanere appunto fossilizzato su schemi ripetuti, ed espone un suono in cui convivono intelligenti articolazioni, dinamiche continuative e qualche tocco di melodia contaminata. La voce sporca inoltre si sposa benissimo con la controparte strumentale: non viene semplicemente sovrapposta, ma costituisce invece un elemento importante nello spessore dell’intera struttura grazie alla sua particolare ruvidità. I False riescono a consegnarci dunque un lavoro incisivo, che nel giro di sessanta minuti è capace di passare attraverso situazioni gustosamente feroci e limpidi attimi di distensione senza perdere il focus delle proprie intenzioni. Vedremo se saprà resistere al tempo. Travolgente.